Il governo italiano ha sempre avuto modo di intervenire sui contenuti di rappresentazioni pubbliche offensivi alla morale e al buon costume. Risale al 1913 la prima legge sull’intervento censorio sulle proiezioni, allo scopo di impedire la rappresentazione di spettacoli osceni o contrari alla decenza.
Il regime fascista confermò le disposizioni precedenti, intuendo fin dall’inizio le potenzialità del cinema come mezzo di comunicazione e utilizzandolo spesso a fini di propaganda politica. Ed eliminando ciò che reputava scomodo.
Dal dopoguerra ad oggi poco era cambiato. La legge del 1962 Revisione dei film e dei lavori teatrali rappresentava un sistema preventivo di censura.
Ma dal 5 aprile 2021 tutto questo non esiste più. Uno dei tanti orrori sociali è finalmente finito. Un altro pezzo del muro sociale fatto di limitazioni e oppressione è caduto.
Il Ministro della Cultura Dario Franceschini ha abolito la censura cinematografica in Italia, dichiarando: “Definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”.
L’intervento ai sensi della Legge Cinema del 2106 introduce il sistema di classificazione e supera definitivamente la possibilità di censurare le opere cinematografiche. Da oggi non è più previsto il divieto assoluto di uscita in sala, ma nemmeno quello di uscita condizionata a tagli o modifiche.
E’ stata introdotta una Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, presieduta dal Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, e composta da quarantanove componenti scelti tra esperti di comprovata professionalità e competenza nel settore cinematografico e negli aspetti pedagogico-educativi.
Sarà un brutto incubo del passato la sequenza di condanne ai film di Pier Paolo Pasolini o la distruzione delle bobine di “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci.
D’ora in avanti esisteranno quattro categorie di film: quelli adatti a ogni tipo di pubblico e quelli vietati ai minori di 6, 14 e 18 anni.
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