È il più piccolo, il più veloce, il più vicino.
Queste caratteristiche indiscusse salgono subito alla mente pensando a Mercurio, il primo dei pianeti del Sistema solare in ordine di distanza dal Sole, ma non sono le sole eccezionalità di cui l’astro può far mostra nel suo documento di identità; e dato che in questo periodo è tornato al centro dell’attenzione, vediamo, anche noi, di saperne di più in merito.
Facciamo conoscenza
Foto della superficie di MercurioCome detto in precedenza, Mercurio è il pianeta più interno del sistema solare e il più vicino alla nostra stella, orbitandole attorno ad una distanza media di 0,39 UA circa. Di fatti la sua orbita è la più piccola ma anche la più eccentrica (ossia quella meno circolare) rispetto agli altri pianeti del sistema, infatti il valore della sua eccentricità orbitale (il rapporto fra la distanza tra i due fuochi di un’ellisse e la lunghezza del suo asse maggiore) è abbastanza elevata, 0,205, ben 15 volte superiore a quella della Terra (0,0167).
Data la sua vicinanza al Sole, è ragionevole pensare che impieghi meno degli altri pianeti a girarci intorno; esso infatti compie una rivoluzione completa in circa 88 giorni terrestri (meno di tre mesi, un vero razzo!).Questo dato tornerà utile, e rivelerà la sua importanza, più in avanti, quando approfondiremo la nostra conoscenza.
C’è poi da considerare le dimensioni (già, in astronomia quelle contano, e come!), poiché Mercurio, pur essendo rimasto nell’elenco dei pianeti, è in realtà poco più grande della nostra Luna (circa 1,5 volte), il che lo rende il più piccolo tra quelli propriamente detti del sistema solare.
Altro dato notevole riguarda le temperature: la superficie di Mercurio infatti sperimenta la maggiore escursione termica tra i pianeti, con temperature che nelle regioni equatoriali vanno dai 100 K (-173 °C) della notte ai 700 K (427 °C) del giorno; le regioni polari invece sono costantemente al di sotto dei 180 K (-93 °C). A ciò contribuisce il fatto che il pianeta sia privo di un’atmosfera regolare, cioè paragonabile a quella della Terra, e che di conseguenza manca la redistribuzione del calore che normalmente questa svolgerebbe.
Infine ricordiamo che Mercurio è un pianeta di tipo «terrestre», ossia è prevalentemente solido, con una densità media alta (circa 5,5 g/cm3).
Piccolo, ma con un cuore grande
Schema raffigurante la struttura interna di MercurioPer approfondire la nostra conoscenza di Mercurio, cominciamo dall’aspetto fisico.
Già dalle prime osservazioni storiche della seconda metà del 1800 gli astronomi riportarono un tipo di superficie simile a quella della Luna, ossia butterata da crateri che ne ricoprivano buona parte; ma le prime conferme vennero solo intorno agli anni 70 del 1900, quando la sonda Mariner 10, inviata appositamente per studiarlo, ne trasmise le prime immagini. I crateri più piccoli di Mercurio hanno diametro minore di 10 km, quelli più grandi superano i 200 km e prendono il nome di bacini. Al centro di molti crateri, spesso riempiti da antiche colate laviche ancora evidenti, s’innalzano piccole formazioni montuose. Il bacino più grande e più noto è il Mare Caloris, dal diametro di circa 1.500 km: si tratta di una grande pianura circolare circondata da anelli di monti. Questo bacino deve il suo nome al fatto che si trova sempre esposto alla luce del sole durante il passaggio di Mercurio al perielio e pertanto è uno dei punti più caldi del pianeta. Da recenti calcoli dati dal primo passaggio della sonda MESSENGER (acrinimo inglese per MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry and Ranging, una sonda lanciata nel 2004, e che dal 2011 al 2015 ha esplorato Mercurio) si è rilevato un rimpicciolimento del pianeta di circa cinque chilometri. Questo è dovuto al fatto che, probabilmente, il suo nucleo di liquido ferroso si sta raffreddando, di conseguenza esso si solidifica e il volume dell’intero pianeta diminuisce. Queste modifiche si fanno sentire anche in superficie frastagliando la crosta.
Precedentemente abbiamo menzionato l’elevata densità di Mercurio, definendolo pianeta di tipo «terrestre»; tuttavia, mentre l’alta densità terrestre è il risultato dell’alta compressione gravitazionale al suo interno, Mercurio è molto più piccolo e le regioni interne non sono compresse come quelle terrestri, pertanto per avere una tale densità, si suppone che il suo nucleo debba essere relativamente grande e ricco di ferro. I geologi stimano che il nucleo di Mercurio occupi circa il 42% del suo volume, mentre per la Terra questa percentuale è del 17%. Una ricerca pubblicata nel 2007, unita alla presenza del debole campo magnetico, suggeriscono che Mercurio possieda un nucleo metallico fuso elettricamente conduttore, circondato da un mantello dello spessore di 500–700 km composto da silicati. Sulla base dei dati della Mariner 10 e di osservazioni compiute dalla Terra, la crosta di Mercurio è ritenuta essere spessa 100–300 km. Una caratteristica distintiva della superficie di Mercurio è la presenza di numerose creste strette, che si estendono fino a diverse centinaia di chilometri in lunghezza. Si ritiene che queste si siano formate, come già affermato poc’anzi, dal raffreddamento e dalla contrazione di nucleo e mantello, successivi alla solidificazione della crosta.
