A vederlo così, sembra inoffensivo: un cubo, sei facce, ogni faccia di un colore diverso. Sembra innocuo, ma lo sembra soltanto. Il cubo di Rubik, il cubo più famoso del mondo, è un vero e proprio rompicapo.
In realtà già la sua forma è un inganno, perché il cubo è quello che appare all’esterno, ma in realtà si tratta di una cerniera centrale su cui sono perfettamente incastrati 26 pezzi che ruotano in maniera indipendente. Quello che vediamo all’esterno è un cubo, le cui sei facce sono formate da 9 cubetti ciascuna, di colore uguale. Se si muovono le facce, i colori si mescolano; scopo del gioco è poi quello di riportare il cubo ad avere ogni faccia tutta dello stesso colore.
Come nasce il cubo di Rubik?
Il cubo prende il nome del suo inventore, Ernö Rubik, un architetto ungherese. Nato nel 1944, Rubik si laureerà in architettura, per specializzarsi in seguito in design d’interni. Un bel giorno, al nostro geniale architetto viene in mente di provare a realizzare un oggetto le cui parti possano ruotare in tutte le direzioni senza rompersi. Siamo nel 1974, e nasce così il prototipo del cubo; un oggetto in legno, un materiale che Rubik stesso può procurarsi e lavorare autonomamente, tenuto insieme al suo interno da degli elastici. Per poter tenere traccia degli spostamenti effettuati, Rubik applica degli adesivi colorati a ciascun cubetto. E qui cominciano i guai, perché, al momento di rimettere il cubo nella posizione di partenza, il buon Ernö si accorge che è cosa tutt’altro che semplice. Racconterà che gli ci vorrà un mese per avere ragione del suo cubo, anche se era opera sua.
Il fascino del cubo
La magia del cubo di Rubik è questa, come racconterà il suo stesso inventore. E’ una costruzione capace di dare nuovo significato a una forma che, fino a quel momento, si credeva non possedesse più alcun segreto.
Nel cubo vive una contraddizione tra apparente semplicità e reale complessità che è molto difficile da trovare altrove; offre insieme magia (non per niente il suo primo nome è stato proprio “cubo magico”) e logica. O meglio, per dirla con il suo creatore, la magia della logica, la possibilità di appropriarsi di quello che a prima vista appare inafferrabile.
Rubik porta il suo cubo a lezione, (insegna nella stessa accademia dove si è laureato), e lo utilizza per parlare ai ragazzi delle relazioni spaziali.
Un po’ di storia
E chissà, forse è proprio la risposta entusiasta dei suoi giovani studenti a spingerlo a brevettare il cubo nel 1975, affidandone la costruzione a un’azienda ungherese che produceva oggetti di plastica. Siamo in piena guerra fredda, e l’Ungheria, come molti altri Paesi del blocco sovietico, fatica a far circolare i propri prodotti al di fuori dei suoi confini. Come fa il cubo a espatriare? Nel più innocente dei modi: un amico di Rubik decide di portarsi il cubo come passatempo durante un viaggio di lavoro. Il cubo attira l’attenzione delle persone giuste e la sua diffusione diventa inarrestabile.
Il primo mondiale di cubo di Rubik si svolse a Budapest nel 1982. A vincere fu Minh Thai, un diciassettenne vietnamita proveniente da Los Angeles, che lo risolse in 22,95 secondi.
Da allora sono stati introdotte nuove tecniche di risoluzione del cubo di Rubik: bendati, con una mano sola, con i piedi. La modalità di risoluzione in gara è sempre la stessa: 15 secondi per esaminare il cubo, poi parte il tempo che si interrompe solamente quando tutte due le mani si ri-appoggiano sul tavolo.
Attualmente, il record del mondo di risoluzione del cubo appartiene al ventiduenne australiano Feliks Zemdegs, detentore di sei record mondiali. Recentemente, ha stabilito un nuovo record, risolvendo il cubo in 4,22 secondi. Non ci credete? Ecco il video della sua impresa.
Un’ultima curiosità: i prossimi mondiali di “Cubo di Rubik” saranno a Roma, a partire dal 26 luglio 2019. Se iniziate subito a esercitarvi, sarete pronti a dare sfida ai campioni mondiali nella città eterna!
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