Chi ci segue da tempo sa che abbiamo molto a cuore il contesto dei cosplayer e relativi.
- Abbiamo sviluppato una piccola guida su come riconoscere potenziali abusi sessuali ai danni dei cosplayer.
- Abbiamo affrontato il tema del cyber-bullismo nello stesso ambito.
- Abbiamo pubblicato tanti pareri e ribadito lo spirito vero di questo hobby grazie a interviste molto riflessive.
Mai però, ci saremmo aspettati di dover proteggere i cosplayer da quello che a tutti gli effetti è un mal riuscito tentativo di accostamento (ai cosplayer) a scopo pubblicitario.
Da qualche ora, infatti, grazie alla pronta segnalazione comparsa sulla pagina Facebook della cosplayer Julia James, siamo venuti a conoscenza di questo episodio:
Come potete vedere, ci si lamenta del fatto che presso una fiera del fumetto sia andato in scena uno spettacolo dove diverse ragazze in costume da eroi et similia (non cosplayer ma cubiste e ballerine pagate per la loro presenza e il loro lavoro) si sono esibite accompagnando slogan poco felici, davanti una platea composta in gran parte da minori.
Il flame va avanti da ore, si discute se sia stata una mossa azzeccata o meno e i pareri sono contrastanti. Principalmente, le considerazioni in conflitto sono due;
- la prima ribadisce l’inadeguatezza dei cartelloni sia per quel che riguarda la potenziale equivocità degli slogan, sia per il sessismo messo in bella mostra
- la seconda giustifica i “motti” nei cartelloni poiché gioco di parole utilizzato per una campagna pubblicitaria di prodotti targati “anni 90”
In questo caso: il fine giustifica i mezzi?
Alcune volte si, alcune volte no. Ed è qui che entrano in gioco le responsabilità che abbiamo nei confronti dei più piccoli. Proiettare immagini, contesti, slogan che in realtà non dovrebbero influenzare un bambino, solo con lo scopo di farsi pubblicità, potrebbe essere un errore.
Allora, la vera domanda che ci poniamo è la seguente: in un ambito come quello delle fiere del fumetto, notoriamente istituite anche per stimolare la creatività dei più giovani, cosa c’azzecca una promozione votata al consumismo che sfora nel volgare con lo scopo di attirare l’attenzione? Per non parlare dell’inutile manovra di giustificare lo spettacolo facendo indossare a quelle ballerine degli abiti vagamente inerenti al contesto e facendole esibire sullo stesso palco del contest Cosplay. Qualquadra non cosa e le idee sono subito che confuse.
Il rischio è quello che queste cose appaiano, agli occhi dei fanciulli, come normali e noi ci auguriamo che non sia così. Del resto, i cartelli sono apparsi durante un dj-set con musica da discoteca (di cui trovate un fotogramma abbastanza esplicito qua sotto), un’altra grande incongruenza, a mio modo di vedere, con il contesto ospitante.
Chi realizza questi show, sicuramente persone molto competenti nel loro settore, dovrebbe riflettere bene sul contesto nel quale si sono trovati e, magari, rivedere alcuni contenuti per adattarli a quello diverso dal quale sono nati e cresciuti… Ben vengano diverse forme di intrattenimento (ci sono gli Umbrella Corp, lo show dei lego, i make-up artist) ma quando si arriva in un nuovo ambiente è meglio farlo in punta di piedi cercando di comprendere anche il pubblico e non obbligandolo a “girarsi dall’altra parte”. Dopotutto, i cosplayer, i visitatori, i bambini sono i clienti paganti dell’evento che ospita lo show e lo scopo è intrattenerli e farli divertire di modo che abbiano una piacevole esperienza e tornino l’anno successivo.
Anonimi
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