L’Ascesa di Skywalker, l’Episodio IX – e ultimo – della saga principale di Star Wars, è nelle sale italiane da mercoledì e già sta facendo molto discutere. Una questione, in particolare, sembra dividere profondamente i fan: quella del rispetto della figura e della vittoria di Anakin Skywalker che, ne Il Ritorno dello Jedi, portò Equilibrio nella Forza.
Una questione che, nel film, viene affrontata ma in maniera non del tutto immediata da carpire, in perfetto stile JJ Abrams. Tenetevi forte, perché quello che seguirà sarà un lungo viaggio attraverso tutte e tre le trilogie, per mostrarvi come il regista e il suo co-sceneggiatore Chris Terrio siano riusciti, al netto di una serie di passaggi forse un po’ frettolosi, a chiudere alla perfezione un cerchio lungo 42 anni.
Ma prima, è doveroso avvertire che qualsiasi cosa da qui in avanti è da considerarsi un colossale SPOILER. Sconsigliamo dunque la lettura a chi non ha ancora visto il film. Bene, pronti?
Anakin Skywalker e la Diade nella Forza
Il fulcro della discussione è ovviamente il ritorno e successiva sconfitta di Palpatine per mano di Rey, che scopriamo essere la sua diretta discendente. E che alla fine, rinunciando al suo cognome, a quel sangue che rappresenta anche la sua più grande paura, decide di farsi chiamare “Skywalker”, come i suoi maestri Luke e Leia, come il ragazzo che le ha letteralmente donato la vita in cambio della propria.
Qualcuno ha visto in questo un rifiuto della profezia, che era al centro della Trilogia Prequel, secondo cui Anakin Skywalker avrebbe dovuto portare l’Equilibrio nella Forza. Dopo due visioni di Episodio IX, mi è divenuto chiaro come questo non sia vero. E la chiave di lettura sta in ciò che Ben Solo chiama nel film “una Diade nella Forza”.
Ma andiamo con ordine.
Snoke, ne Gli Ultimi Jedi, dice: “L’oscurità cresce e la luce con essa.”
Con questa frase, ci introduce di fatto al concetto di Luce e Oscurità che si bilanciano, successivamente reiterato da Luke. Lo fa parlando del potere in continuo aumento di Kylo Ren e della conseguente crescita di un suo equivalente nella Luce: Rey.
Noi però sappiamo che, nell’Ordine Jedi dei prequel, l’Equilibrio nella Forza della profezia era inteso come distruzione dei Sith. “Profezia che male interpretata può essere stata”, dice tuttavia Yoda.
Ora, ne L’Ascesa di Skywalker ci viene presentato un altro fondamentale concetto: la Diade. Qui occorre fare un’importante distinzione con il Force Bond, la connessione mentale fra Rey e Ben. Quello è stato creato da Snoke per attirare Rey in una trappola durante gli eventi de Gli Ultimi Jedi. Peccato che Snoke non fosse a conoscenza della vera natura di Rey e Ben che sono, appunto una Diade nella Forza, e creando quel ponte fra le loro menti ha dato il via a qualcosa di molto più profondo e potente, di cui abbiamo visto delle prime avvisaglie già ne Il Risveglio della Forza. Mi riferisco alla scena in cui Kylo tortura Rey e, inavvertitamente, le dona parte del suo addestramento, permettendole di liberarsi con un trucco mentale. Pensateci un momento: connessioni mentali ne abbiamo già viste nella saga, ma quante permettevano di trasmettersi i poteri? O addirittura di passarsi oggetti e toccarsi a distanza, come vediamo nell’ottavo episodio e in maniera preponderante in quest’ultimo? Risposta: nessuna.
Perché Snoke non connette le menti di due esseri qualsiasi. Lo fa con due entità profondamente legate fra loro e di fatto favorisce il “Risveglio della Forza” in entrambi. O meglio, il risveglio della Diade.
