Uno dei più grandi tonfi della società californiana dai tempi del declino della stessa piattaforma protagonista della vicenda. Vi ricordate quando si diceva che Google Plus sarebbe stato il social network per antonomasia e che avrebbe fatto tirare le cuoia a Facebook?
Ecco, dal 2011, anno in cui la rete sociale fu rilasciata al pubblico, sono passati ben 7 anni e a pensarci bene, i numeri sono tutti dalla parte del colosso della “grande G”. Wikipedia riporta più di 1 miliardo e 13 milioni di utenti iscritti su G+, contro 1 miliardo e 14 milioni di utenti iscritti su Facebook, a settembre 2013. Nel 2015, la rotta cambia a favore di Google Plus che ottiene 2 miliardi e 800 milioni di utenti iscritti, scavalcando la soglia dei 3 miliardi nel 2016.
Il disastro di Google Plus
Tutto molto bello se non per il fatto che tra il 2015 e marzo scorso, Google stava combattendo una battaglia contro un bug (un difetto) nelle Api di Google Plus che avrebbe consentito agli sviluppatori di app di terze parti di accedere e raccogliere dati di utenti che avessero accettato il trattamento e non solo, anche quelli degli account collegati.
La notizia giunge solo di recente e le motivazioni possono solo essere presupposte; la più plausibile potrebbe essere quella che Google abbia deciso di temporeggiare le dichiarazioni dopo aver assistito al caos che lo scandalo di Cambridge Analytica aveva provocato a Facebook. I timori di maxi multe da parte delle autorità garanti della privacy (o per danni di immagine) hanno gravato sulla responsabilità di aver lasciato a spasso più di 500 mila utenze della piattaforma.
Al contrario, si smentisce l’intervento di “hacker”, di “penetrazione”, come è stato erroneamente riportato su diversi siti web (e rimane da discutere il reale significato della parola “hacker”). Tutto ciò che è successo è stato gestito internamente dalla casa del motore di ricerca più famoso al mondo ma ovviamente non si può essere certi che gli sviluppatori non abbiano usato le informazioni a scopo lesivo.
La chiusura
A rivelarlo è il Wall Street Journal, notizia alla quale è seguito l’annuncio ufficiale di Google che ha dichiarato di chiudere Google Plus a tutela dei consumatori, introducendo nuovi strumenti di privacy per limitare il raggio di azione degli sviluppatori esterni.
L’annuncio non basta però ad allentare le critiche sul colosso di Mountain View per la sua scelta di fare silenzio sull’incidente.
La fortuna vuole che la società californiana, almeno apparentemente, non verrà multata dalla Ue dato che le nuove regole europee sul trattamento delle informazioni personali sono entrate in vigore a maggio, mentre l’incidente è stato archiviato a marzo.
L’azione di chiudere Google Plus assumerebbe, da questo punto di vista, la volontà della compagnia di voler mettere a tacere tutte le critiche. Una mossa preventiva che almeno in apparenza, mostra un’accettazione di responsabilità.
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