L’audace esperimento di Monika Schleier-Smith, scienziata presso la Stanford University, promette di aprire nuovi orizzonti nella comprensione dell’universo. La sua ricerca si concentra sulla riproduzione in laboratorio dello spazio-tempo, il “tessuto” a quattro dimensioni che costituisce la realtà in cui viviamo. Il principio olografico sta alla base di questo tentativo rivoluzionario, che potrebbe portare a significative implicazioni per la fisica quantistica.
L’Universo tutto può essere ricreato in laboratorio? Teoricamente, sì
Il laboratorio di Schleier-Smith diventa un crogiolo dove la relatività generale di Einstein incontra la meccanica quantistica. Entrambe le teorie, colossi indiscussi del pensiero scientifico moderno, descrivono l’universo in modi eccezionalmente accurati ma profondamente diversi.
La relatività generale dipinge la gravità come una deformazione del tessuto spazio-temporale, mentre la meccanica quantistica incanta con la sua descrizione del mondo microscopico. Tuttavia, quando si tenta di unificare queste due descrizioni in un’unica teoria coerente, emergono complicazioni notevoli. Il lavoro di Schleier-Smith ha l’ambizione di riconciliare queste differenze, tentando di osservare come le entità operanti a livelli microscopici possano dar vita all’ampio panorama spazio-temporale che conosciamo.
In questo contesto, il principio olografico offre una pista intrigante. Originariamente proposto da Gerardus t’Hooft e successivamente sviluppato da Leonard Susskind, il principio è stato connesso alla teoria delle stringhe da Juan Maldacena. Questa congettura sostiene l’idea di un universo le cui leggi fondamentali potrebbero essere descritte completamente da una teoria che si svolge in dimensioni inferiori, un po’ come un ologramma bidimensionale (questo articolo dell’INFN spiega molto bene di che si tratta: https://home.infn.it/it/feed-news/2130-l-universo-come-ologramma-la-teoria-cosmologica-e-compatibile-con-i-dati-sperimentali ) che contiene tutte le informazioni di un oggetto tridimensionale.
Maldacena ha immaginato l’universo come una sorta di scatola, all’interno della quale tutto il contenuto è inciso sulla superficie (no, non intende dire che la Terra è piatta). Schleier-Smith si appoggia a questa visione, sostenendo che la gravità stessa potrebbe essere un fenomeno olografico, offrendo una prospettiva rivoluzionaria nella ricerca della gravità quantistica.
La ricerca di Schleier-Smith si concretizza attraverso la manipolazione di atomi ultrafreddi in condizioni estreme. In una camera a vuoto, questi atomi vengono raffreddati a temperature vicine allo zero assoluto mediante l’utilizzo di laser di precisione. Una volta raggiunto lo stato desiderato, gli atomi vengono lasciati interagire, entrando in uno stato di entanglement, in cui ogni particella è intrinsecamente connessa con le altre.
Attraverso questo processo, Schleier-Smith spera di poter osservare una rappresentazione dello spazio-tempo a curvatura negativa, come predetto dalla teoria della dualità olografica, che potrebbe fornire nuove intuizioni sulla natura della gravità.
L’impresa di Schleier-Smith, nonostante sia ancora agli albori, promette di avanzare il nostro sapere fondamentale sull’universo. Indipendentemente dall’esito dei suoi esperimenti relativi al principio olografico, il suo lavoro potrebbe svelare nuovi aspetti dello spazio-tempo e della gravità, contribuendo a una maggiore comprensione dei sistemi quantistici entangled. Questo può rappresentare un passo significativo verso la risoluzione di uno dei più grandi enigmi della fisica moderna: l’unificazione della gravità quantistica con le altre forze fondamentali, aprendo una nuova finestra sul vero volto dell’universo.
Fonte | NewScientist – The physicist trying to create space-time from scratch
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