Ma cos’è, di preciso, questa Diade? Palpatine ne scopre l’esistenza assorbendo l’energia vitale di Rey e Ben. Prima di allora era stato cieco e Snoke, il suo agente, con lui. E’ solo in quel momento che l’Imperatore capisce tutto: ci troviamo davanti a un potere forte “come la vita stessa” e molto antico. In effetti, risalente a una decina di anni prima degli eventi de La Minaccia Fantasma. A quel tempo, Palpatine si stava preparando a mettere in moto un piano che i Sith stavano intessendo da un millennio: l’attacco finale per distruggere i Jedi. Grazie alla rivelazione sul rituale in cui, uccidendo il proprio maestro, un Sith accoglie di fatto la sua essenza dentro di sé, sappiamo anche che Darth Sidious non era un semplice utilizzatore del Lato Oscuro, ma qualcosa di molto più vicino a un avatar, un essere dotato di conoscenze antiche e di un potere straordinariamente oscuro. Un potere che stava per essere scatenato sulla Galassia.
Per far fronte alla minaccia imminente, la Forza interviene attivamente come mai prima d’ora, dando il via a una mitosi cellulare nell’utero di una schiava qualsiasi, sul remoto pianeta Tatooine. Il suo nome era Shmi. Così nasce Anakin Skywalker, il Prescelto, la Luce per bilanciare la crescente Oscurità. Il secondo pezzo della Diade.
Sappiamo tutti come andrà a finire: Anakin Skywalker prima cede alle lusinghe di Palpatine ma alla fine rinnega il Lato Oscuro, ascolta la propria vera, intima natura di forza del bene e distrugge i Sith, portando l’Equilibrio nella Forza, come inteso dalla profezia Jedi. Mi preme però sottolineare come fra Palpatine e Anakin si instauri con facilità un forte legame. Certo, il Signore dei Sith lo ha attivamente perseguito nella speranza di convertire il Prescelto al male, e come ci viene narrato nella serie a fumetti su Darth Vader, addirittura fin da quando si trovava ancora nel grembo di sua madre.
Ma la loro connessione era più profonda.
“Per molti anni ci fu Equilibrio” racconta Luke a Rey su Ach-To, parlando del periodo successivo alla battaglia di Endor. Ed è vero, perché Palpatine era ridotto a un cadavere attaccato ai fili, una metafora molto forte per lui che è stato sempre il “burattinaio“. Tuttavia, il defunto Imperatore aveva un piano di riserva, che si mette in moto subito dopo la sua caduta e di cui vediamo varie avvisaglie nei prodotti extracinematografici, come la campagna del videogioco Battlefront II e la trilogia di Aftermath di Chuck Wendig.
Grazie all’aiuto di alcuni fedelissimi, si nasconde nelle Regioni Ignote, su Exogol, e da lì pianifica la sua vendetta. Ovviamente non sappiamo se quel corpo sia il suo, un clone o chissà cosa. Non sappiamo come abbia avuto un figlio e con chi, ma non è importante ai fini della trama. Ciò che conta è che Palpatine decide di usare la nipote come involucro per trasferire il proprio sapere millenario (e se stesso) in una nuova Imperatrice. E per farlo, dev’essere lei ad abbatterlo “con tutta la forza del suo odio”. Manda un cacciatore di Jedi a rapirla quando è ancora molto piccola, sperando di poterla traviare, di renderla ciò che Vader (Anakin Skywalker) non era mai stato, ma suo figlio e la moglie possiedono qualcosa che Palpatine ha sempre disprezzato e sottovalutato: l’amore.
Proteggono Rey, nascondendola.
Allora Palpatine ripiega su Ben Solo, l’erede del suo ex-apprendista traditore. Uno Skywalker. Crea per lui una rete di bugie attraverso un potente servitore, Snoke, e un coro di voci che ne percuotono la mente fin da quando era bambino. Un’oscurità che i suoi genitori attribuiscono al sangue degli Skywalker.
“C’è troppo Vader in lui.”
Giunti alla resa dei conti, Palpatine è convinto: Kylo Ren, ormai Leader Supremo del suo Primo Ordine, guiderà l’Ordine Finale e diventerà il suo erede e involucro. Ma di nuovo, Palpatine sottovaluta l’amore: Leia dà la vita per fermare la mano del figlio, prima che lui possa eliminare Rey, sua erede ormai passata alla Luce e ultima vera minaccia al piano per la rinascita dei Sith.
Così, all’Imperatore non resta che ricorrere nuovamente a lei, com’era previsto fin dall’inizio: chiede al generale Pryde di preparare la trappola, pronto a usare i suoi amici della Resistenza come ostaggi per convincerla a compiere il rituale.
