Prevedibilmente, non accennano a fermarsi le polemiche nei confronti di Blizzard per aver bannato Blitzchung, un pro-player di Hearthstone, e due caster asiatici, durante il torneo Grandmasters.
Tutto ha avuto inizio quando Blitzchung si è presentato ad un’intervista post-partita indossando una mascherina, simbolo della protesta di Hong Kong, urlando in cinese: “Liberate Hong Kong!“
La trasmissione è stata interrotta e il video rimosso dal web. Blizzard ha immediatamente provveduto a sospendere il giocatore da ogni competizione sportiva.
Una multinazionale gestisce grosse fette di mercato in tutto il mondo, e ciò la pone in una posizione estremamente precaria. Basta veramente poco per far crollare l’intero castello di carte, anche se l’agente scatenante non è un rappresentante o esponente dell’azienda in questione.
L’azione di Blizzard è un tentativo di damage control per evitare l’impatto negativo che il caso andrebbe a generare: dalla fuga di investitori alla perdita di denaro.
Una logica esclusivamente monetaria a distanza siderale da qualsiasi parvenza di etica professionale; mero orpello aziendale ipocritamente sfruttato ai fini commerciali quando conviene.
Cionondimeno, la decisione ha scatenato una grossa spaccatura all’interno dell’azienda stessa. Un gruppo di circa trenta dipendenti ha protestato nell’area esterna dell’Activision Blizzard Inc. Campus presso Irvine in California tenendo in mano degli ombrelli, un altro simbolo della protesta di Hong Kong (che assume connotazioni sempre più violente).
Anche tre giocatori dell’American University hanno esposto un cartello di protesta in favore di Hong Kong, dichiarando di ritirarsi da ogni competizione sportiva di Hearthstone.
Invece, Blizzard e Tespa (la società che si occupa di organizzare i tornei universitari) hanno deciso di non sospendere gli studenti, nonostante abbiano di fatto compiuto la stessa azione di Blitzchung.
Quest’ultimi hanno etichettato il gesto di Blizzard come “ipocrita”, visto che per coerenza sarebbero dovuti essere puniti anche loro.
Sicuramente la grazia attuata è da inquadrare in un tentativo di limitare quanto più possibile il backlash subito a causa del controverso ban, ma la reputazione di Blizzard sarà irreversibilmente compromessa in un contesto già poco felice per lei, dopo il taglio al personale eseguito da Activision e la triste piega intrapresa dalle IP quali Diablo e Heroes of the Storm.
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