Uno che non si dà molte arie
Le ridotte dimensioni di Mercurio sono una caratteristica distintiva del pianeta, ma recano delle conseguenze dirette non trascurabili, una fra queste è la minore gravità; sulla superficie l’accelerazione di gravità è mediamente pari a 0,377 volte quella terrestre, questo vuol dire che un uomo di 70 kg su Mercurio ne peserebbe 25,9 kg, lasciando invariata la taratura della bilancia su cui si è pesato. Questa bassa gravità è il motivo della già citata mancanza di una vera e propria atmosfera, mentre si riscontrano esili tracce di gas, probabilmente frutto dell’interazione del vento solare con la superficie del pianeta. La composizione «atmosferica» è stata determinata come segue: potassio (31,7%), sodio (24,9%), ossigeno atomico (9,5%), argon (7,0%), elio (5,9%), ossigeno molecolare (5,6%), azoto (5,2%), anidride carbonica (3,6%), acqua (3,4%), idrogeno (3,2%).
La pressione atmosferica al suolo, misurata dalla sonda Mariner 10, è nell’ordine di un millesimo di pascal, contro i 101.325 Pa (è il simbolo del Pascal, l’unità di misura usata per la pressione atmosferica, appunto) di pressione media terreste.
Mercurio, un ballerino provetto
Rappresentazione del moto di precessione del perielio dell’orbita di MercurioL’elenco delle particolarità di Mercurio non finisce con quanto detto fin’ora, infatti manca ancora da dire qualcosa sulla sua orbita.
Abbiamo già accennato al fatto che l’orbita di Mercurio risulta essere ellittica ma non c’è solo questo: è infatti soggetta alla precessione del perielio (ossia lo spostamento del punto di minima distanza dal Sole), effetto che mise in difficoltà gli astronomi del XIX secolo, tanto da ipotizzare che ci fosse un pianeta gemello, Vulcano. Esso risulta spiegabile al momento attuale solo tramite la teoria della relatività generale, che proprio su questo fenomeno ha avuto uno dei suoi banchi di prova. Mercurio si muove su un’orbita di eccentricità 0,2056, a una distanza dal Sole compresa fra i 46 e i 69 milioni di km, con un valore medio di 58 milioni di km (rispettivamente 0,307, 0,466 e 0,387 unità astronomiche). Il periodo siderale di Mercurio è di 88 giorni. Il piano orbitale è inclinato sull’eclittica di 7°. Il moto di rotazione mercuriano è molto lento: esso impiega 58,6 giorni per compiere un giro su sé stesso, e completa quindi tre rotazioni ogni due rivoluzioni (un chiaro esempio di risonanza orbitale), questo fa sì che la durata del giorno solare (176 giorni) sia il doppio della durata dell’anno (88 giorni): Mercurio è l’unico pianeta del sistema solare sul quale la durata del giorno è maggiore del periodo di rivoluzione. Come appena accennato le anomalie osservate nell’orbita del pianeta fecero ipotizzare a Urbain Le Verrier nel 1859, in virtù delle sole dinamiche Newtoniane, l’esistenza di un altro pianeta, che chiamò Vulcano; si supponeva che l’orbita di Vulcano si svolgesse interamente all’interno di quella di Mercurio. Il primo a dare una spiegazione corretta delle anomalie della precessione del perielio dell’orbita di Mercurio, come già visto, fu Albert Einstein grazie alla relatività generale, nel 1915, con la quale calcolò con precisione il moto del pianeta, senza far entrare in gioco perturbazioni d’altro genere. Grazie ad Einstein sappiamo che in virtù della forte interazione gravitazionale, l’orbita di Mercurio ruota lentamente intorno al sole alla maniera di un hula-hoop, variando così alcuni parametri che altri pianeti mantengono invece più stabili.
Giusto per dovere d’informazione, nel caso qualche curioso volesse cimentarvisi, riportiamo di seguito la formula per calcolare il valore dell’avanzamento previsto da Einstein, che è:
in cui:
ΔπR = valore dell’avanzamento del perielio dato dalla relatività generale, da sommare a quello previsto dalle perturbazioni newtoniane;
n = moto medio del pianeta;
a = semiasse della sua orbita;
e = eccentricità orbitale;
t = tempo;
c = velocità della luce nel vuoto.
Il motivo del viaggio
Nonostante sappiamo così tanto riguardo a Mercurio, esso è ancora motivo di interesse perché di fatto è stato il meno studiato tra i pianeti del sistema solare. Inoltre, data la sua posizione così interna, è l’unico, oltre a Venere, a farci dono della più naturale dimostrazione della veracità (qualora ce ne sia ancora bisogno) del sistema concepito da Keplero e poi formalizzato da Galilei e Newton, mostrandosi mentre passa dinnanzi al sole con la naturalezza di chi compie il suo lavoro e basta. Altra testimonianza che la potenza della natura la si può scorgere anche attraverso la semplicità di certi avvenimenti.
FONTI
Il materiale è stato tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera, in virtù dei dati maggiormente aggiornati.
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