Parliamoci chiaro: noi videogiocatori ormai siamo abituati, volente o nolente, ad avere il gioco a portata di mano praticamente ovunque. Tra console portatili e smartphone (qualcuno dirà che lo smartphone non è propriamente da true gamer, ma rendiamo bene l’idea) non abbiamo più alcun problema a portare la nostra esperienza di gioco con noi. Basti pensare all’ultima fatica di Nintendo, Nintendo Switch, che ci permette ormai di godere di titoli tripla A come Doom e Super Mario Odyssey in qualsiasi luogo e momento.
Effettivamente, se c’è qualcosa che ormai diamo per scontato, è proprio la possibilità di poter usare i nostri giochi preferiti ovunque. Ma ovviamente non è sempre stato così.
E non è ovviamente un caso che abbia voluto iniziare così il ricordo del Game Boy, che proprio lo scorso 21 aprile ha compiuto 30 anni. La console di casa Nintendo ha infatti visto la luce per a prima volta nel lontano 1989 (21 aprile 1989 per la precisione), imponendosi nel mercato mondiale delle console portatili.
Un passo indietro per ricordare il Nintendo Game Boy
Il Game Boy nasce dagli sforzi di quello che, all’epoca, era noto come Nintendo Research & Development 1 (R&D1), “antico” team di ricerca e sviluppo Nintendo responsabile, tra l’altro, di aver co-creato giochi quali Donkey Kong e Mario Bros. In questa schiera di cervelli, due sono i nomi che vengono più spesso ricordati, Satoru Okada e Gunpei Yokoi (creatore a sua volta dei progetti del Game & Watch, del robottino R.O.B. e, applauso necessario, della croce direzionale dei joypad). Ai loro sforzi congiunti si deve la nascita di questo piccolo gioiello pixelato.
Come già abbiamo fatto in precedenza per un caso analogo, ricordando il passato dei videogames, è giusto dire che il 1989 non ha visto innovazioni solo da parte di Nintendo: questo è l’anno in cui vengono presentate altre console, come l’Atari Lynx (un tentativo di competizione da parte dell’altra, allora, famosa casa videoludica) e, sul lato console casalinghe, il TurboGrafx-16 prodotto dalla NEC ed il Sega Genesis, entrambi in lotta contro il Nintendo Entertainment System prima ed il Super NES in seguito.
Nonostante questa competizione serrata, il Game Boy è riuscito, nel corso del tempo, a vincere la corsa per il podio di console portatile della sua generazione – ed anche più, a dir la verità: secondo i dati dei Guinnes World Records (aggiornati al dicembre 2018), il Game Boy è la terza console più venduta in assoluto, con 118.69 milioni di unità vendute, superando di gran lunga altre console portatili venute in seguito come la PSP (2004, al decimo posto con “solo” 80.82 milioni di unità) e lo stesso Game Boy Advance (2001, 81.51 milioni). Non arriva però ad essere la console portatile più diffusa: la palma spetta al Nintendo DS (2004), con 154.90 milioni di unità vendute.
Ma cosa ci si poteva aspettare all’epoca da una console portatile? Chi lo ha avuto per le mani ricorderà sicuramente l’esperienza.
Il Game Boy si presentava certamente non comodissimo al trasporto (se non lo avete mai visto, vi basterà riguardare l’immagine poco sopra per dimenticare ogni standard odierno di comodità), con il suo aspetto rettangolare e “mattonato” ed un generoso slot per le sue 4 pile AA (batterie ricaricabili? Nel 1989? Siete seri?).
Ma nessun aspetto esteriore poteva pregiudicare la innegabile capacità di divertire, con una libreria sconfinata di titoli; basti ricordare la micidiale cartuccia di Tetris, che all’epoca veniva distribuita insieme alla console. Inoltre, Nintendo lancia lo stesso anno sul mercato il primo Super Mario World.
Altri giochi che vale certamente la pena ricordare? The Legend of Zelda: Link’s Awakening, Donkey Kong Land 2, Metroid II: Return of Samus ed, ovviamente, Pokémon Red/Blue/Yellow.
Proprio Pokémon ci permette di parlare di uno dei “gadget” più famosi, introdotti dalla console: il cavo Game Link, che permetteva il gioco simultaneo fino a 4 Game Boy (oltre, ovviamente, alla possibilità di scambiare Pokémon tra le varie cartucce di gioco, PERMETTENDOMI FINALMENTE DI FAR EVOLVERE IL MIO GRAVELER). Questo favorirà ancor di più la collaborazione tra i giocatori, da sempre un obiettivo primario della casa nipponica.
D’altra parte, il Game Boy godrà di una dotazione di numerosi accessori nel corso della sua fortunata carriera; il più famoso è forse il Game Boy Camera insieme al Game Boy Printer (disponibile per tutta la linea di console Game Boy) ed il Super Game Boy, accessorio per il Super NES che permetteva di utilizzare le più piccole cartucce per Game Boy sulla console casalinga.
Nonostante il Game Boy sia stato seguito dal Game Boy Pocket (1996), dal Game Boy Light (1998, disponibile però solo in Giappone) e dal Game Boy Color (1998), la sua produzione si è fermata solamente nel 2003, due anni dopo l’uscita del Game Boy Advance, dimostrando quanto ancora la sua influenza fosse fortissima sul mercato.
Oggi, dopo 30 anni dalla sua uscita, il Game Boy è indubbiamente un oggetto da collezionisti – il mercato del retrogaming, come abbiamo già detto in altre occasioni, è floridissimo – e non è più così comune vederne uno ad ogni angolo di strada. Dopo anni di onorata carriera, il marchio ormai non è più “utilizzato” da parte di Nintendo, che porta avanti la sua tradizione di strapotere sul mercato portatile con la serie DS.
Ma per i più “anziani” non sarà difficile pensare al periodo in cui ci si istituivano improvvisate leghe Pokémon sulle panchine del parco giochi dietro casa; per i più giovani, non disperate: Nintendo ci ha permesso, tramite la Virtual Console, di usufruire di moltissimi dei vecchi titoli (Virtual Console non ancora disponibile su Switch, ma noi continuiamo a sperare…). In mancanza di una console adatta, non resta che chiedere al lontano cugino se ha ancora quella vecchia e pesante console che in fondo non gli serve più…
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