Inserire un gene umano in un topo può sembrare roba da fantascienza, ma un gruppo di scienziati l’ha fatto davvero. E il risultato? I topi hanno cominciato a “parlare” in modo diverso, o meglio
modificato il loro modo di vocalizzare, fornendo indizi preziosi su come una singola mutazione possa aver inciso nella nostra capacità di comunicare.
Gene del linguaggio umano nei topi: cosa cambia davvero nella comunicazione
Tutti i cuccioli di topo emettono richiami ultrasuoni per attirare l’attenzione della madre, ma quelli portatori della variante umana del gene NOVA1 hanno prodotto suoni diversi: più acuti, con una selezione inedita di “sillabe”.
I ricercatori li hanno analizzati e classificati secondo un codice già noto (con “lettere” chiamate S, D, U e M) scoprendo che l’equilibrio tra queste componenti cambiava in modo significativo. Una sorta di riorganizzazione del vocabolario sonoro, pur mantenendo la struttura di base.
Col passare delle settimane, la differenza si è accentuata. I maschi adulti modificati durante il corteggiamento emettevano vocalizzazioni più complesse e articolate rispetto ai loro simili. Non solo parlavano (per modo di dire) in modo diverso, ma lo facevano nei momenti chiave della socialità animale.
Segno che il gene non altera soltanto l’emissione dei suoni, ma interviene nei circuiti della comunicazione. Tra l’altro, qualcosa di simile l’abbiamo già vista con la storia di Noc il beluga parlante.

La proteina NOVA1 è presente in molti animali, ma nella nostra specie presenta una variazione minuscola: una sola sostituzione tra due aminoacidi nella posizione 197 della catena, da isoleucina a valina. Eppure, quell’impercettibile cambio sembra sufficiente a modificare il comportamento di interi gruppi di geni legati alla vocalizzazione. Non influisce sulle funzioni motorie o cognitive di base, ma regola selettivamente l’attivazione genetica nei processi legati alla produzione del suono.
C’è un dettaglio ancora più intrigante: né i Neanderthal né i parenti più lontani Denisoviani avevano questa variante. Condividevano con gli altri animali la versione più antica di NOVA1. La mutazione sembra quindi essere emersa solo nei moderni Homo sapiens, all’interno di una popolazione africana ancestrale, e da lì si è diffusa.
Ma quindi se la comunicazione complessa ha offerto un vantaggio nella cooperazione, nella trasmissione del sapere e nella costruzione di reti sociali, allora quel microscopico scarto genetico potrebbe aver avuto conseguenze enormi. Non sulle corde vocali, ma sulla nostra capacità di essere umani.
https://www.iflscience.com/scientists-gave-mice-a-human-language-gene-and-something-curious-unfolded-79788