di Luigi Garlaschelli, membro del CICAP e professore di Chimica all’Università di Pavia
L’Ottocento fu sicuramente un secolo entusiasmante per chi viveva allora. La rivoluzione industriale cambiava a velocità impressionante la faccia del mondo e nuove invenzioni si susseguivano a ritmo incalzante; i più lontani angoli del globo venivano raggiunti ed esplorati e tutti gli organismi viventi, animali e vegetali venivano descritti e classificati. L’elettricità, il magnetismo, nuove forme di energia radiante venivano scoperti e le loro leggi formulate. Tutta la scienza sperimentale odierna, che ancora si insegna nei libri di testo, nacque in realtà nel XIX secolo, dopo che Galileo aveva indicato il metodo scientifico, e nel Settecento si era andata accumulando una quantità di dati su cui costruire paradigmi scientifici. Gli scienziati dell’Ottocento studiavano avidamente tutto, consapevoli di gettare le fondamenta della futura scienza, e perciò attenti che esse fossero solide, basate sull’osservazione di fenomeni reali, documentati e riproducibili. Altrettanto e più di oggi i fisici ed i chimici – di cui ci interessiamo particolarmente qui – dibatterono dunque ipotesi e teorie poi dimostratesi inaccettabili poiché contraddette dai fatti.
Tra le teorie abbandonate tutti ricordano quella del flogisto, o quella dell’etere cosmico, ma vi furono casi di indagini assai curiose, anche se meno note. La teoria dell’elettricità animale, per esempio, fu alla base delle esperienze del medico viennese Mesmer. Dopo aver assistito ad una dimostrazione di guarigioni di un sacerdote, Mesmer si convinse che l’applicazione di calamite poteva avere un effetto terapeutico sull’organismo umano. In seguito si convinse che una misteriosa energia, che battezzò magnetismo animale, si sprigionava anche dalle proprie dita e poteva avere lo stesso effetto terapeutico.
A partire dal 1778 diede dimostrazioni, a cui partecipava tutta l’alta società francese, in cui i soggetti erano invitati ad afferrare delle sbarre di ferro immerse in una tinozza contenente alcune sostanze chimiche: si supponeva che il fluido magnetico si sprigionasse anche in questo modo. A riprova del “trattamento” mesmerico, si potevano vedere persone che gemevano, altre che si addormentavano, altre ancora che diventavano isteriche. Due commissioni d’inchiesta nominate dal re, di cui facevano parte anche grandi scienziati come il chimico Antoine Lavoisier e Benjamin Franklin, esaminarono il caso e conclusero che non esisteva alcun “magnetismo animale” e ciò che avveniva andava ricercato semplicemente nella suggestionabilità del pubblico. Le esperienze di Mesmer aprirono comunque la strada allo studio dell’ipnotismo, e ancora oggi il termine di magnetismo animale è rimasto nel linguaggio comune.
Negli stessi anni Luigi Galvani, con le sue esperienze sulle rane, utilizzava il termine analogo di “elettricità animale”, poi definitivamente abbandonato dopo le risolutive esperienze di Alessandro Volta.
Ma l’esistenza di misteriosi fluidi veniva invocata anche in altre occasioni. Per esempio i rabdomanti afferma(va)no che con la loro bacchetta (i radiestesisti impiegano invece un pendolino) possono captare le “vibrazioni” emesse da acqua o altre sostanze nel sottosuolo. Fu un geniale e multiforme chimico francese, Michel-Eugène Chevreul, a studiare il fenomeno già verso il 1830. Chevreul diede il nome al colesterolo (1815), scoprì l’acido butirrico nel burro, e il fatto che i trigliceridi contengono acidi a numero pari di atomi di carbonio (1823). Isolò la creatina dal brodo di carne (1823), e scrisse inoltre un’opera sulla percezione dei colori. Rigorose esperienze condotte col pendolo divinatorio e la bacchetta rabdomantica lo convinsero che i fenomeni dipendevano solo da movimenti muscolari involontari (i movimenti ideomotori), e che nessuna divinazione “paranormale” aveva luogo.
La stessa spiegazione fu da lui invocata anche più tardi, quando – a partire dal 1848 – si diffuse la moda dello sedute spiritiche, nelle quali tavolini a tre gambe sembravano muoversi al di là della volontà cosciente dei partecipanti. Relatore di una commissione di indagine nominata dall’Accademia delle Scienze di Parigi, nel 1854 egli scrisse un libro intitolato “De la baguette divinatoire, du pendule expleurateur et des tables tournantes” Appena l’anno prima, Michael Faraday aveva compiuto esperimenti altrettanto risolutori sui tavolini semoventi.
Per esempio, aveva provato a fare appoggiare le dita dei partecipanti alla seduta non direttamente sul tavolo, ma su un’assicella sotto la quale aveva posto delle sferette. Se il tavolo fosse mosso dagli “spiriti”, dovrebbe spostarsi lo stesso. Se invece sono le persone a spingerlo inconsciamente, esso non si muove, perché l’assicella rotola sulle sferette. Inutile dire che in tali condizioni (e a maggior ragione se nessuno lo tocca) nessun tavolino si è mai più mosso.
Ma la moda dello spiritismo e dei fantasmi persisteva. Fu ancora un chimico, l’inglese John Henry Pepper, della Royal Politechnic Institution, a escogitare il modo per produrre, per spettacoli teatrali, dei fantasmi trasparenti molto convincenti. Questo effetto, presentato nel 1862 in una drammatizzazione del “Canto di Natale” di Dickens, è basato su un ingegnoso gioco di specchi semitrasparenti, e fu da allora utilizzato alla famosa Egyptian Hall di Londra per molti anni in spettacoli di vario tipo; viene presentato identico ancora oggi, a Disneyland.
Anche il famoso Dimitrj Ivanovic Mendeleev, (1834-1907) ideatore della tavola periodica degli elementi, si occupò di spiritismo per un certo periodo della sua vita. Nel 1875 istituì presso la società di fisica dell’Università di Pietroburgo una commissione per lo studio dell’attendibilità dei fenomeni spiritici. Partito con il desiderio di lasciare un sia pur tenue varco alla possibilità di qualche realtà paranormale, esaminò diversi medium, ritenuti i migliori da parte di alcuni suoi colleghi che credevano alla realtà dei fenomeni spiritici. Al termine degli esperimenti dovette concludere che in tutte le prove si era verificata una frode. Mendeleev, quindi, suggeriva che l’unica indagine di tipo scientifico che restava ad un ricercatore poteva essere quella di tipo antropologico, sociologico o psicologico sul diffusissimo fenomeno della credulità popolare. Il risultato di queste sue esperienze fu divulgato in una serie di conferenze pubbliche, di sorprendente attualità e modernità anche dopo oltre un secolo.
[Settimana prossima la seconda parte dell’articolo]
Siete ancora qui? Bene, ne approfitteremo per spiegarvi cosa avete appena letto!
Luigi Garlaschelli, conosciuto anche come Professor Alchemist, in un momento di assoluto delirio, dovuto probabilmente ai fumi Steampunk respirati nel suo laboratorio, ha deciso di mettere a nostra disposizione alcuni dei suoi lavori scientifici nonchè di darci saltuari contributi in esclusiva.
Preparatevi, dunque, perchè se l’articolo vi è piaciuto, nelle prossime settimane ne leggeremo di nuovi a partire dalla seconda parte di Chimici e Fantasmi!
Intanto, non perdete l’occasione di seguire le iniziative del prof sul web.
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