Annunciato durante lo scorso E3, The Awesome Adventures of Captain Spirit ha colto molti di sorpresa. Presentandosi come un progetto in seno all’universo di Life Is Strange 2, la nuova produzione Dontnod si pone l’obiettivo di introdurre al giocatore alcuni volti che ritorneranno poi nel titolo cardine (manca poco al 27 settembre…) .
Disponibile al download gratuito, potevamo forse lasciare perdere? Ovviamente è una domanda retorica, non dovete rispondere (cit.).
Con una nota del tutto personale, avendo assolutamente divorato il primo Life Is Strange, la possibilità di trovarmi davanti a un’introduzione alla nuova stagione non poteva che farmi felice.
Ricordiamo infatti che Life Is Strange 2 è totalmente diverso da Life Is Strange: Before the Storm, raccontando una storia nuova e differente da quanto in precedenza visto.
Il gioco, nella sua veste grafica, si presenta come ricordavamo – nota tecnica, l’unico cambiamento è il passaggio dal motore Unreal Engine 3 del primo LiS all‘Unreal Engine 4, mentre Before the Storm utilizzava il motore Unity.
Appena iniziato il gioco, facciamo la conoscenza del nostro protagonista.
Chris Erikson, 9 anni, sarà il personaggio centrale di questa breve ma soddisfacente avventura.
Insieme a suo padre Charles, Chris vive a Beaver Creek, nell’Oregon. Come in molti giochi del genere, non ci sarà permesso esplorare troppo – il limite arriva letteralmente alla fine del vialetto d’ingresso – ma quanto abbiamo ci basterà per entrare in sintonia con i personaggi e la loro storia: come già abbiamo visto negli esempi dei giochi precedenti ed in altri titoli dello stesso genere, l’interazione con gli oggetti più disparati ci permetterà di assimilare numerorse informazioni.
La più importante di queste riguarda ovviamente la storia della famiglia, segnata dalla morte di Emily, madre di Chris e moglie di Charles, 2 anni prima della narrazione del gioco.
Su questo avvenimento viene costruita tutta l’impalcatura della storia che, come già successo, non si tira indietro quando si tratta di toccare argomenti importanti.
Quello che infatti è importante per poter apprezzare al meglio un prodotto del genere è lo scoprire quanto più possibile sui personaggi – lezione che già avevamo imparato con la prima stagione: il nostro tempo sarà costantemente impegnato nell’interazione con vari oggetti, più o meno importanti.
Proprio per questo sarà cura del giocatore esplorare ogni angolo della casa e dell’esterno, per poter “rimettere insieme i pezzi” di quella storia passata che non ci viene raccontata – inoltre, sarà possibile competare una lista delle “fantastiche cose da fare”.
Cliccando e spostandoci scopriremo allora come la famiglia abbia reagito alla morte della madre del nostro protagonista: sin da subito infatti ci viene chiarito il rapporto tra Chris e suo padre, un uomo profondamente segnato dalla perdita, caduto in una spirale di alcolismo che spesso lo porta ad essere irascibile e violento proprio con suo figlio, pur pentendosi completamente dei suoi comportamenti una volta tornato alla ragione.
Chris, dal canto suo, vive la sua vita giocando continuamente con la sua immaginazione, costruendosi nemici interplanetari e fortezze volanti, tutto mentre veste i panni di Captain Spirit.
Non ci si deve aspettare una avventura dominata da colpi di scena – o, almeno, non una dove i colpi di scena sono a base di azione ed esplosioni.
Esplorare a fondo il poco che ci viene messo a disposizione diventa basilare per poter ricostruire le vicende ed entrare più in sintonia possibile con il protagonista ed il suo modo di vedere le cose, ancora proprio di un bambino di quell’età – cosa che ben si definisce in alcuni dei dialoghi interiori a descrizione delle cose trovate, come ad esempio davanti ad una vignetta un po’ adulta fatta anni prima dalla madre disegnatrice, che lui afferma di non capire, forse perché non abbastanza grande.
Lo schema di gioco resta infatti invariato, consentendo al giocatore di scegliere risposte adeguate e le determinate interazioni con l’ambiente.
D’altra parte è proprio questo il punto di forza del prodotto: la durata del gioco infatti non è per nulla eccessiva (facendo le cose con calma si dovrebbe arrivare ad un massimo di circa 3 ore) e, volendo arrivare direttamente al finale, sono pochissime le cose da dover fare. Sta interamente al giocatore la decisione di voler scavare o no più a fondo, soprattutto in vista della coesione emotiva con la storia raccontata – che, d’altra parte, è quanto ha sempre caratterizzato la serie Life Is Strange.
Il finale, come ci si poteva aspettare, non chiude nulla, al contrario: forse non si poteva davvero fare qualcosa di più “aperto” di così – essendo uscito da pochissimo, non riveleremo nulla, per non incorrere in spoiler pazzeschi.
Cosa dire quindi di quest’ultima fatica di Dontnod? Come al solito ci troviamo davanti ad un ottimo prodotto, incentrato sulla forza emotiva della sua rappresentazione più che su di un gameplay frenetico e rapido. Un prodotto che forse, risente, unicamente della sua scarsa longevità, visto che ci sarebbe sicuramente piaciuto passare più tempo insieme al nostro nuovo supereroe.
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