Se il primo capitolo di IT, uscito nel 2017, era riuscito a convincere anche i più scettici, lo stesso non possiamo dire per il suo sequel (It Capitolo 2), sbarcato nelle sale italiane il 5 settembre scorso. C’erano grandi aspettative per la seconda parte della storia, che vede i Perdenti ormai adulti e alle prese con le loro vite, e gran parte di queste aspettative sono rimaste purtroppo deluse.
It 2, un compito non facile
Il regista, Andy Muschietti, aveva un compito non da poco: portare sul grande schermo la parte di libro più difficile e complicata, e condensare in 2 ore e 45 minuti la prosa prolissa e massiccia di Stephen King (di cui parliamo ulteriormente qui). E se per molti elementi il film riporta fedelmente le vicende raccontate nell’opera originale, per quelli più fondamentali si perde, li sorvola, li ignora.
La direzione presa da Muschietti sembra voler essere quella di un horror tipico, da manuale, con omaggi di qualità ad altri film del genere: la scena di Beverly con la vecchietta inquietante è un richiamo a Rosemary’s Baby, ed è anche uno dei momenti di “paura” migliori del film.
Così come quella della casa degli specchi, dove Bill ha un confronto spaventoso con Pennywise in un chiaro cenno a La Signora di Shanghai.
Insomma, scene di altissima qualità e grande impatto visivo, che però sono solo rari sprazzi di genio che vengono continuamente intervallate dai classici jumpscares e da piccoli intermezzi comici che sebbene riescano a dare un ritmo palpitante e avvincente al film, non convincono davvero del tutto.
La scena di Mrs. Kersh ci aveva terrorizzato nel trailer e costituisce uno dei momenti migliori del filmLa bravura di Muschietti nel trasporre il libro di King sta tutta nelle scene meno terrificanti: quando il passato e le vite personali dei protagonisti vengono esplorate, è lì che il film è davvero in grado di darci quella paura più profonda e viscerale che costituiva l’intero senso dell’opera originale; peccato che queste scene siano pochissime e superficiali, e che siano state sacrificate per fare spazio alle apparizioni terribili e spaventose del clown malvagio.
C’è comunque da dire che Bill Skarsgård ci offre di nuovo un’interpretazione eccellente: la sua recitazione di livello e la sua mimica facciale rendono Pennywise un mostro veramente osceno, e che fa seriamente paura, nonostante il regista abbia voluto usare espedienti più “facili” come i jumpscares, appunto, e i tempi tecnici tipici del film horror, che ad onor del vero sono stati eseguiti in maniera magistrale.
Per la seconda volta, Bill Skarsgård ci regala un’interpretazione magistrale, di alto livello. Il film vale la pena anche solo per vederlo nei panni del terribile Pennywise.Le interpretazioni del resto del cast non deludono: in particolare, spicca quella di Bill Hader nel ruolo di Richie Tozier, una bella prova attoriale che avrebbe potuto esprimersi ancora meglio se la storia personale di questo personaggio avesse avuto più spazio. Anche James McAvoy e Jessica Chastain portano sullo schermo una buonissima recitazione; ancora, è un peccato che lo spazio per poter comprendere ed esplorare meglio la vita dei protagonisti sia stato così poco e superficiale.
La riflessione
Come abbiamo già detto, il film finisce per staccarsi in modo piuttosto significativo dall’opera madre; chiunque avrebbe dovuto aspettarselo. Lo stesso King che ha dato la sua incondizionata approvazione alla trasposizione, se lo aspettava e nonostante ciò, ha sempre appoggiato il progetto.
Perché la verità è che fare i “puristi” con questo film non solo è impossibile, ma è anche inutile: il libro è costituito da oltre mille pagine di fitta prosa che si inerpica per le tortuose e complesse strade della metafisica, dell’introspezione, dell’esplorazione interiore.
Non era possibile proporre al grande pubblico un film che contenesse gli elementi che hanno reso il libro il miglior horror contemporaneo mai scritto. E così, Muschietti ha dovuto sacrificare quegli elementi che sarebbero stati più ostici per gli spettatori, come la Tartaruga, la vera natura di IT (che viene esplorata in minima parte), e i continui e ossessivi richiami dei protagonisti alla loro infanzia.
In conclusione: IT Capitolo due è un bel film? Certamente, se consideriamo che è nato come un horror che ha il solo intento di accontentare il grande pubblico. Ma se lo analizziamo dal punto di vista delle possibilità, IT 2 è un’occasione sprecata che aveva tutti gli elementi per essere un film di altissima qualità e che si è accontentato di essere un film appetibile per il maggior numero di spettatori possibile.
Il fatto è che Muschietti non ha mai avuto pretese artistiche o cinematografiche di altissimo livello: per questo, il film va preso per quello che è: un bell’horror spaventoso, realizzato da manuale, senza alcun elemento innovativo particolarmente rilevante.
Chi cerca le atmosfere del terrore e gli omaggi lovecraftiani dell’opera originale, dove la natura soprannaturale di IT nel film è da cercare nello spazio ignoto (come vediamo in Annihilation, per esempio) e ti mangia le viscere, non ha che una scelta: leggere il libro che è la soluzione migliore per non rimanere delusi dalle trasposizioni che ne seguono.
Menzione speciale: Stephen King fa un cameo veramente carino. Sarà stato il suo regalo di compleanno?
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