Lascia la fidanzata per Call of Duty: che c’è di male?

Mettetevelo in testa, i videogiochi possono essere un lavoro a tutti gli effetti

Recentemente ha fatto discutere il caso di Douglas Martin, conosciuto nel mondo e-sport come Faze Censor, un giocatore professionista di Call of Duty. Quest’ultimo avrebbe lasciato la propria fidanzata per concentrarsi appieno sulla carriera. Ripeto: lascia la fidanzata per Call of Duty. E questo dovrebbe essere un male?

Lascia la fidanzata per Call of Duty. E quindi?

L’enorme impatto che questa notizia (oggettivamente insignificante) ha avuto, sulla stampa non specializzata e sorprendentemente anche su quella videoludica, dimostra quanto questo medium sia ancora preso scarsamente sul serio.

Trapela appieno la volontà dei giornali di ritrarre Douglas come un bamboccio, uno sciocco che ha lasciato una modella per un hobby infantile. Ed è questo ciò che l’opinione pubblica ha percepito.

Faze Censor Yanet Garcia Call of Duty
Lascia la fidanzata per Call of Duty. E che fidanzata. Ma non sta a noi giudicare…

Si è trascurato totalmente il fattore agonistico, giocatori come Faze Censor firmano veri e propri contratti di lavoro per partecipare alle competizioni sportive. Senza contare che sono richieste ore ed ore di allenamento per perfezionare la tecnica. Martin ha quindi anteposto la carriera ai propri affetti.

Un’ingerenza nella vita privata di un uomo fastidiosa e fuori luogo. Le reazioni delle persone, estranee al mondo dei videogiochi o meno, sono state scontate: hanno additato Douglas come un’idiota per aver osato lasciare una donna di bell’aspetto sostituendola a Call of Duty, dato che per la stragrande maggioranza della popolazione il “vero” uomo non deve mai tirarsi indietro e rifiutare/lasciare.

Sono tutti paradigmi sociali misandrici e convenzionalmente accettati.

Evidentemente Faze Censor non è riuscito a trovare un equilibrio tra la sua vita privata e il lavoro, considerando che la loro relazione stesse già proseguendo a distanza per vicendevoli obblighi (lei a Città del Messico, lui a New York), preferendo dunque priorizzare i suoi impegni lavorativi. E non c’è nulla di male in questo. O meglio, saranno fatti loro.

Un tempo era molto più facile per me, viaggiare per vederci. Ma ora ho degli obblighi. Ho un contratto, ho dei doveri che devo rispettare. E non è che non lo voglia, perché questa è la carriera che voglio per me. Voglio vincere, voglio diventare campione del mondo, ciò che voglio dalla mia vita in questo preciso momento è competere in Call of Duty, perché è una cosa che amo tantissimo. Farò tutto ciò che sarà necessario per diventare un campione.

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