Fingerbones: la Recensione (dopo la tempesta)

Abbiamo dato fiducia a Fingerbones per l esordio della nostra rubrica AdventureGamers. Non ci siamo trovati proprio benissimo (ma per fortuna ora abbiamo un altro gioco per le mani).

Fingerbones, purtroppo per le avventure grafiche (il genere che amo più di tutti) è un titolo scadente. E non prendiamo fischi per fiaschi: ciò non necessariamente è collegato al fatto che sia free to play.

Separiamo quindi la paglia dalla pula e parliamo di questo gioco, indipendentemente dalle categorie.

Alla schermata iniziale… siamo già dentro Fingerbones. Nessuna introduzione nè accenno alla storia. E’ vero che si suppone che non ci sia un gran background in quanto tutto viene narrato attraverso i fogli rinvenibili nei livelli di gioco, ma qui per “nessuna introduzione” si intende una totale assenza di tutto: titoli di testa, breve filmato o anche semplice testo.

L’interfaccia è nulla e tramite il tasto ESC si giunge ad una schermata di configurazione degna di Windows 98, peraltro anche poco fruibile in quanto in opacità non sufficiente a distinguere bene immediatamente le voci di menu.
Neanche il termine “minimale” basta a descrivere correttamente ciò che ci si trova davanti, perchè il minimalismo presume perlomeno un minimo di stile. A complicare le cose un settaggio del mouse di default a sensibilità ultra, che vi farà venire il mal di mare fino a quando non avrete sistemato il valore nelle opzioni.

Fingerbones non punta sulla grafica

La grafica è quadrettata e sgranata all’ennesima potenza. Vorremmo poter difendere questo titolo dicendo che è un voluto “effetto Minecraft”, ma non è così. La causa è semplicemente la totale mancanza di textures raffinate, su modelli del resto abbastanza grezzi. Mi è stato veramente difficile intuire da un oggetto appoggiato su un mobile che fosse una torcia prima di averla raccolta, cliccandoci sopra per caso alla disperata ricerca di indizi che mi sbloccassero. Peraltro nemmeno gli oggetti “notevoli”, cioè necessari al proseguimento della trama, hanno un livello di dettaglio maggiore rispetto alla media del gioco. Il punto focale grazie al quale la trama viene svelata, dei semplici fogli di carta sparsi qua e là, è in realtà lo stesso modello ripetuto più volte.

fingerbones screen 1
La quadrettatura si vede anche da lontano

Le azioni (escluso il movimento) sono pochissime, anzi una: “esegui”, collegata al tasto sinistro del mouse e contestualizzata in base al oggetto con cui si interagisce.

Fingerbones non punta sulla complessità

Nonostante gli ambienti siano davvero pochissimi (e cioè tre), si trova il modo di essere ripetitivi. In un ambiente che dovrebbe riprodurre uno spazio di vita orientato a soddisfare tutte le necessità c’è una pluralità di tavoli ed una colonia (presumibilmente a fini riproduttivi) di attrezzi da lavoro, contenuti o appoggiati su numerose scatole. In questo pur piccolo spazio di tre stanze la disposizione degli oggetti “notevoli” è studiata male, senza una progettazione di un flusso di azioni nello spazio. Anzi, almeno in base alla mia impressione, lo scopo è stato probabilmente di sparpagliare le cose il più distante possibile fra di loro in modo da renderle difficilente trovabili e da rendere lungo il tragitto fra esse.
Questo credo sia stato ideato come acuto stratagemma per allungare artificialmente il tempo di gioco.

fingerbones screen 2
Ampi spazi pieni di… niente

A ciò si aggiunge una controintuitività di base che, seppure semplificando il design, rende il tutto scarsamente fruibile. Per esempio, il sistema di sblocco porte basato su un terminale elettronico. Il terminale è uno per tutte, e progressivamente si scopriranno indizi per sbloccare le porte una per una. Purtroppo però le porte sono su più piani (non fatevi strane idee, sono solo due), mentre il terminale è solo su un piano. Questo ci obbligherà a salire di un piano solo per poter reinserire la password di turno e tornare giù appena fatto.

Non aiuta di certo il fatto che il movimento sia costretto ad un andatura per niente umana in quanto poco fluida, ma soprattutto dalla velocità uniforme ed estremamente bassa.

Fingerbones non punta sul comparto sonoro

Il sound design è pessimo e sbilanciato: un generatore di corrente che fa decisamente troppo rumore, un generale silenzio senza uno straccio di colonna sonora, un suono di conferma della validità di un codice da inserire in un terminale che guardacaso corrisponde esattamente al suono che ogni terminale elettronico in ogni gioco utilizza per segnalare un ERRORE, generando così confusione. Nessun accompagnamento visuale al suono, nemmeno quando è già presente una sezione illuminata di rosso. Sarebbe bastato illuminarla di verde. Unica eccezione in questo scenario disperante, i suoni ambientali di una certa zona. Pochi e presto ripetitivi, ma abbastanza inquietanti.

fingerbones screen 3
La torcia che illumina in modo perfettamente circolare è una chicca

La trama è esile e narrata esclusivamente attraverso i fogli sopradetti. Ed anch’essi spiegano poco e niente ed a spizzichi e bocconi, vuoi perchè sono pochi, vuoi perchè la trama non c’è. La fluency della fruizione della trama non è studiata nè aiutata da un sistema di indizi o suggerimenti . Sommando ciò alla controintuitività di cui vi si parlava pocanzi, vi ritroverete spesso bloccati senza una vaga idea di cosa fare. Come abbiamo già detto in precedenza, il playtime, di fatto cortissimo, si allunga esclusivamente a causa dei lunghi tragitti a velocità di bradipo dal luogo preposto ad un azione ad quello preposto alla successiva. Unica nota di merito: il colpo di scena finale.

Inutile dire che la replayability è zero. Questo non è propriamente un requisito delle avventure grafiche, in quanto proprio per loro natura tendono ad essere fruibili una volta sola (anche se ci sono notevoli eccezioni!). Tuttavia qualche variazione magari avrebbe indotto l utente a riprovarci…  o forse no.

Insomma, con nostro grande dispiacere il responso su Fingerbones è una bocciatura secca. Il voto non è minore solo perchè è evidentemente amatoriale, ma non si capisce come mai sia su Steam come titolo completo.

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Joliet Jake

Nato in una assolata e ridente (?) valle ai confini con la Svizzera, Joliet Jake sfruttò, dalla nascita, questo profluvio di orologi e cioccolato per la sua crescita. Un’errata proporzione nel mix ottenne lo straordinario risultato di farlo arrivare sempre in ritardo e di dipendere dal cioccolato per la propria sopravvivenza. Informatico per passione, ha molti interessi e mirabilmente riesce a fallire in tutto in modo omogeneo. Autore di testi di vario genere per formazione e velleità, si prodiga nella redazione di castronerie astrali. Vi conviene leggere i suoi scritti prima che scompaia ed il suo genio venga riconosciuto postumamente da archeologi in cerca di reliquie letterarie(digitali) di alto lirismo. Che però saranno convinti che la lingua dei testi sia il turcomanno antico.
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