Vi siete mai chiesti se i videogiochi possano, o meno, essere considerati delle piccole opere d’arte? E i Gdr cartacei?
Ebbene, ad oggi la diatriba esibisce ancora pareri contrastanti ma parallelamente a questa, esiste una realtà tutta sua che invece, a tale quesito ha già trovato una chiara, quanto limpida, risposta.
Infatti, amici miei, siamo in grado di affermare con una certezza schiacciante che anche qualora, i videogiochi, rischino di non possedere tale caratteristica, al contrario, i giochi di ruolo rappresentano il punto di incontro più vivido tra il segmento artistico (nello specifico: la narrativa) e quello ludico. E vi spieghiamo anche come questo, sia possibile.
Innanzitutto, una piccola premessa;
chi si avvicina al mondo dei gdr non lo fa per sviluppare un contenuto artistico ma, più semplicemente, per giocare.
Detto così, può sembrare contraddittorio ma è proprio lo sviluppo della sessione di Gdr a cui prendiamo parte a creare le impostazioni necessarie a dimostrare quanto sopra affermato.
Di per sè, infatti, un gioco di ruolo non è altro che un raccoglitore di manuali; pedine, carte, dadi, strumenti vari che servono ad arricchire il contesto e le regole su cui esso si muove.
La credibilità narrativa (cioè la suspence, le atmosfere, le stesse emozioni, l’azione, gli elementi chiave su cui verte solitamente una storia, sia essa un gdr che un romanzo), invece, si sviluppa con la “performance” del gioco stesso.
Ma come si “performa” un Gdr?
La risposta è quanto di più banale possiate immaginare; non a caso si chiama “gioco di ruolo” perché prevede, appunto, che i partecipanti interpretino dei personaggi che vanno a interagire all’interno di un contesto/vicenda che in base alle loro azioni, risulta sempre in continuo mutamento.
Questa è una delle condizioni necessarie per la comprensione di ciò che è chiamato un “mondo possibile”, ovvero:
costrutti culturali, in cui è possibile selezionare e assegnare proprietà e, inoltre, determinarne l’essenzialità e la persistenza attraverso stati di cose alternativi. A questo è legato anche il piacere e la suspense, nonché quelle astrazioni che diventano l’intelaiatura di ruoli e funzioni narrative dietro il testo e le sue molteplici ma non infinite interpretazioni.
Viene affermato in Lector in Fabula, saggio del maestro Umberto Eco in cui, detto molto agricolmente, esalta il concetto di “interpretazione” passando per la “cooperazione” che si instaura tra lettore e il testo, in questo caso l’elaborazione personale del “segno” a cui accede il lettore/giocatore (nb: dalla semiotica, il segno è “qualcosa che sta per qualcos’altro”).
Tecnicismi usati per spiegare, indicativamente, che sia leggere un libro, sia performare una sessione di Gioco di ruolo, pone l’utente nella stessa posizione di interpretare i segni con cui questi contenuti si manifestano. Comunicazione spicciola, folks.
Insomma, senza scendere troppo nello specifico, quello che succede nella vostra capoccia mentre leggete un libro o “interpretate un ruolo” è importante; ma se ancora non ne foste convinti sappiate che l’elemento interpretativo di cui si sta parlando, come affermato dal maestro, non è altro che
l’attività cooperativa che porta il destinatario a trarre dal testo quel che il testo non dice ma presuppone, promette, implica ed implicita (attraverso i segni), a riempire spazi vuoti, a connettere quello che vi è in quel testo con il tessuto dell’intertestualità da cui quel testo si origina e in cui andrà a confluire.
Ma attenzione; in semiotica, quando si parla di testo non ci si riferisce solo o necessariamente a una pagina scritta ma “testo” identifica, in maniera più generica, “una porzione di realtà dotata di (o a cui viene attribuito un) significato”.
Quindi, il Gdr non è un “testo” inteso in maniera comune, ma può essere a tutti gli effetti, stando a queste condizioni, un testo inteso semioticamente.
Per i più perfettini: da Peirce in poi, il segno è definito, per la precisione: "qualcosa che per qualcuno sta per qualcos'altro sotto qualche rispetto o capacità".
Allora la domanda da porsi è: può il Gdr esaltare ulteriormente questa “sospensione”, cioè la fase di interpretazione in cui la mente dei giocatori traduce nelle proprie menti lo spazio dell’immaginario suggerito dal contesto?
Secondo noi la risposta è si.
Non a caso, Friederich Foebel, pedagogista tedesco universalmente noto per aver creato e messo in pratica il concetto di Kindergarten (Giardino d’infanzia, corrispondente all’odierna scuola dell’infanzia), affermava che:
il gioco è la forma di massima espressione umana nella gioventù e rappresenta il contenuto dello spirito di chi gioca.
Se a cambiare l’espressione è solo la sua modalità, non vediamo come l’atmosfera di una seduta di Dungeons & Dragons non possa rappresentare il “mondo possibile” che Eco descrive nella sua opera.
Del resto, la magia che si instaura tra lettore e libro, la figurazione del mondo che l’autore vuole esprimere attraverso il suo “testo”, rappresenta quella stessa sorta di “infatuazione” che il giocatore percepisce immergendosi all’interno di una sessione Gdr.
Come del resto ci succedeva da piccoli, quando l’immaginazione ci portava ad essere cavalieri di un regno antico o – più comunemente ai nostri tempi – impersonare i nostri Power Rangers preferiti.
Quindi si, i giochi di ruolo possono essere considerati dei prodotti artistici. :)
Evviva!
Ti è piaciuto questo articolo? Dicci cosa ne pensi nei commenti qui sotto o esplora altri contenuti dal nostro menù!
Hai una storia da raccontare o un'opinione da condividere? Mandaci il tuo articolo scrivendoci a [email protected].
Vuoi unirti al nostro team e collaborare con noi? Scopri come candidarti alla pagina dedicata: collabora.