It is my belief… that the truth is generally preferable to lies.
Harry Potter and the Goblet of Fire
In un’intervista del luglio 2000, J.K. Rowling afferma che Albus Silente è l’epitome della bontà (“[…] and Dumbledore is the epitome of goodness”). Di primo acchito, sarebbe facile essere d’accordo con lei: tutti abbiamo un ricordo positivo del mago vecchio e canuto, sempre pronto a prestare aiuto ad Harry e a combattere il male.
Con un attimo di riflessione in più, però, iniziano a sorgere dubbi e incoerenze con quest’immagine che ci siamo fatti dell’ex-Preside di Hogwarts: il suo trascorso con Grindelwald, ad esempio, non è di certo il tipico passato di un santo; l’intero piano per sconfiggere Voldemort, crescendo Harry come “carne da macello” per distruggere il Signore Oscuro, puzza di manipolazione e poca empatia; la gestione della psiche deviata di Riddle non grondava di certo di comprensione e gentilezza.
Con l’emergere di questi dettagli, la sua figura inizia lentamente a colorarsi di grigio. Non abbiamo di fronte un personaggio negativo (impossibile dimenticare il suo contributo alla lotta a Voldemort), ma quello che ci sembra suggerire la ragione è che non si tratti affatto dell’epitome della bontà.
Se vi sta venendo spontanea la domanda “E allora?”, siamo sulla strada giusta.
Alcuni sostengono che in un romanzo per ragazzi non ci debba essere spazio per soggetti di tale grigiore morale. Che si dia spazio ad abusi psicologici e manipolazioni tramite un mezzo che dovrebbe trasmettere un altro tipo di valori.
Sembra cioè che la letteratura per ragazzi debba essere veicolo di un certo tipo di morale, di messaggio, che sia narrativa educativa. Dopotutto, i recipienti sono nell’età dello sviluppo: potrebbe essere pericoloso esporli al grigiore etico, al dubbio, a ciò che non si può etichettare perfettamente come bene o male.
I look for ambiguity when I’m writing because life is ambiguous.
Keith Richards
Non entrerò nei dettagli del diritto inalienabile di ogni autore di scrivere precisamente come e cosa gli pare, purché ciò che mette su carta abbia una sua coerenza narrativa. Ciò che proverò a dibattere è come, in effetti, nemmeno da un punto di vista puramente ‘formativo’ sia giusto fare un repulisti morale delle opere letterarie per ragazzi.
Sono passati quasi quattrocento anni dal Candido di Voltaire, eppure il punto focale dell’opera sembra essere stato dimenticato: non viviamo nel mondo migliore possibile. Se è per questo, neppure nel peggiore. La realtà è fatta di sfumature, di imprecisioni, di colori talvolta cozzanti, immagini che non vorremmo nemmeno nei nostri peggiori incubi, paesaggi paradisiaci, atti di bontà e d’odio, d’egoismo e di ingenuità. Un mosaico dalle tonalità indescrivibili. Cancellare questo minestrone di moralità è cancellare l’essenza stessa dell’umanità e del mondo in cui viviamo.
Perché, dunque, eliminarle?
Le argomentazioni a favore sono in sostanza due: potrebbero condizionare i giovani, oppure all’opposto impressionarli. In entrambi i casi, deviarli in qualche modo dallo scorrere ‘normale’ delle loro vite.
Ci sono due presupposti a mio giudizio errati quando si traggono conclusioni del genere: che ci sia una vita normale (in opposizione ad una vita anormale), e che i ragazzi non siano in grado di riflettere da sé sul bene e sul male.
Il primo caso sembra il retaggio di una visione vittoriana, puritana – un modello mentale che vede i normali vs. gli anormali, in una specie di guerra per la supremazia morale. Impostare il discorso in questo modo, facendo un distinguo fra noi (i ‘buoni’, i ‘normali’) e loro (i ‘cattivi’, gli ‘anormali’), non fa che inasprire le difficoltà di integrazione di persone che, per predisposizione personale o per scelta, non rientrano nell’immagine di normalità creata dalla società.
Imporre un certo tipo di stile di vita e di valori a qualcuno tramite letteratura mirata a specifici messaggi non curerà questo divario, ma anzi favorirà discriminazione e pregiudizio. Negare il valore della letteratura e della narrativa nella formazione personale è follia: leggere solo libri che mostrano certi tipi di personaggi crea una cosiddetta echo chamber, una ‘camera di risonanza’ per un preciso tipo di pensiero che si vedrà confermato più e più volte, fino a divenire una verità assoluta, impedendo il confronto e il dialogo con altre prospettive.
Allo stesso modo, servire la pappa pronta ai ragazzi, dando loro la Nice or Naughty List già compilata, è prima di tutto molto paternalistico, e sottovaluta la capacità di individuo singolo di sviluppare da sé una morale. Non solo: rischia di inibire questa capacità, dal momento che avere sempre di fronte una ripartizione precisa di valori e comportamenti conduce ad un modello mentale imperfetto, grossolano, incapace di percepire sfumature. Incapace di apprezzare il diverso. La letteratura nelle sue mille declinazioni dovrebbe, invece, essere un luogo sicuro in cui esplorare il diverso e lo sconosciuto.
Albus Silente e le controversie sulla sua figura non sono che un esempio di questo tentativo di moralwashing, di costringere figure complesse in sistemi morali semplici, di censurare incertezza e grigiore in favore di un approccio infantile in una letteratura rivolta a giovani adulti.
Al netto di queste considerazioni, è necessario che sempre più la letteratura per ragazzi si popoli di personaggi grigi, dubbi, imprevedibili, veri, perché è di questi personaggi che è popolato il mondo, ed è questi personaggi che i futuri adulti che leggono letteratura per ragazzi incontreranno tutti i giorni. Che loro stessi saranno, se e solo se saranno dati loro la possibilità e lo spazio per coltivare ed esplorare il diritto inalienabile all’ambiguità.
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