Titolo: Curse: The Eye of Isis
Anno: 2003
Sviluppatore: Asylum Entertainment
Distributore: Wanadoo
Piattaforme: PC, Xbox, PS2
Piattaforma testata: PC
Col senno di poi, gli Egizi sono sviluppatori di survival horror mancati.
Pensateci bene, e ditemi se esiste una civiltà tanto affine con questo genere: può bastare da solo l’esempio delle Piramidi, null’altro che esempi della villa Spencer ante-litteram; tra architetture improbabili, trappole mortali, enigmi come se piovesse e quella faccenda delle maledizioni, giusto per aggiungere folklore (e dare spunti per eventuali sequel). Questo senza contare il variegato pantheon, il fascino esercitato da quel popolo verso morte e aldilà, e un quantitativo di misteri lasciati indietro sufficiente per mantenere la famiglia Giacobbo per generazioni a venire. Credetemi, se gli Egizi avessero avuto accesso a PC e console, oggigiorno l’unica attrazione sulle sponde del Nilo sarebbero le schiere di plurimillenari uffici di affermate software house.
Quant’è vero che di tanto in tanto rimpiango questa storica occasione mancata, di pari passo mi sono sempre chiesto come quel contesto sia stato sistematicamente ignorato dall’attuale industria del genere, ed è con queste premesse che l’avvistamento nel leggendario cestone dei 5 euro di Blockbuster (R.I.P.) di Curse: The Eye of Isis ha riempito il mio cuore di aspettative disumane. “Roba egizia e Londra vittoriana” -pensava un me stesso fiducioso e ancora relativamente innocente, già in trepidante attesa alla cassa- “Chissenefrega se questo gioco non se l’è cacato nessuno, cosa mai potrebbe andare storto?”
Curse: the eye of Isis è una maledizione
[ATTENZIONE:SPOILERS]Beh, praticamente tutto.[FINE SPOILERS]
Già, perché sono bastati pochi minuti di gioco per porre fine a qualunque malriposto entusiasmo: Curse è un prodotto a dir poco miserabile, e malgrado il relativo impegno, proprio non riesce a nasconderlo. Invero, basterebbe soffermarsi giusto un istante sul primissimo impatto della veste grafica per far sorgere qualche orrendo dubbio: per quanto l’opera di Asylum risalga all’anno 2003 e sia edita per Playstation 2 e Xbox oltre che per PC, la qualità delle textures e il livello di dettaglio generale appaiono a tratti in ritardo di una generazione, senza peraltro alcuna apparente ambizione stilistica tale da assicurare perlomeno un briciolo di carisma. Dettaglio, questo, che il più delle volte può tranquillamente passare in secondo piano in nome di tutti quegli elementi che il raffinato horrorofilo sa apprezzare al di là della semplice apparenza, ma che in questo caso costituisce l’anticamera per la più grigia ed assoluta mediocrità. Curse: The Eye of Isis, infatti, non riesce a far altro se non imitare senza troppa ambizione nè attenzione per la qualità il modello classico del survival horror, accontentandosi di una premessa accattivante sviluppata giusto quel minimo che basta per poterla sbattere su un DVD e sperare -appunto- che qualche povero babbeo finisca per accaparrarsela nel cestone dei 5 euro di Blockbuster (R.I.P.).
Game design? Meh. I vari ambienti sono strutturati senza grande ispirazione, e il backtracking tende a farsi più pesante rispetto alla media del genere (e non è di aiuto che i punti di salvataggio -affidati a un personaggio secondario che funge anche da “cassaforte” per oggetti in surplus- si spostino di volta in volta, a seconda dei progressi compiuti), gli enigmi tendono ad essere tutt’altro che stimolanti.
Plot? Meh. “Roba egizia e Londra Vittoriana”, tempo di svolgimento 3 ore, affidato a un alunno non particolarmente invogliato e diretto verso l’obiettivo di un 6 stiracchiato. Arrivati ai titoli di coda, su quanto accaduto nelle ore precedenti scatta automaticamente il più inesorabile vuoto mnemonico.
Paura? Meh. O, per meglio dire, “non pervenuta”. A meno che i ridicoli grugniti dei posseduti che affronterete per buona parte del gioco non vi rievochino bruttissimi quanto specifici ricordi. Tipo, quell’antipatica stitichezza che tanta frustrazione vi causò qualche annetto fa.
Sonoro? Meh. Vedi sopra. E aggiungiamo un doppiaggio spaventosamente goffo e una collezione di effetti sonori basilare e ben poco efficace.
Curse: the eye of Isis. Riassunto? Meh
Giocabilità? Me… No, beh, per essere onesti qui siamo soprendentemente entro la sufficienza, e forse addirittura qualcosina in più: i movimenti del personaggio principale (in realtà sono due, ma non cambia nulla) sono più fluidi e responsivi della legnosa media del genere. Poi ecco, in sede di combattimento, l’orrida gestione delle telecamere (fisse, come da tradizione) tende a rovinare tutto, ma almeno questo diamo credito ad Asylum, giusto per non passare come stronzi cinici, oltretutto incazzati all’idea di avere investito maluccio 5 sudati euro.
Riassumendo: meh. Quanto potenziale sprecato, quanta deludente mediocrità, pur per una produzione evidentemente di seconda fascia, e verso la quale era dopotutto lecito non attendersi un capolavoro fatto e finito.
Ma quel che è peggio, la mia insoddisfazione resta. Vedo le Piramidi, Vedo la Sfinge, la Valle dei Templi, e mi chiedo: “Dove saremmo ora, se al posto di sfogarvi con l’architettura, aveste avuto la possibilità di sviluppare survival horror come Anubi comanda?”
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