Ecco perché dovremmo smettere di credere a ogni “rivoluzione” tecnologica che leggiamo

Siamo ormai circondati da notizie che gridano alla “rivoluzione tecnologica”, e in prima fila troviamo l’intelligenza artificiale. Ma quanto è davvero rivoluzionario ciò che viene propagandato così? Spesso si tratta solo di piccoli miglioramenti mascherati da grandi svolte. L’uso improprio del termine rischia di saturare la nostra percezione e di farci perdere di vista i reali cambiamenti e, soprattutto, i rischi concreti. Non è la prima volta che cadiamo in inganno quando parliamo di AI, ma forse ora la situazione sta sfuggendo di mano.

Rivoluzione o solo piccoli passi? L’inflazione delle parole nell’era dell’AI

La maggior parte dei cosiddetti progressi rivoluzionari non sono altro che evoluzioni graduali. Prendiamo l’intelligenza artificiale di cui si sente parlare ogni giorno tutto il giorno: molte delle sue innovazioni più recenti sono il risultato di miglioramenti su concetti che esistono da decenni. Non stiamo assistendo a una trasformazione radicale, ma piuttosto a un lento ma costante affinamento delle tecniche. La vera rivoluzione, come quella industriale o digitale, implica un cambiamento così radicale che non si può ignorare. E francamente, l’AI non è ancora a quel livello, almeno per ora.

Ogni volta che etichettiamo un progresso tecnologico come rivoluzionario, corriamo il rischio di sminuire i veri cambiamenti quando accadono. Se tutto è una rivoluzione, allora nulla lo è davvero. Ma c’è un altro rischio: concentrarsi solo sullo spettacolare e ignorare gli effetti collaterali. La retorica esagerata oscura problemi concreti come la disoccupazione tecnologica, la diffusione di pregiudizi nei modelli dell’AI e il potere crescente nelle mani di poche aziende tecnologiche. Non sono problemi da ignorare, e l’ossessione per la “rivoluzione” ci rende meno attenti a questi aspetti fondamentali.

intelligenza artificiale

Il cambiamento è un processo, non un lampo

In settori cruciali come la sanità e l’industria, l’adozione dell’intelligenza artificiale è stata più lenta e complessa di quanto i titoli sensazionalistici suggeriscano. Sebbene lei stia apportando cambiamenti, questi sono spesso graduali e necessitano di tempo per superare ostacoli tecnici, etici e sociali. Anche quando guardiamo ai settori più avanzati, come l’automazione industriale, la vera disruption è ancora lontana. La verità è che le narrazioni futuristiche sull’AI sono spesso più speculative che basate su realtà immediate.

Un aspetto che i titoli sensazionalistici (discorso che per deformazione professionale abbiamo molto a cuore) dimenticano spesso è che non è la tecnologia in sé a portare cambiamenti radicali, ma come le persone la utilizzano. L’IA potrebbe trasformare radicalmente settori come l’istruzione o la sanità, ma ciò dipenderà dalle decisioni umane, politiche e culturali. Senza il supporto giusto, anche le migliori tecnologie non raggiungono il loro potenziale. Un altro fattore importante è la resistenza al cambiamento: ogni innovazione incontra inevitabilmente ostacoli culturali, economici o burocratici. Per una vera trasformazione, servono molto più che semplici algoritmi.

E vogliamo parlare di rivoluzione quando ancora ci si lamenta che “l’AI ruberà il lavoro”?

Le vere rivoluzioni si vedono solo col tempo ed è la storia ad insegnarlo

Se guardiamo indietro nella storia, molte delle tecnologie che oggi consideriamo rivoluzionarie, come l’elettricità o Internet, hanno impiegato decenni per realizzare il loro pieno potenziale. Spesso, la parola “rivoluzione” viene usata solo retrospettivamente, quando possiamo finalmente apprezzare l’impatto su larga scala di un’innovazione. Oggi, l’intelligenza artificiale potrebbe essere considerata in fase embrionale: ciò che vediamo è solo la punta dell’iceberg, e il vero cambiamento si misurerà solo a posteriori.

Gianluca Cobucci

"Se c’è in giro una cosa più importante del mio IO, dimmelo che le sparo subito"
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