Non c’è dubbio che la piattaforma di Linkedin, inventata nel 2002 dal buon Reid Hoffman ed alcuni ex dipendenti di PayPal / Socialnet.com, da tempo (anche in Italia) sia considerata “leader nel settore” nel campo del social recruiting.
Per dirla in modo più facile e senza dover scomodare Montemagno, è una piattaforma per mettere in comunicazione chi cerca e chi offre lavoro, ma anche solo per discutere di questo mondo e delle sue complesse problematiche.
Non c’è dubbio, del resto, che sia stata una vera manna dal cielo per chi cerca lavoro: in effetti l’idea di mettere in comunicazione diretta, senza ulteriori intermediari, chi propone l’offerta e chi la domanda, è davvero interessante. Ma in questo caso il problema, neanche a dirlo, sono le persone, che rivelano spesso 2 problemi di fondo:
- non sanno stare su internet (…chi ha detto utonti? Maleducati… );
- non sanno presentarsi nel modo corretto (ovviamente sono entrambi pareri personali e discutibilissimi).
Adesso che ho finito di scrivere il mio cappello introduttivo, proviamo a capire perché, con il passare degli anni, sostanzialmente eviti di stare su Linkedin, scoraggiato dall’ennesima inutile notifica e dal consueto messaggio di spam pervenuto in privato.
Messaggi sponsorizzati su Linkedin
Questa è una caratteristica poco nota ma interessante: su Linkedin, pagando, per le aziende è possibile inviare delle inserzioni a pagamento direttamente in chat privata: se siete registrati su questa piattaforma, per capirci, e ci sono dei messaggi taggati con la scritta “Sponsorizzato” o “Sponsored“, quelli sono annunci.
A cui risponderà una persona reale, probabilmente, o magari l’ennesimo bot automatizzato – lo stesso che vi ha fatto credere, almeno una volta nella vita, che un figo da paura fosse interessato a voi su Tinder.
Intendiamoci, nulla di male nel fare marketing o pubblicità, pero’ (scusate la spocchia, ma sono un pochino del mestiere) c’è modo e modo per farlo.
Molte persone, ad esempio, ho intuito che non investano in ads su Linkedin perché tanto, figuriamoci, posso starci io, personalmente, a spammare il prossimo. Bravi: mio cuggino che fa un po’ di tutto a 50€ sarebbe orgoglioso di voi*.
Vediamo qualche esempiuccio – ovviamente leader nel settore.
Gli spammer generalisti su Linkedin
Ad esempio qualche giorno fa mi è arrivato questo messaggio: ok, non mi stai offrendo un lavoro come mi aspettavo, non mi dici nemmeno se vogliamo collaborare a fare X – mi stai offrendo la consulenza della tua azienda.
Ecco qui, il dirigente medio italiano su internet: l’azienda LEADER NEL SETTORE, amici. E fosse la sola a lanciarmi a caso spam del genere: in altri casi mi sono capitati messaggi in cui si offrivano servizi a caso, letteralmente a casaccio, per alcuni dei quali sarei stato pure interessato (in alcuni casi), ma che venivano presentati in modo talmente disordinato e fuori contesto che mi è passata la voglia.
…quali siti, amica?
No, grazie.
No, davvero.
No no, ma fai come se avessi accettato. Poi qualcuno almeno lavora più di fantasia, tipo questo:
Quando ho letto questo messaggio qui sopra, devo riconoscerlo, mi sono sentito come il protagonista di Shutter Island a cui chiedono di parlare del suo passato da poliziotto…
Parlarti della mia professione, d’accordo: ma a che scopo? Se non mi fai capire nemmeno chi sei e nemmeno ti presenti, onestamente chittesencula (come direbbero, forse poco elegantemente ma in modo altrettanto efficace, nelle lande romane).
Colloquio di lavoro secondo i Monty Python
Improvvisamente, mentre scrivo, mi viene in mente uno degli sketch più belli dei Monty Python: quello in cui John Cleese interpreta un recruiter (siamo a fine anni ’60, più o meno) dai modi decisamente originali.
Ed è incredibile quanto possa essere spassoso, oltre che profetico della psicosi da colloqui senza senso che molti di noi fanno ancora oggi.
Il pulsante per fare gli auguri di compleanno
Preso da una sorta di “invidia del pene” verso Facebook, Linkedin ha inserito questa feature letale per fare gli auguri ai contatti su Linkedin. Quando capirò di preciso a cosa serva, ve lo dico.
