Bojack Horseman è senz’altro una delle serie animate più apprezzate degli ultimi tempi, uno dei cavalli di battaglia di Netflix. Dopo aver concluso con successo le prime cinque stagioni, i fan si sono uniti a gran voce per ottenere una nuova stagione. E, infine, dopo alcuni rinvii, Bojack si è aperto alla chiusura con la sua sesta e ultima stagione, divisa in due tranche, di otto episodi ciascuna.
I primi episodi sono già disponibili sulla piattaforma streaming più famosa del momento e, subito, ritorna nello spettatore quella sorta di malinconia che contraddistingue un po’ anche tutti i protagonisti della serie.
Tutto viene ripreso esattamente da dove era stato lasciato e, in particolare, troviamo un Bojack Horseman che ha finalmente deciso di affrontare il suo problema di alcolismo dopo aver toccato un fondo di disperazione che ha coinvolto anche le persone a lui più vicine.
Come c’era da aspettarsi, non è semplice per lui adattarsi ad uno stile di vita salutare, che implica il fatto di ricordarsi tutto ciò che gli accade durante la giornata.
Ed è qui il punto cruciale. Bojack sa di essere orribile, sa di essere un pezzo di merda, e bere l’ha sempre aiutato a dimenticare, a non badare troppo al male che faceva agli altri.
Con questa nuova serie, invece, essendosi “ripulito”, deve far fronte, a mente lucida, a ciò che è sempre stato, affrontando anche le conseguenze delle sue molteplici malefatte.
Tuttavia, a ben vedere, questa prima parte della sesta stagione è stata dedicata maggiormente agli altri personaggi che compongono l’universo della serie animata creata da Raphael Bob-Waksberg.
Ritroviamo, infatti, una Princess Carolyn affaticata, che stenta ad adattarsi al suo nuovo ruolo di madre e, nel contempo, restare al passo col lavoro.
Mr Peanutbutter è, forse per la prima volta da quando l’abbiamo conosciuto, in difficoltà perché non sa come dire alla sua fidanzata di averla tradita con la sua ex moglie, Diane, la quale, nel frattempo, cerca di reinventarsi professionalmente e sentimentalmente.
E poi c’è Todd che, tra un momento di leggerezza e l’altro (già cult la suoneria del telefono, la Sinfonia n. 5 di Beethoven che per l’occasione fa “Todd, Todd, Todd, Toooooodd“), riesce comunque ad assumersi le proprie responsabilità in un mondo che sta scivolando sempre di più nel caos.
I primi otto episodi, in un qualche modo, sono incentrati su un personaggio diverso di puntata in puntata, scavando a fondo nella sua psiche, come per far riemergere la parte peggiore del proprio essere, fungendo, in alcuni casi, da escamotage per riprendere altri dettagli sulla strada verso la disintossicazione di Bojack.
Tutta la serie sembra connotata da un carattere più funereo, come se tutti si stessero dirigendo verso un punto di non ritorno e che Bojack stia per affrontare qualcosa di enorme, da cui difficilmente potrà tirarsi fuori senza bere neanche un goccio di alcol.
Tutto ciò emerge anche dalla sigla, ora modificata per mostrarci l’intero percorso dell’uomo cavallo a partire dall’infanzia, con sfondi quasi cosmici, laddove le prime cinque annate optavano per un ritratto più semplice di un individuo che è al contempo star e vittima di Hollywoo.
Non c’è più tempo per le risate. La morte di Sarah Lynn viene ripresa più volte, come elemento totalizzante nella depressione di Bojack e, nello stesso tempo, come motore che, più di ogni altra cosa, ha saputo smuoverlo per riprendersi quella vita che sapeva solo di droga e follia.
L’attesa degli episodi 9-16 è già adesso praticamente insostenibile, proprio come la vita del protagonista.
E, da tal punto di vista, la divisione della stagione finale in due blocchi è un capolavoro di crudele manipolazione emotiva.
La malinconia è aumentata ancor di più, atroce nel suo essere dolce, legata al fatto di dover presto salutare per sempre una serie che, pur torturando il cuore, è entrata nelle menti di tutti noi, impossibile da dimenticare e da rivedere ancora e ancora senza mai annoiare.
Concludendo questa breve recensione senza spoiler, non posso che consigliarvi, dopo averla vista in italiano, di gustarvela anche in lingua originale, soprattutto per le voci di Will Arnett e Aaron Paul che, ancora di più, vi sapranno coinvolgere in quella Hollywoo fatta di tanti calci nell’uretra.
Paola.
Leggi anche: Bojack Horseman, il libro
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