La crisi Hollywoodiana esiste davvero?
Per chi segue il cinema da un pò, la risposta è ovvia: si, esiste!
Eppure, se per un vero appassionato di cinema sembra logico, in realtà rispondere a questa domanda non è cosa poi tanto semplice.
E’ più una questione di punti di vista.
Quando parliamo di “crisi” ci riferiamo a quella più strettamente legata alle idee e alla carenza di investimenti in titoli veramente nuovi.
Infatti, se nel cinema commerciale, da un lato, abbiamo una moria artistica, dall’altra abbiamo produttori festosi e ghiotti di ogni tipo di banconota immaginabile.
Ma come si può spiegare un binomio incoerente come questo? Perchè la carenza di idee corrisponde a un incasso, comunque, elevato?
Il problema ha origini ben più radicate di quel che sembra e fare un semplice passo indietro potrebbe non aiutarci a individuarne le origini.
Le origini, esatto, ma non le ragioni. Per capire di cosa stiamo parlando basta dare un’occhiata al palinsesto dei film attualmente in programmazione (di cui parlavamo qualche giorno fa):
Operazione U.N.C.L.E. (adattamento da serie tv)
Sinister 2 (sequel)
Città di carta (adattamento da romanzo)
Ant-Man (adattamento da fumetto)
Minions (spin-off della serie “Cattivissimo Me”)
Fantastic 4 – I fantastici quattro (ma stiamo scherzando??)
Mission Impossible: Rogue Nation (sequel)
Southpaw: L’ultima sfida (titolo originale)
Come potete ben vedere, solo una pellicola su otto rappresenta una produzione completamente nuova.
Non avete ancora capito? Dite che è solo un caso?
Diamo un’occhiata a questo grafico dei maggiori successi USA delle ultime decadi:
Il concetto che ci siamo fatti circa la questione è che, senza troppi giri di parole, la ragione di tutto questo sia da attribuire, anche, agli spettatori.
Esatto, in parte è colpa nostra se i produttori non fanno altro che sfornare idee trite e ritrite.
L’utente medio sembra gradire il prodotto “immediato” poichè sa, in linea generale, cosa aspettarsi.
Purtroppo dobbiamo ammetterlo, siamo spettatori pigri che amano l’abitudinarietà e odiano sperimentare perchè è più faticoso e al tempo stesso può risultare deludente.
Ma c’è chi potrebbe pensare che questo atteggiamento ci sia stato introdotto proprio dai produttori, un pò come se fossimo stati addestrati.
Per non avere nessun dubbio a riguardo abbiamo sentito l’opinione di chi è in stretto contatto con il mondo del cinema.
Direttamente da Praga, dove il prossimo 22 settembre verrà proiettato, presso l’Istituto Italiano di Cultura, il suo ultimo film noir, “Scale Model – La Donna che Uccise due Volte”, ci ha risposto Fabrizio Nucci che è niente poco meno che fondatore della casa di produzione Open Fields Productions insieme a Nicola Rovito.
Esiste la crisi di idee di Hollywood? E quella del cinema italiano?
Più che di crisi di idee, ritengo che sia per il cinema statunitense che per quello italiano si debba parlare di crisi di coraggio. Siamo abituati, fortunatamente, a sentire spesso di giovani autori – sceneggiatori e registi – che si aggiudicano importanti premi in festival di categoria, e ciò sta a dimostrare che le idee non mancano ed, anzi, sono proprio da ricercare nel nuovo cinema indipendente. Purtroppo, però, altrettanto frequentemente a tali situazioni non viene dato il giusto peso da parte di chi dovrebbe investire risorse per lo sviluppo del cinema post-contemporaneo, quello di oggi.
Secondo te è più colpa degli utenti/spettatori o dei produttori? Siamo noi che siamo pigri o sono loro che ci hanno “addestrati”?
Probabilmente è un meccanismo – quello che lega nella filiera cinematografica spettatori e produttori – che risente di non poche problematiche. Come un cane che si mangia la coda, in sala vengono proposti in massa prodotti (non opere) sempre più uguali a loro stessi, e gli spettatori si abituano sempre più a ricercare quelle tipologie di film. Come un bambino che non riesce a frenare la tentazione di finire una scatola di caramelle, l’utente medio non riesce a cogliere come ogni tanto sia utile andare oltre i polpettoni filo-fumettistici americani e le commedie senza troppe pretese all’italiana (ex-cinepanettoni oramai onnipresenti nella programmazione di tutto l’anno).
Alcuni additano l’avvento delle tecnologie digitali come l’anticinema. Cosa ne pensi?
Penso che le nuove tecnologie siano il futuro del cinema per come dovrebbe essere, quindi un ritorno alla sostanza che permeava i film del passato, ma tramite autori e maestranze provenienti dal basso più che dall’industria istituzionalizzata. Come dicevo, il cinema indipendente odierno è proprio quello che spesso riesce a comunicare idee e storie innovative, ed esso esce fuori dall’ondata dei videomaker della domenica, figli delle reflex digitali. Ciò, ovviamente, non può far prescindere dalla conoscenza della tecnica e del linguaggio cinematografico, oltre che da una selezione ancora più attenta dei film da portare in sala. Ma il fatto che attualmente ognuno abbia la possibilità di dire la sua, in questo caso attraverso l’immagine, è sicuramente un avvenimento positivo. Speriamo ne escano fuori veri talenti!
In che modo la crisi di Hollywood influisce sul cinema italiano?
Il cinema italiano e quello hollywoodiano sono legati da una storia che li ha visti spesso camminare insieme e imitarsi reciprocamente a periodi alterni. Attualmente, essendo entrambi smarriti – ma soffrendo, dal punto di vista degli incassi, sicuramente molto di più il cinema italiano – è probabilmente quest’ultimo quello che maggiormente risente del percorso ancora poco chiaro intrapreso dal cinema d’oltre oceano. Come il bambino che perde di vista il cuginetto più grande e non sa come orientarsi nell’enorme centro commerciale. Ma forse dovremmo ricordarci di essere non i cuginetti più giovani del cinema americano, ma i loro padri e veri ispiratori. E che il mercato dei film non è (o meglio, non dovrebbe essere!) un enorme centro commerciale. Il cinema è un’arte e se c’è qualcosa da comunicare – come potenzialmente è, ma spesso si fa finta che non sia così – non vi è crisi.
C’è stato chi ha scritto che il cinema italiano stia per uscire dalla sua crisi facendo riferimento al ritorno dei cinepanettoni e le commedie. Cosa ne pensi?
Come detto, credo che i cinepanettoni e le commedie siano il problema più che la soluzione. Non perché non debba esistere un cinema leggero e di puro intrattenimento, anzi. Ma quello non è “Il Cinema”, è solo una parte di esso. Ed è giusto che ci sia differenziazione nell’offerta perché solo la varietà può permettere allo spettatore di sentirsi realmente stimolato a frequentare (nuovamente) le sale cinematografiche nel lungo periodo; e consentire al linguaggio cinematografico di assestarsi sulle forme comunicative più in linea con questo periodo storico. Probabilmente, la crisi verrà superata quando il nuovo cinema digitale (e i suoi interpreti) ed il vecchio cinema dei big dell’industria dei film, delle dive e delle sale dal solito inconfondibile olezzo avranno imparato a comunicare tra di loro.
L’esito finale, dunque, sembra collocarsi tra i due poli, spettatori e produttori. Proprio come fosse una disputa, la verità, molte volte, sta nel mezzo.
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