Caduta dal paradiso è il terzo ed ultimo episodio di Caput Mundi: Nero, seconda miniserie dell’Universo Cosmo.
Quest’albo ha un pregio molto strano: è snervante, incredibilmente snervante. Crea nel lettore tantissima attesa per lo svolgimento di una situazione per poi sballottarlo in un altro momento spazio-temporale della storia, e non vi nascondo che in un frangente particolarmente teso, gliel’ho urlato un bel VA*****LO appena il focus della narrazione si è spostato altrove.
Ma come ho detto all’inizio, è un pregio. Perché inchioda il lettore ancor più dello svolgimento tanto atteso. E’ come la nonna che ti prepara una torta stupenda e poi ti dice Vedi che te la puoi mangiare solo quando arrivano gli altri e intanto rimani affascinato a guardarla sfornare biscotti per poi ottenere la stessa identica risposta. Scusate per questo esempio becero, ma citare Schopenhauer e l’attesa del piacere e tutte quelle robe là, preferivo proprio evitarlo.
La tensione di Caduta dal Paradiso
In ogni caso, questo tipo di narrazione è veramente vantaggioso, perché riesce anche a rimediare all’eccessiva presenza di personaggi, a quel policentrismo che avevo sottolineato nell’articolo sullo scorso episodio: in questo modo sono tutti integrati più coerentemente nella narrazione, senza appesantirla inutilmente.
Le atmosfere dell’albo continuano – in alcuni momenti – a richiamare opere cult come lo Scarface di Brian De Palma (nella scena riportata poco sopra) e The Hard Goodbye della Sin City di Frank Miller, in particolare nella scena onirica tra Eva e Teschio. Trovo questo momento della storia particolarmente interessante anche perché Eva riesce ad ottenere quel che vuole non grazie alla sua bellezza (che tenta di far risaltare coprendosi le cicatrici con i capelli) ma grazie al suo essere “una creatura bruciata dal sacro fuoco”, usando le parole di Teschio. Momenti simili contribuiscono a dare l’immagine di un universo degradato, in cui è la decadenza, piuttosto che la bellezza, ad essere premiata.
Così si conclude quindi questa seconda stagione che è riuscita non solo a popolare l’universo condiviso di nuovi personaggi, ma anche a fare a meno del vampiro Pietro Battaglia, personaggio cardine della prima stagione e fondamento ideale della serie (si inizia a parlare di Universo Cosmo già dall’ottavo episodio della testata di Battaglia, Ragazzi di morte).
Mi sembra opportuno sottolinearlo perché molte serie non riescono a creare nuovi personaggi validi e finiscono per spingere sempre sul membro più famoso del cast, mentre in Caput Mundi non sembra essercene stato bisogno.[vc_message icon_fontawesome=”fa fa-comment” css_animation=”bounceIn”]Ti è piaciuto questo articolo? Facci sapere cosa ne pensi! Lascia un commento qui sotto o scopri ulteriori contenuti cliccando o navigando il nostro Menù. E se ciò non dovesse bastare, considera la possibilità di scrivere un articolo di risposta! Invialo a [email protected] seguendo le istruzioni riportate nella pagina Collabora.[/vc_message]
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