Dead Rising – La cripta dello zio Nex

Titolo: Dead Rising
Anno: 2006
Sviluppatore: Capcom
Distributore: Capcom
Piattaforme: Xbox 360

“Questo gioco non è sviluppato, approvato o su licenza da parte dei proprietari o dei creatori de ‘L’alba dei Morti Viventi’ di George A. Romero”.
Se già dalla copertina, un videogame si presenta con un diniego tanto gratuito quanto sospettosamente specifico, come fa a non guadagnare all’istante la tua attenzione? E non solo perché l’unico precedente nei tie-in ufficiali dei film del Maestro della fiction zombesca (Land of the Dead – Road to Fiddler’s Green, per la cronaca) era una mezza cacata di cui dimenticarsi alla svelta e con malcelato imbarazzo. Beh, qui semplicemente abbiamo un’apocalisse zombie fresca fresca e un centro commerciale. Aggiungete una struttura sandbox e il bollino Capcom sotto la voce sviluppatori, e già dovrebbe essere ragionevole supporre che nulla a questo punto possa andare storto. Ora, sommate a tutto ciò un approccio gioiosamente sopra le righe, un protagonista da annali di burinaggine e un achievement che vi sfida a fare secchi in un’unica partita 53.594 non morti, e forse potrete finalmente capire come a lungo ho bramato una Xbox360 quasi unicamente per poter mettere le mani su questo titolo.

E sì, specifichiamolo fin da subito, le mie aspettative non sono state minimamente deluse, Dead Rising è ESATTAMENTE quella megafigata del Cristo che annuncia urlando a squarciagola nel proprio stropicciato e sanguinolento biglietto da visita. Detto questo, potrei anche chiudere direttamente qui quella che sarebbe la più breve e facile delle recensioni, per la gioia di chi, tra i miei 4-5 affezionati lettori non abbia tutto sto tempo o voglia di sorbirsi un pistolotto inutilmente prolisso pur di leggere un parere su un horror di cui non frega un cazzo a nessuno o (come in questo caso) o di cui avrà già avuto accesso a un qualche migliaio di articoli e opinioni. Ma appunto, sono inutilmente prolisso (nonché vagamente offeso, so che avete annuito durante tutto l’ultimo paragrafo), quindi mi sforzerò di esporre qualche argomentazione in più:

Dead Rising è vergognosamente divertente

Prendete uno come Frank West, fotografo di guerra, reporter d’assalto, wrestler dilettante e badass a tempo pieno; mettetelo di fronte allo scoop di una vita e frapponete tra i due elementi un esteso tempio dello shopping popolato in ogni centimetro quadrato da migliaia di zombie, diversi sopravvissuti da portare in salvo e qualche occasionale psicopatico a piede libero, il risultato è purissima goduria ludica. La priorità assoluta è sopravvivere, e dovrete farlo sfruttando i mezzi che l’ambiente circostante vi metterà a disposizione. Vale a dire: qualunque cosa può essere raccolta e improvvisata come strumento di difesa e offesa. Se un coltello da caccia, una mazza da baseball o uno shotgun possono sembrarvi banali e scontati, basta guardarvi attorno: Un cestino del pattume? Una panchina? Un tosaerba? Un manichino da negozio di abbigliamento? Un televisore? Tutto fa brodo nelle mani del pragmatico Frank. Se può sfondare un cranio non-morto, è da considerarsi un’arma. Se non può… potete comunque raccoglierlo, usarlo, e magari scoprirne pure una qualche utilità alternativa. L’interattività con ciò che vi circonda è impressionante, e considerata la varietà di materia prima messa a disposizione dai più di 80 negozi presenti nel Willamette Parkview Mall, c’è ben poco da annoiarsi. E non che si corra il rischio di rimanere a corto di bersagli su cui sfogare cotanta creatività; per quanto possiate impegnarvi per decimare le orde di salme deambulanti & affamate, sarete sempre in soverchiante inferiorità numerica, rendendo il combattimento un’utile via per incrementare la conta di uccisioni o per aprirsi la strada verso una via di fuga, ma non certo un vantaggio a lungo termine, contro un’infestazione che procede a ritmi ben più alti rispetto alle vostre pur impressionanti potenzialità distruttive. Abituatevi ad avere una strategia, nel caso vogliate salvare la pelle.

