Con 6 € hanno resuscitato un Macintosh di 40 anni fa

Nell’era pionieristica dell’informatica personale, Apple scolpì un’icona indelebile con il lancio del Macintosh 128K nel 1984. Questo rivoluzionario computer, con un prezzo di 2.495 dollari, sfoggiava un affascinante display monocromatico da 9 pollici e una delle prime interfacce grafiche user-friendly, segnando un punto di svolta nell’interazione uomo-macchina. Il tempo è passato però, e come ovvio è rimasto solo nelle mani dei collezionisti. Fino ad ora.

MicroMac, un Macintosh per pochi soldi: funziona bene e ha pochissimi problemi

Nonostante le limitate risorse (128KB di RAM e un processore Motorola 68000) questo bestione divenne il simbolo dell’approccio visionario di Apple negli anni ’80, incantando gli utenti con la sua semplicità ed eleganza. Dopo quattro decenni, il programmatore Matt Evans ha reso omaggio a questo classico intramontabile con il suo ambizioso progetto “MicroMac”.

Utilizzando una Raspberry Pi RP2040, Evans ha riportato in vita l’essenza del Macintosh 128K, permettendo a una nuova generazione di appassionati di rivivere l’esperienza pioneristica che ha plasmato l’era digitale odierna. Un po’ come ha fatto quel folle che ha riprogrammato e ricreato un controller della PS1.

L’idea scintillante di MicroMac nacque durante una discussione sulla possibilità di sviluppare un’interfaccia grafica utente per la Raspberry Pi RP2040. Affascinato dal concetto di eseguire un sistema operativo vintage su hardware moderno, Evans abbracciò la sfida di emulare il Macintosh 128K originale, determinato a replicare l’esperienza utente dell’epoca e a svelare le potenzialità nascoste dei microcontrollori attuali.

una delle schermate di micromac

Con dedizione instancabile, Evans ha documentato meticolosamente ogni fase del progetto sul suo account GitHub, offrendo una mappa del tesoro digitale per chiunque desiderasse intraprendere questa avventura retrò e creare il proprio MicroMac.

Il cuore pulsante di questo omaggio tecnologico è un emulatore chiamato “umac”, sviluppato da Evans basandosi su Musashi, un noto interprete per il leggendario processore MC68000 del Macintosh 128K. Come un alchimista digitale, Evans ha infuso nell’emulatore un’immagine del sistema operativo System 3.2, l’ultima versione compatibile con quel modello, donando nuova vita a un’era ormai tramontata. A proposito, vi racconto perché gli emulatori sono così importanti nonostante la cattiva fama da che hanno.

Inizialmente, l’emulatore era piuttosto lento, eseguendo solo 300.000 istruzioni al secondo, come un atleta alle prime armi. Tuttavia, grazie a ottimizzazioni meticolose, come l’eliminazione di cicli superflui e il posizionamento strategico del codice più utilizzato nella RAM, Evans riuscì ad aumentare la velocità fino a 1,4 milioni di istruzioni al secondo.

Nonostante i notevoli risultati ottenuti, il progetto MicroMac presenta alcune limitazioni che evocano l’essenza stessa dell’era pioneristicache celebra. Non supporta unità floppy reali, privandoci dell’esperienza tattile di inserire i dischi e ascoltare il loro ronzio. Né riproduce l’audio, lasciandoci con il silenzio nostalgico dei primi computer. Alcune funzioni, come i timer VIA, non sono completamente implementate.

Ma dopotutto, la perfezione è un miraggio perseguito da ogni generazione di innovatori e mai raggiunto.

Gianluca Cobucci

"Se c’è in giro una cosa più importante del mio IO, dimmelo che le sparo subito"
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