Hideo Kojima, il papà di grandi saghe videoludiche come Metal Gear e Zone of the Ender, pare aver detto la sua sui giochi Battle Royale che oggi vanno tanto di moda.
Sul palco del Comic-Con di San Diego, presentando la copertina di Death Stranding in anteprima mondiale, si è espresso contro il genere più remunerativo del settore dei videogames.
Le parole di Hideo Kojima
Quando ho fondato Kojima Productions , la cosa più semplice da fare per guadagnare soldi sarebbe stata realizzare un gioco in cui gli utenti si trovano su un’isola e ognuno spara all’altro…
Dire questo gli ha fatto guadagnare un grandioso applauso e la stima di tutti quei giocatori che disprezzano questo genere competitivo così bistrattato. Perché non sembra, ma sono tantissimi (anche tra i giocatori più assidui).
Hideo Kojima però non ce l’aveva fondamentale con Fortnite, PUBG e simili – anche se condanna questo genere – e continua affermando:
la creatività è ciò che ci fa andare avanti. Viviamo in un’era dove la creatività è dettata dagli algoritmi: è diventata quasi insignificante. È importante dare una forte risposta a tutto questo.
I Battle Royale sono il male?
Lo sviluppatore pare aver fatto più che intendere che creare una Battle Royale è sinonimo di poca creatività … Ma il successo di determinati giochi è innegabile.
La cima del podio, com’è noto, è occupata da Fortnite che è quello che più di tutti ha conquistato le masse; paradossalmente il “tutti contro tutti” o lo spararsi liberamente a vicenda, non è un genere totalmente nuovo e la mia generazione – cresciuta con Quake – lo ricorda bene.
Più che avercela con i giochi citati, Hideo Kojima sembra piuttosto mirare a chi uccide la creatività, dando priorità alla mera commercializzazione dei prodotti videoludici. Non è casuale che i titoli di ultima generazione siano tutti abilitati alle microtransazioni e acquisti in-game che chiaramente, sono una manna per l’economia del genere ma rappresentano anche una minaccia per la componente artistica, fattore scatenante della nostra passione.
Che la minaccia dell’avvento di una generazione di videogiochi privi di spirito sia reale, è percepibile dalle parole preoccupate di uno dei più grandi contributori creativi del settore.
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