Questo è un ottimo romanzo anche se non il migliore che abbia letto. Con lucidità Huxley dipinge un quadro in cui ogni impulso umano è stato analizzato, incanalato, contenuto “per il bene dell’umanità”. Una nuova realtà che rende tutti felici, ma lo sono davvero? Un quadro disarmantemente realistico sulle possibili derive della scienza e della società in un mondo piagato da problemi come la sovrappopolazione e la scarsità di risorse. Uno scenario alla “Io, robot” dove l’istinto umano e la libertà sono imbrigliati in nome del pacifico convivere e dove l’uomo viene “salvato da se stesso”. Huxley ci chiede cosa vuol dire essere umani, ci chiede se ciò che ci danna e ci rende impossibile l’esistenza, che ci fa soffrire e che malediciamo ogni giorno, non sia proprio il succo della vita, ciò che ci permette di chiamarla proprio con quel nome. Profonda ed intima riflessione che vale la pena di fare.
La seconda parte del libro – intitolata “Ritorno al mondo nuovo” – è invece abbastanza noiosamente enciclopedica, ed è tesa con vari esiti (ricordiamo che le informazioni risalgono alla data di pubblicazione del libro, cioè i primi decenni del ‘900) a dimostrare come nella società moderna siano già presenti i primi vagiti del “nuovo mondo”. Cosa vera, ma per fortuna con uno sviluppo meno veloce di quanto l’autore prevedesse. In ogni caso il “ritorno al mondo nuovo” non è quindi un secondo romanzo ma un trattato sociologico, quindi ai fini puramente letterari/ricreativi può essere agevolmente saltato.
Qui trovate una dettagliata scheda del libro, che entra nel dettaglio della trama.
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