Eccoci con un nuovo articolo sulle stravaganti creature che popolano gli abissi oceanici… E non solo. Un nuovo studio sull’evoluzione, infatti, avrebbe confermato che i geni di animali primordiali di 555 milioni di anni fa sopravvivono ancora in noi.
I nostri antenati marini
Negli oceani delle prime Ere della Terra si aggiravano creature senza testa, simili a foglie, o lacrime, animali primitivi che si nutrivano di ciò che offrivano i fondali marini e vagavano negli abissi. La loro forma straordinaria, diversa da qualsiasi altra specie mai esistita, ha fatto dubitare per anni il fatto che fossero effettivamente animali. Ma lo erano, e anche se per qualcuno suonerà strano sapere di avere antenati rangeomorfi in grado di cambiare la loro forma e il loro aspetto, sembra che ancora oggi alcuni dei loro codici genetici sopravvivano in noi, e che il loro DNA non fosse poi così diverso dal nostro.
Affascinanti primordiali creature
Secondo le parole di Scott Evans, ricercatore presso la Virginia Tech, “Questi animali erano sono super bizzarri, e non hanno assolutamente l’aspetto degli animali per come ce li immaginiamo oggi”.
Ovviamente, parlare di organismi complessi sarebbe sbagliato: gli animali di 555 miloni di anni fa erano creature appena più evolute delle spugne, ma rappresentano comunque uno step importante per l’evoluzione. Infatti, questi animali Ediacariani erano i primi organismi multicellulari ad essere mai esistiti, rendendoli di fatto i nostri antenati.
La natura misteriosa e unica di queste creature ha reso difficile per i ricercatori capire in che modo questi organismi fossero effettivamente implicati nel processo evolutivo. Per questo motivo, il professor Evans e i co-autori dello studio, la professoressa di geologia presso l’università della California Mary Droser e il biologo del Museo di Storia Naturale di Washington D.C. Douglas Erwin, hanno studiato fossili di 4 generi differenti, che analizzavano ben 40 specie di animali Ediacariani.
Lo scopo della ricerca era quello di scoprire in che modo queste creature antichissime fossero relazionate agli animali di oggi, e in che modo si fossero evolute.
I quattro tipi di creature analizzate sono state: la Dickinsonia, un animale dalla forma ovale, la Kimberella, a forma di lacrima, il Tribachidium, completamente immobile e ancorato al fondale, e la Ikaria, una sorta di animale simile ad un verme scoperto di recente anche grazie al lavoro del professor Evans.
Nonostante le enormi differenze nell’aspetto, queste creature condividono alcuni aspetti fondamentali con gli animali di oggi, come la forma del corpo simmetrica e i corpi segmentati, che costituiscono una prova importante del collegamento con i loro dicendenti, perché indicano che questi “mostri” oceanici possedessero già i cosiddetti geni regolatori, che sono tra i geni più importanti degli animali moderni.
Un po’ di genetica
I geni regolatori servono per “dire” agli altri geni cosa fare. Quindi, se un animale moderno ha un codice genetico specifico per gli occhi, avrà anche dei geni regolatori che comunicano al corpo dove devono essere gli occhi. E questo vale per ogni segmento del corpo, che grazie a questi geni decide quale parte sarà la testa e quale i piedi. Ad esempio, il corpo simmetrico della Dickinsonia suggerisce che fosse già in atto un processo evolutivo che avrebbe portato ad un corpo più complesso, anche se per le creature di 500 milioni di anni fa, i segmenti avevano tutti la stessa funzionalità.
“Il fatto che possiamo dire che questi geni erano operativi in qualcosa che è ormai estinto da mezzo miliardo di anni è davvero affascinante, ai miei occhi“, ha dichiarato Evans.
Ma lo studio, pubblicato lo scorso 24 Febbraio su Proceedings of the Royal Society B, non si ferma semplicemente ai geni regolatori. Secondo i ricercatori, gli animali Ediacariani possedevano codici genetici anche per tratti più complessi, come muscoli e nervi, nel loro genoma.
La maggioranza di queste creature, infatti, si procacciava cibo attivamente piuttosto che filtrarlo dall’ambiente circostante. Ciò suggerisce indirettamente che questi animali portavano dentro di loro quei geni responsabili della formazione di sistemi nervosi rudimentari e organi sensoriali che li aiutassero ad individuare e recuperare cibo dai fondali marini.
Inoltre, alcuni dei fossili di Dickinsonia avevano delle cicatrici visibili, segno che queste creature erano in grado di riparare i loro tessuti grazie al processo di morte programmatica delle cellule, un’altra funzione controllata da quei geni regolatori che ancora oggi troviamo nei moderni animali.
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