Dead Rising è un sandbox atipico

Vi ho parlato dei margini d’azione pressoché sconfinati e della totale libertà di esplorazione. Bene, ora pensate a qualunque videogioco si basi su questi ingredienti, focalizzatevi su tutte le strategie e i trucchi del mestiere accumulati a riguardo… e dimenticateli. Dead Rising non è un GTA qualsiasi, o piuttosto, Dead Rising è infinitamente più malvagio di un GTA qualsiasi. L’orologio da polso di Frank è ben più di un semplice gadget alla moda: da queste parti non esiste missione (principale o opzionale che sia) che non risponda a rigidi limiti di tempo. D’altronde, le premesse sono chiare: il nostro cronista ha concordato 72 ore per documentare il terrificante incidente di Willamette prima che l’elicottero da cui è arrivato torni a prelevarlo e portarlo al sicuro, in quei tre giorni saranno tante le verità da scoprire, e nel mentre, non mancheranno occasioni di trovare sopravvissuti e accompagnarli verso la salvezza rappresentata da qualche rifugio di fortuna, oppure eliminare minacce ben più pericolose degli zombie stessi. Completare tutti gli obiettivi (o realisticamente, più obiettivi possibili) richiederà necessariamente una rigida disciplina e una severa gestione delle pochissimo tempo concesso di volta in volta. Poi, volete bighellonare, uccidere e saccheggiare senza un perché ed esentati da responsabilità alcuna? Liberi di farlo, ma così vedrete sfumare la possibilità di fare luce sulle cause dell’incubo che state vivendo, condannerete a morte sicura (o peggio) un sacco di innocenti… e quel che è peggio, perderete innumerevoli opportunità di accumulare esperienza e rinforzarvi… e questo ci porta al prossimo punto.

Dead Rising è un gioco hardcore

Una cosa dovrebbe oramai essere chiara: questo non è affatto il gioco più accomodante con cui vi capiterà di avere a che fare. Può essere che c’entri che sia nato soltanto agli albori della settima generazione di console (ossia, il picco più alto dell’user friendly mai registrato nella storia del gaming), ma poco importa; tutti i progressi che compirete ve li dovrete sudare, e in ogni caso, essi passeranno attraverso una coltre di sangue, sudore e rosari di bestemmie. Gli elementi GdR saldamente integrati nel gameplay non sono altro che una scusa per farvi ricominciare da zero più e più volte, dopo svariati e atroci decessi: Dead Rising è pensato in modo nemmeno tanto velato per essere gustato ed eventualmente portato a termine su più giocate, che difatti ripartiranno di volta in volta conservando il vostro livello e tutti i vantaggi che ne conseguono (dicasi: abilità e mosse speciali, aumenti nella barra di energia, potenza di attacco, slot dell’inventario, velocità di movimento ecc… oltre a specifici bonus sbloccati portando a termine specifici compiti). Avventurarsi più a fondo del dovuto durante la vostra prima escursione, con ogni probabilità si risolverà in maniera tutt’altro che onorevole e indolore alla prima situazione davvero intricata. Per dire, non illudano le masse di nemici standard, pericolose, ma nel più dei casi, aggirabili con (relativa) facilità; i boss (rappresentati da persone vive andate completamente fuori di testa), nonostante siano prevalentemente facoltativi, sono senza eccezioni una spina nel fondoschiena pressoché insormontabile per qualunque giocatore sprovveduto o non ancora sufficientemente attrezzato. E pure una meccanica di routine, quale salvare i sopravvissuti trovati qua e là nel centro commerciale, è un’impresa nient’affatto scontata, complice anche un’intelligenza artificiale da linciaggio (unico vero difetto del gioco, fortunatamente corretto già a partire dal sequel) che vi complicherà il più possibile la vita in barba a qualunque spirito umanitario (o sete di punti esperienza, di cui le escort missions sono per distacco la fonte più copiosa). Aggiungiamo (o meglio, ribadiamo) che tutto in Dead Rising sia una continua e spietata lotta contro il tempo, e il quadro che ne esce lascia ben poco spazio all’interpretazione: siamo di fronte a un’opera che richiede imprescindibilmente pazienza, impegno e resistenza alla frustrazione, cosa in nettissima controtendenza rispetto agli standard del gaming odierno, per cui spesso arrivare a una schermata di game over o a un punto morto richiede quasi più dedizione rispetto al godersi i titoli di coda. Solo per questo il più recente brand zombesco di Capcom merita con tutto il merito del mondo di ritagliarsi un proprio specifico spazio all’interno di un panorama mainstream sempre più standardizzato. Poi beh, scusate se insisto, ma…

