Il 26 Aprile di trentuno anni fa, il mondo capì sulla propria pelle i rischi del nucleare. Fu l’errore dei tecnici in un test di laboratorio, quella mattina a Chernobyl (Ucraina — all’epoca Unione Sovietica), a far scoppiare il reattore n°4 della centrale nucleare, causando il più grande disastro che l’umanità ricordi.
Il dramma
In pochi attimi, interminabili per le persone sul posto, si rilasciò una “potenza radioattiva” 400 volte più potente della bomba atomica sganciata su Hiroshima, in Giappone circa quarant’anni prima.
Circa un quarto di secolo dopo, gli effetti del disastro si fanno ancora sentire. Quasi un milione di uomini hanno rischiato la vita esponendosi alle radiazioni per contenere la situazione, 25.000 di questi sono morti e 70.000 sono rimasti disabili permanenti, o condannati a morte, se preferite.
Un progetto ambizioso, troppo. Unito al fattore umano ha portato a far saltare in aria il quarto reattore.
Il giorno precedente del disastro, gli operatori degli impianti si stavano preparando ad un arresto per eseguire la manutenzione ordinaria sul reattore numero 4.
Trasgredendo le norme di sicurezza, gli operatori disabilitarono le attrezzature degli impianti, compresi i meccanismi automatici di raffreddamento, secondo il rapporto del Comitato scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche.
Fu l’errore umano quindi a scatenare la furia distruttiva di quell’energia, difficilmente controllabile anche a “condizioni normali”, e che quel giorno fece pentire sonoramente il governo sovietico di aver giocato con il fuoco.
Valerij Alekseevič Legasov fu un chimico russo. E’ noto al grande pubblico per essere colui che indagò e rese pubbliche le verità sul Disastro di Chernobyl; verità molto scomode per il governo di Mosca che lo intimò al silenzio. Morì suicida per i sensi di colpa.
Le autorità preposte al controllo, coordinate con il Ministro degli Esteri Andrej Gromyko ci impiegarono oltre una intera giornata per realizzare della gravità dell’incidente e degli effetti sulla salute e soprattutto, quello che le autorità temevano, sull’ opinione pubblica.
La questione sul nucleare, tanto dibattuta negli ambienti del ceto medio di tutto il mondo, avrebbe creato un “dannoso” precedente per la superpotenza sovietica che del nucleare aveva fatto il suo “deterrente e principale arma” per una possibile guerra con il blocco Atlantico a guida USA, scontro che non arrivò mai.
“Questione nucleare” che arrivò anche in Italia subito dopo, nel 1987.
I referendum italiani a seguito di Chernobyl
I votanti furono il 65,1%, i sì alla cancellazione del programma nucleare sforò l’80% dei voti. Alto numero di schede bianche e nulle, a testimoniare l’incertezza che regnava sovrana tra la popolazione ma che comunque vide prevalere un secco NO in relazione al nucleare ma non lo arginava del tutto.
L’8 novembre 1987 in Italia si votò per cinque referendum, tre di questi riguardavano l’energia nucleare. Nessuno dei tre quesiti chiedeva l’abolizione totale o la chiusura immediata delle centrali nucleari.
REFERENDUM NUCLEARE, spiegazione primo quesito — Venne chiesto agli italiani di decidere in merito alla possibilità di intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare nel suo territorio di competenza. I sì vinsero con l’80,6%.
REFERENDUM NUCLEARE, spiegazione secondo quesito — Venne chiesta la cancellazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari. I sì prevalsero con il 79,7%.
REFERENDUM NUCLEARE, spiegazione terzo quesito — Venne chiesta l’eliminazione della possibilità per l’Enel di partecipare fuori dai confini nazionali alla costruzione di centrali nucleari. I sì ottennero il 71,9%.
Solo il 27 aprile, circa 36 ore dopo che si verificò l’incidente, gli abitanti di Pripyat furono evacuati come gli abitanti delle altre piccole città dell’immediato circondario.
Centinaia di migliaia di persone furono evacuate, per molti era troppo tardi. Mentre in tutta l’Unione Sovietica si diffuse la paura di subire le radiazioni tramite i venti, gli effetti furono avvertiti anche nei paesi Europei, persino in Italia fino al Regno Unito.
Tuttavia, le autorità furono lente, impacciate e “stranamente” ritardatarie nel rilasciare informazioni al resto del mondo. Ma quando l’allarme radiazioni raggiunse una centrale nucleare in Svezia, i russi furono costretti a rivelare la reale portata della crisi derivante dalla catastrofe.
La notizia, tramite canali ufficiali, divenne pubblica solo due giorni dopo.
Leggi anche:
Chernobyl: si suicida dopo aver visto la serie
Acque radioattive di Fukushima rischiano di essere liberate
Disastro ambientale alla Legnochimica di Rende
Ti è piaciuto questo articolo? Dicci cosa ne pensi nei commenti qui sotto o esplora altri contenuti dal nostro menù!
Hai una storia da raccontare o un'opinione da condividere? Mandaci il tuo articolo scrivendoci a [email protected].
Vuoi unirti al nostro team e collaborare con noi? Scopri come candidarti alla pagina dedicata: collabora.