Purtroppo per lui, Palpatine non è a conoscenza della Diade. Lui crede che il legame mentale di Rey e Ben fosse iniziato e finito con Snoke, non si è mai accorto che il sangue dei Palpatine e degli Skywalker sono sempre stati legati da quell’atto supremo della Forza che, anni e anni prima, creò il Prescelto. Un legame che i loro discendenti hanno ereditato.
Lo capisce solo quando cerca di ucciderli. Quando assorbe la loro forza vitale, Palpatine comprende ogni cosa. E quel potere, forte come la vita stessa, gli dà completamente alla testa: ormai è un Dio, è un avatar del Lato Oscuro, e scatena la sua tempesta contro un’impotente Resistenza.
Per questo, quando Rey gli si para davanti con una spada laser, la sottovaluta. Lo scontro che ne segue non è solamente fra nonno e nipote: è il duello finale tra tutti i Sith e tutti i Jedi, le cui voci incitano Rey ad alzarsi, la cui forza scorre in lei come un catalizzatore. Non è un caso che sia proprio Anakin Skywalker a dirle: “Riporta l’Equilibrio, come feci io”, in una chiara dichiarazione metacinematografica.
Ma è troppo potere per dei miseri corpi mortali: Palpatine viene distrutto e Rey, ottenuta la vittoria, si accascia a terra senza vita.
Fortunatamente, Ben è sopravvissuto alla caduta. L’ultimo Skywalker risale il dirupo (“ascende”?) e, in un atto di puro amore, trasferisce la propria forza vitale nel corpo dell’ultima Palpatine. Hanno solo il tempo di un sorriso. Il tempo di un bacio. Poi le ultime energie lo abbandonano e di lui restano solo le vesti nere e consunte.
La Diade è riunificata. I Due sono Uno.
Cosa questo comporti nella pratica non lo sappiamo davvero e lasciare aperta una cosa come questa è tipico di JJ Abrams, come i fan di Lost ben ricorderanno. Ben sopravvive davvero dentro Rey? Da un certo punto di vista, possiamo affermare con sicurezza di sì: la sua energia vitale è ciò che l’ha riportata indietro dalla morte, è fluita in lei restituendole la vita. Sembrerebbe l’esatto contrario del rituale Sith. Un atto di amore, non di odio, ma il cui risultato è sempre lo stesso: trasferire la forza vitale di qualcuno in un altro corpo.
Il corpo di Ben, in effetti, svanisce. Tuttavia non ne vediamo il fantasma, come accade invece con Leia, che scompare all’unisono con il figlio in uno dei tributi più belli che il film potesse dare alla nostra compianta Principessa. Che lo spirito di Ben risieda all’interno del corpo di Rey? Possibile, ma dovremo aspettare se non altro la novelization ufficiale per avere delle risposte, ammesso che le avremo mai.
Per quanto mi riguarda, ritengo meravigliosamente poetico questo finale e c’è un particolare, nell’ultima scena, che mi fa propendere per un’interpretazione di Rey come unione delle essenze di entrambi.
Quando Rey alla fine torna su Tatooine a seppellire le spade di Luke e Leia, la sua nuova lama ha il colore giallo della sabbia del deserto, sì, ma anche quello delle Sentinelle Jedi, custodi della conoscenza. E, soprattutto, quello che nel vecchio Universo Espanso (ora Legends) era il colore dei Jedi Grigi, i cavalieri dell’Equilibrio.
Rey Skywalker è questo: l’unione dei due lati, una Figlia dell’Oscurità che ha in sé il Figlio della Luce. Colei che con il potere di tutti i Jedi ha distrutto i Sith. Porta l’Equilibrio in entrambe le sue accezioni: come fece Anakin Skywalker, sì, ma anche qualcosa in più.
Lei è una Jedi in grado di provare amore senza cedere al Lato Oscuro. E’ l’incarnazione e la custode di un Equilbrio che non sarà mai davvero al sicuro, perché “potente la Luce, potente l’Oscurità”. E, dunque, rappresenta l’inizio di un nuovo ordine di Jedi il cui scopo sarà proprio questo: proteggere la grande vittoria degli Skywalker.
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