Un team di ricercatori del Project CETI (Cetacean Translation Initiative) sta lanciando quello che, secondo loro, sarà il più grande progetto di ‘comunicazione interspecie’ mai realizzato. La specie in questione? I capodogli, mammiferi marini famosi per i loro cervelli giganti ed un linguaggio costituito da ticchettii. E anche se l’impresa sarà difficile, i ricercatori avranno a loro disposizione intelligenza artificiale, droni e persino pesci robotici.
Il National Geographic ha riportato i più recenti aggiornamenti sui progressi del team: il capo del progetto, David Gruber, un biologo marino e National Geographic Explorer, ha delineato il progetto che mira in ultima analisi ad aiutare le persone a riconnettersi con la vita marina ed il mondo naturale in generale.
‘Avevo l’idea che se fossi riuscito a far innamorare le persone delle meduse, avrebbero potuto innamorarsi di qualsiasi cosa’, ha detto Gruber al National Geographic ‘Ma c’è qualcosa nelle balene che attira davvero molto la curiosità umana’.
Mentre Gruber studiava il linguaggio delle balene, un collega informatico sentì i clic delle balene e disse che ricordavano il codice Morse, un alfabeto in cui le lettere sono rappresentate da combinazioni di segnali luminosi o sonori di varia lunghezza. Da lì, Gruber ha stretto una collaborazione con questo suo collega e molti altri ricercatori specializzati in intelligenza artificiale si sono uniti a loro.
Come spiega Gruber, lui ed i suoi colleghi ricercatori vogliono aumentare notevolmente il catalogo esistente di conversazioni delle balene. Per addestrare algoritmi di apprendimento automatico in grado di raccogliere modelli rilevanti dai set di dati, i ricercatori devono passare dai pochi dati che hanno ai ‘big data’. In effetti, Gruber afferma che al momento sono disponibili solo poche migliaia di esempi di comunicazione di balene: affinché gli algoritmi funzionino, i ricercatori dovranno raccoglierne milioni.
Per raccogliere l’enorme quantità di conversazioni necessarie, il team CETI sta eseguendo uno sforzo su più fronti. Il team avrà, ad esempio, una serie di microfoni piantati sul fondo dell’oceano vicino a punti spesso frequentati dai capodogli. Rilascerà anche dei ‘pesci robotici morbidi’ che nuoteranno a fianco delle balene, catturando le loro comunicazioni. I ricercatori useranno persino i droni per far cadere i microfoni nell’acqua dall’alto.
Se funzionerà, Gruber dice che questo diventerà probabilmente il più grande set di dati sul comportamento degli animali mai esistito. E se gli algoritmi saranno in grado di decifrare il linguaggio delle balene, i ricercatori non solo saranno in grado di capire quello che si dicono, ma anche di comunicare con loro sperando di averne un riscontro coerente.
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