Del resto anch’io, ormai, mi considero un quarantenne sul web a tutti gli effetti: quello che segue l’ho mandato ad un mio contatto, ma solo perché era molto carina nella foto (tu non l’hai mai fatto, giusto?).
Se la chat dovesse avere un futuro e diventerà mia moglie, mi ricrederò in parte sul fatto che a me, oggi, per come è messo, Linkedin possa servire a qualcosa (questa era cinica, ma dovevo scriverla). E tu, non fai mai gli auguri di compleanno su Linkedin al tuo mega-direttore galattico?
Oh, per caso ti serve ‘na consulenza legale?
Parto dal presupposto che chi cerca consulenze legali si affidi al passaparola, o al limite a Google: non certo ad un social network, a meno che non sia già nel settore o in casi molto particolari). Dico questo per chiarezza e per farvi capire meglio l’assurdo che mi è capitato.
Uno dei miei contatti “preferiti” è il seguente avvocato, ad esempio (oscuro i riferimenti per ovvie ragioni, anche se meriterebbe di essere pubblicato anche il nome, in un certo senso). Mi aggiunge ai contatti, inizia a parlarmi di qualcosa di imprecisato (i giri di parole, quelli belli), si presenta con referenze e tutto (se non altro è educato), a quel punto immagino che sia interessato a scrivere qualcosa sul uno dei miei blog (il che mi farebbe anche piacere: su Linkedin mi capitava di trovare occasioni del genere in passato, ora non più).
Chiedo altre info, ed ecco la sua risposta.
A parte che mi sono sentito un po’ scemo a scrivergli “cosa avevo in mente” (“E se falliamo, almeno mettiamo un senso di benessere nella loro vita, di calma”, avrebbe detto a questo punto il dottor Cawley) e soprattutto a dargli retta (ma questo in fondo è un problema relativo: siamo tutti un po’ scemi, su internet, fin dai tempi in cui cliccavamo sui banner e ci arrivavano bollette astronomiche), il problema vero, secondo me, è duplice: da un lato lo scivolone comunicativo è bello e fatto, dato che una persona permalosa – o col classico nervo scoperto per via di reali problemi legali della sua azienda, di cui magari pubblicamente non si sa nulla – non sarebbe stata felicissima della proposta.
E anche se ci dovesse aver preso, del resto, non sarei mai andato ad affidarmi ad uno che dice di esserlo, mai sentito prima, solo perchè su internet, nella MIA chat privata, senza motivo, c’è scritto che lo è. Oh, magari è pure un professionista top, intendiamoci, ma non è questo il punto.
D’altro canto uno che non si fa troppo scrupolo ad auto-markettarsi, in fondo, sarebbe anche comprensibile: domanda e offerta vanno sempre alimentate, in qualche modo.
Ma qui arriva il secondo problemone: non ha intercettato alcun mio bisogno reale (mentre con una pubblicità a pagamento ci sarebbe riuscito, forse), visto che probabilmente pensa di fare tutto da solo, o magari è convinto che spendere per la pubblicità o rivolgersi ad un consulente di web marketing siano soldi buttati (il che è sbagliato, amici sportivi).
O magari, ancora, ritiene che una campagna di marketing a pagamento, profilata quantomeno per area geografica non valga la pena. Per la cronaca, questo avvocato risiede più o meno a 700km da dove mi trovo per lavoro, e a più di 1200 da dove sono nato.
Quel contatto, con rispetto parlando, è stato solo un fastidio per me ed un disastro potenziale per lui, dato che non mi aspetterei mai di vendere consulenze legali chiedendo così, a caso, senza alcun contesto e senza entrare in alcuna discussione o dibattito in merito (come invece sarebbe stato, quantomeno, più logico fare). Senza contare che uno che fa così, prima o poi, viene castigato da qualche smanettone del web un po’ più cattivello di me.
Adesso pero’, scusatemi, ma devo andare: ho una campagna di marketing in corso! Sapete, devo finire di bussare ai vicini nel mio condominio per vedere se vogliono qualcuno dei miei servizi: pagamento anticipato, e leader nel settore come se piovesse.
*Ehi, si fa per dire! E poi ho un sacco di cugini: ve lo dico, vi conviene pagarli molto più di 50€!
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