L’axolotl è una salamandra d’acqua messicana in grado di rigenerare il suo stesso midollo spinale, cuore e arti. Nel corso degli anni può arrivare anche a rigenerare svariati neuroni, come hanno studiato gli scienziati in una ricerca del 1964. Ci sono però dei limiti nella capacità rigenerativa della struttura tissutale del cervello.
La domanda vera è: come riescono a farlo, esattamente? Grazie a The Conversation prima e a Big Think dopo, ora sappiamo dire qualcosa in proposito.
I colleghi del Treutlein Lab all’ETH di Zurigo e quelli del Tanaka Lab dell’Istituto di Patologia Molecolare di Vienna hanno recentemente pubblicato uno studio contenente un atlante delle cellule che risiedono in una parte del cervello di un axolotl.
Perché le cellule dell’Axolotl ci interessano tanto
Le cellule cerebrali svolgono varie funzioni e capire bene come le applichino è il primo passo per tracciare una mappa efficace del cervello. Ciò consente ai ricercatori di trovare tendenze biologiche tra le varie specie. Il sequenziamento dell’RNA unicellulare permette di contare i geni attivi all’interno di una singola cellula; quindi è come fare una fotografia dell’attività di una cellula del cervello in pieno svolgimento.
Solo che gli anfibi sono stati erroneamente lasciati fuori dalla ricerca per un bel po’ di tempo.
Così il nostro team ha deciso di interessarsi al telencefalo degli axolotl; negli esseri umani questa parte del cervello è la più grande e contiene la neocorteccia, responsabile del comportamento e della cognizione. Nel corso dei secoli questa parte è cresciuta di dimensioni ed è diventata più complessa.
Hanno usato un metodo specializzato di sequenza di scRNA, poi hanno catturato e sequenziato tutte le nuove cellule in diversi stadi di rigenerazione, da una a 12 settimane dopo l’infortunio. Alla fine tutti i tipi di cellule rimosse erano stati completamente ripristinati. La rigenerazione del cervello era avvenuta in tre fasi principali. Inoltre le connessioni neuronali interrotte tra l’area rimossa e altre aree del cervello erano state ricollegate, ristabilendo le loro funzioni originarie.
I cervelli di anfibi e umani
Grazie alle ricerche sugli anfibi sono stati fatti notevoli passi avanti ed è infine emersa una forte somiglianza tra il loro cervello e l’ippocampo dei mammiferi, sede della memoria e della percezione olfattiva e con la neocorteccia, l’area preposta alla percezione, al pensiero e al ragionamento spaziale.
Lo studio riguarda quali geni sono coinvolti e come le cellule diventino neuroni, però ancora non si sa quali siano i segnali esterni che avviino questo processo. E nemmeno se siano attualmente accessibili per gli essere umani. Tuttavia il Tosches Lab della Columbia University ha esplorato la diversità dei tipi cellulari in un’altra specie di salamandra (Pleurodeles walt) e il laboratorio Fei dell’Accademia delle scienze mediche del Guangdong in Cina, con la collaborazione della società di scienze biologiche BGI, hanno esplorato come i tipi cellulari sono disposti nel proencefalo degli axolotl.
Si sta spianando la strada alla ricerca innovativa nella medicina rigenerativa e speriamo possano portare dei risultati concreti nel lungo termine.
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