Dead Rising è una megafigata del Cristo

Allora, ho appena ucciso con grande fatica un clown impazzito armato di due motoseghe grazie a un tubo di piombo racimolato nell’angolo di un magazzino e non senza aver dovuto ingurgitare l’ultimo cartone di latte; nel cercare altro cibo per curarmi mi imbatto in un paio di turisti asiatici, con cui riesco a comunicare e reclutare solo grazie a un dizionario di giapponese trovato nei dintorni; da lì a poco il tubo mi si spezza nello spaccare la testa a un ciccione frollato con tanto di carrello della spesa (vi ho già detto che TUTTI gli oggetti hanno una durata limitata?) e resto disarmato, e nel frattempo scopro che Shinji sta tirando le cuoia, inutili i tentativi di tirarlo fuori dal pic-nic che un centinaio di non morti hanno organizzato a sue spese. Pazienza, Yuu sta ancora benino. Attraverso il parco evitando le smitragliate dei tre evasi che scorrazzano nella loro jeep militare rubata, e ritorno nel distretto più vicino al rifugio, per scoprire che un culto a base di sacrifici umani ha preso possesso del multisala e dintorni. Riesco a raccogliere una palla da bowling con cui fracasso qualche scatola cranica e guadagno una manciata di metri, scatto un paio di foto, sperando di guadagnare abbastanza punti da sbloccare un nuovo livello, e riparto alla disperata, dribblando tanto gli zombie quanto i cultisti armati di coltelli ed esplosivi. Vorrei solo arrivare alla zona sicura, per poi dirigermi a North Plaza, dove pare ci sia un negozio di armi da fuoco ancora discretamente rifornito… non fosse che entro mezz’ora mi inizia una missione principale, e mi stanno chiamando via radio perché un superstite è appena stato avvistato esattamente dall’altra parte della mappa, ma sono troppo impegnato a farmi strada tra questi fottutissimi zom…”EHI, E’ MALEDUCAZIONE RIATTACCARE!”

Sul serio, come può essere concepibile non amare questo gioco?

Voto: 9/10

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Andrea Bruni

Vive praticamente di notte, ha un senso dell’umorismo estremamente malato, un cattivo gusto da annali, coltiva attivamente un senso critico/estetico che pure Ed Wood commenterebbe con un “Ma no, dai”, rifiuta con sdegno qualunque attività intellettuale che non sia coadiuvata da una bottiglia di birra dozzinale e ama scrivere di sé in terza persona senza una vera ragione. La cosa peggiore? Ne è perfettamente consapevole. Semplicemente, invece che affrontare e porre rimedio alle proprie cattive abitudini, questo individuo ha scelto di renderle socialmente accettabili, spacciandosi per sedicente esperto di horror.Pantomima riuscita al punto di convincere lo staff del Bosone di reclutarlo e affidargli una colonna ad hoc. Fino all’inevitabile momento in cui si accorgeranno dell’atroce errore commesso, il buon Nex sarà il vostro riferimento sulla roba spaventosa e/o truculenta in ogni sua forma.
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