Quanto fa bene il cioccolato? Un viaggio dagli dèi ad oggi

Il cacao sacro dei Maya e degli Aztechi

Molto prima che diventasse la delizia dolce che conosciamo oggi, il cioccolato era una bevanda amara e densa riservata agli dèi. Nelle civiltà mesoamericane, il cacao aveva un valore tanto spirituale quanto economico. I Maya e gli Aztechi lo consideravano un dono divino, simbolo di forza, fertilità e saggezza ed i semi di cacao erano così preziosi che venivano usati come moneta. Secondo i cronisti spagnoli del XVI secolo, un tacchino poteva valere fino a cento fave di cacao.

Fave di cacao tostate

Gli Aztechi preparavano una bevanda rituale mescolando i semi macinati con acqua, spezie e farina gialla. Il risultato era tutt’altro che dolce: un liquido amaro, spesso piccante, che solo i nobili e i sacerdoti potevano permettersi. Per loro, quel miscuglio era la “bevanda degli dèi”, un elisir che donava energia e connessione spirituale con Quetzalcoatl, il dio della sapienza che aveva regalato il cacao all’umanità.

Il viaggio verso l’Europa: Colombo, Cortés e la scoperta del “pane degli dèi”

La storia europea del cioccolato comincia quasi per caso. Durante il suo quarto viaggio nel 1502, Cristoforo Colombo ricevette in dono alcune fave di cacao dagli indigeni dell’isola di Guanaja, al largo dell’Honduras. Non ne comprese subito l’importanza, ma decise di portarle in Spagna come curiosità esotica. Nessuno poteva immaginare che quei semi avrebbero conquistato l’intero continente.

Fu Hernán Cortés, anni dopo, a intuirne il potenziale. Dopo aver assistito alla preparazione della bevanda di Montezuma II, re degli Aztechi, ne portò la ricetta a Carlo V. A corte, i monaci spagnoli sostituirono le spezie piccanti con vaniglia, cannella e zucchero, trasformando l’amara bevanda in un piacere raffinato e dolce. Nacque così la “cioccolata calda”, simbolo di lusso e potere. Per tutto il XVI secolo, la Spagna mantenne un segreto quasi religioso sulla sua preparazione, tanto che il resto d’Europa dovette attendere decenni per assaggiarla.

Quando la cioccolata arrivó alle corti europee

Nel Seicento, la moda della cioccolata si diffuse tra le corti aristocratiche. A Madrid era già considerata una mania, e in Francia divenne sinonimo di eleganza grazie alle principesse spagnole. Anna d’Austria, sposa di Luigi XIII, portò a Versailles un cofanetto di cacao e la preziosa ricetta segreta.
Qualche decennio più tardi, Maria Teresa di Spagna, moglie di Luigi XIV, ne fece una vera e propria ossessione, rendendo la cioccolata protagonista delle colazioni reali.

Cacao

In Italia, il merito fu del fiorentino Antonio Carletti, che nel 1606 riportò dalla Spagna la ricetta della “bevanda degli dèi”. Da allora, la cioccolata divenne un vizio elegante nelle città più raffinate. A Torino, Venezia e Firenze si aprirono le prime botteghe di cioccolatieri, e il piacere del cacao si diffuse tra nobili e borghesi.

Dal mistero sacro all’industria dolciaria

Fino al XVIII secolo, il cioccolato era conosciuto solo come bevanda. Le fave venivano tostate e macinate su pietre calde, come facevano i Maya, per ottenere una pasta densa chiamata “liquore di cacao”. Nei monasteri, questa lavorazione era quasi un rito.

Ma fu con la rivoluzione industriale che tutto cambiò. Nel XIX secolo vennero introdotti nuovi metodi di lavorazione che permisero di trasformare la pasta di cacao in tavolette solide. Da allora, il cioccolato smise di essere un lusso aristocratico e divenne un piacere accessibile a tutti. Le grandi aziende dolciarie europee iniziarono a sperimentare: nacquero il cioccolato al latte, quello bianco e infine le barrette moderne, lontane anni luce dalla bevanda sacra dei popoli precolombiani.

I segreti del cacao: quando il piacere incontra la scienza

Oggi la scienza guarda al cacao con occhi nuovi. Gli studi moderni hanno dimostrato che i semi di cacao contengono centinaia di composti vegetali bioattivi, tra cui i flavanoli, potenti antiossidanti naturali.

Secondo Howard Sesso, epidemiologo della Harvard T.H. Chan School of Public Health, i flavanoli sono associati a miglioramenti della pressione sanguigna, dei livelli di colesterolo e della salute cardiaca in generale. In un ampio studio clinico del 2022, noto come COSMOS, su oltre 21.000 adulti, chi assumeva 500 mg di flavanoli di cacao al giorno mostrava un rischio inferiore di morte per malattie cardiovascolari rispetto a chi assumeva un placebo.

Ma attenzione: questi benefici derivano dai composti del cacao, non dal cioccolato industriale. Per raggiungere 500 mg di flavanoli attraverso il cioccolato bisognerebbe mangiare più barrette al giorno, insieme a grandi quantità di zuccheri e grassi saturi. Non proprio una scelta salutare.

Cioccolato fondente, al latte o bianco: quale fa davvero bene?

Il segreto sta tutto nella quantità e nella qualità del cacao. I flavanoli si trovano nei solidi del cacao, ma durante la lavorazione molti di questi composti si perdono, soprattutto nella tostatura.

Il cioccolato fondente contiene più solidi e meno zuccheri, per questo è la scelta migliore dal punto di vista nutrizionale. Il cioccolato al latte, invece, ha una quantità minore di cacao e molti più zuccheri. Quanto al cioccolato bianco, il suo colore chiaro tradisce la mancanza totale di solidi di cacao: è fatto solo di burro di cacao, zucchero e latte. Buono, sì, ma senza benefici reali per la salute.

Tavoletta di cioccolato

Come sottolinea l’epidemiologo Tim Spector del King’s College di Londra, “non è il cioccolato a essere salutare, ma ciò che contiene”. In altre parole, se scegli un cioccolato fondente con almeno il 70% di cacao e una lavorazione minima, potresti ottenere qualche vantaggio per il cuore e il cervello, senza esagerare con zuccheri e calorie.

Dalle fave ai nibs: il ritorno alle origini

Negli ultimi anni, il mondo del benessere ha riscoperto le polveri e i nibs di cacao, molto più vicini alla forma originale del frutto. Le polveri non zuccherate, spesso usate in pasticceria, contengono quasi il 100% di cacao, mentre i nibs sono semplicemente pezzetti di fava di cacao essiccata e tostata. Ricchi di fibre e flavanoli, sono una scelta più autentica e benefica rispetto al cioccolato lavorato.

È curioso pensare che, dopo secoli di trasformazioni, stiamo tornando al punto di partenza: i Maya e gli Aztechi avevano già capito il valore di quel seme scuro che noi oggi studiamo nei laboratori. E anche se la scienza ci invita alla moderazione, resta un fatto innegabile: un pezzetto di buon cioccolato fondente sa ancora parlarci al cuore, proprio come faceva cinquecento anni fa.

Fonte: https://www.nationalgeographic.it/il-cioccolato-fa-davvero-bene

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