Le distanze astrali (parte II)
La prima parte di questo articolo ci ha reso edotti (che vuol dire informati) dei tentativi fatti per misurare le distanze delle stelle; eravamo però rimasti alla determinazione della distanza (più o meno esatta) di una settantina di stelle, ma è esperienza di tutti i giorni (anzi di tutte le notti) che le stelle siano molto più numerose.
Vediamo perciò come si evolsero gli avvenimenti in relazione alla restante parte del firmamento.
Quando Galileo puntò il suo telescopio verso i cieli, nel 1609, non solo scoprì nuove stelle, prima invisibili, ma rimase ancora più stupefatto quando volse lo strumento in direzione della Via Lattea. Essa, guardata a occhio nudo, non è che una striscia luminosa dal contorno indistinto, ma divenne improvvisamente, attraverso la lente del telescopio, un insieme di miriadi di stelle, innumerevoli come i granelli della polvere di talco.
Il primo uomo che tentò di spiegare tutto ciò fu l’astronomo inglese di origine tedesca William Herschel. Nel 1785 egli, in base alle sue osservazioni, pensò che le stelle in cielo fossero raggruppate in una configurazione a forma di lente e dedusse che i corpi celesti formavano un sistema appiattito, con l’asse più lungo nella direzione della Via Lattea. Oggi sappiamo che, entro certi limiti, Herschel aveva ragione, e chiamiamo il nostro sistema di stelle galassia termine che, secondo l’etimologia greca, altro non è che un sinonimo di Via Lattea.
Gli ammassi globulari (non noti all’astronomo) sono distribuiti attorno al corpo centrale della galassia.
La posizione del sole è indicata dal segno +.
Herschel cercò di stimare le dimensioni della galassia: suppose che tutte le stelle avessero circa la stessa luminosità intrinseca, il che permetteva di valutare la distanza relativa delle diverse stelle in funzione della loro luminosità. (Una ben nota legge dice che la luminosità diminuisce con il quadrato della distanza: pertanto, se la luminosità della stella A è un nono di quella della stella B, A deve essere a una distanza tripla di quella di B.) Contando le stelle situate in diverse aree campione della Via Lattea, Herschel stimò che nella galassia vi fossero complessivamente circa 100 milioni di stelle. Dalla distribuzione delle loro luminosità Herschel dedusse che il diametro della galassia fosse 850 volte la distanza della splendente stella Sirio, e il suo spessore 155 volte. Oggi sappiamo che la distanza di Sirio è di 8,6 anni luce; pertanto la stima di Herschel darebbe un diametro della galassia di 7500 anni luce e un suo spessore di 1300 anni luce, stima che è risultata di gran lunga troppo riduttiva.
Era naturale pensare che le stelle si muovessero in cielo come api in uno sciame ed Herschel mostrò che anche lo stesso Sole partecipava a tale moto. Nel 1805 scoprì, dopo aver dedicato venti anni della sua vita a determinare i moti propri del maggior numero possibile di stelle, che esisteva una zona del cielo in cui le stelle generalmente sembravano sbucare da un punto particolare (l’apice, mentre, in una zona del cielo opposta alla prima, le stelle per lo più sembravano dirigersi verso un altro punto, detto antiapice).La spiegazione più semplice di questo fenomeno consisteva nel supporre che il sole si allontanasse dall’antiapice dirigendosi verso l’apice, e che per questo i gruppi di stelle dessero l’impressione di diradarsi dalla parte verso la quale il sole si muoveva, e sembrassero invece addensarsi dalla parte opposta (questo è un normale effetto creato dalla prospettiva, ma solitamente vi siamo tanto abituati, che non lo notiamo neppure). Il Sole non è dunque il centro immobile dell’universo, come Copernico aveva pensato, bensì si muove, ma non come avevano creduto i greci. Non si muove nemmeno intorno alla terra, ma la trascina con sé insieme a tutti i pianeti mentre si sposta nella galassia. Le moderne misurazioni mostrano che il sole si muove (rispetto alle stelle più vicine) dirigendosi verso un punto situato nella costellazione della Lira, alla velocità di 19,7 chilometri al secondo.
A partire dal 1906 l’astronomo olandese Jacobus Cornelis Kapteyn condusse un’altra osservazione sistematica della Via Lattea. Egli stabilì che le dimensioni della galassia erano di 23 mila anni luce per 6000; il modello della galassia proposto da Kapteyn aveva quindi un’ampiezza tripla e uno spessore quintuplo rispetto al modello di Herschel; ma era ancora troppo poco.
Anche oggi abbiamo compiuto un altro passo nell’affascinante storia delle scoperte astronomiche; abbiamo qui preso in esame come si sono allargate le misure dell’universo conosciuto, abbracciando adesso l’intera galassia, anche se, come abbiamo visto, queste misure non fossero molto precise; ma questo è assolutamente giustificabile dal fatto che gli strumenti, anche quelli teorici, a disposizione di questi pionieri non fossero avanzati come quelli di oggi. Ciò nonostante questo limite non impedì loro di condurre l’umanità un po’ più avanti nella sua esplorazione del cosmo, dimostrando così che di fatto basta volere raggiungere un obiettivo per renderne possibile il conseguimento.
Nel prossimo articolo vedremo proprio questo, ossia come il voler determinare le grandezze in gioco con la massima precisione possibile ha portato alla costituzione di strumenti e metodi molto più efficaci, rendendo così realizzabile quello che era il sogno e l’obiettivo degli studiosi fin qui esaminati: un modello, il più preciso possibile, dell’universo che ci circonda.
Non mancate dunque di venire a vedere il prossimo articolo!
Le Fonti:
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The Asimov's New Guide to Science, in Italia col titolo Il Libro di Fisica, Arnoldo Mondadori Editore, 2000, ISBN 88-04-41445-6, per i dati storici;
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Wikipedia, l'enciclopedia libera, per i dati tecnici.
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