L’infanzia dei grandi scienziati con Adrian Fartade

Quando senti parlare di “divulgatore scientifico” ti viene in mente la figura elegante e composta di Piero Angela o di suo figlio Alberto, ma l’espressione calza a pennello anche su Adrian Fartade, che della divulgazione scientifica ha spostato la frontiera su Youtube, col canale Link4Universe; e nei suoi incontri col pubblico “dal vivo” non è per nulla ingessato, anzi è un vulcano di energia che ti spinge a guardare la scienza con quel lato fascinoso di meravigliosa scoperta e divertimento.

adrian fartade galilei
Adrian Fartade che tesse le lodi della barba di Galilei. Ed ha ragione.

Questo è accaduto anche negli incontri ospitati dal Talent Garden di Rende e organizzati dal Cosenza Comics tenutisi nel pomeriggio del primo ottobre. Un incontro davvero stimolante di cui il nostro territorio, che fra le altre cose è anche sede universitaria, ha bisogno e che quindi speriamo possa ripetersi in futuro. Il tema dell’incontro, replicato qualche ora più tardi, era “Grandi scienziati durante l’infanzia e l’adolescenza”, e con la consueta verve Adrian Fartade ha ripercorso i primi anni di grandi sperimentatori e pensatori che poi sono diventati mattoni della nostra storia, fino ad essere quasi figure leggendarie.

Ma come tutti gli uomini, anche gente come loro è stata bambino: ha corso per le strade, fatto sbagli e ragazzate, frequentato ragazze in maniera più o meno virtuosa… Così ci viene restituita la dimensione umana dei grandi del passato, che escono fuori dai manuali di scuola e prendono vita, diventando molto più simili a noi.

E così si viene a sapere che Galilei era uno sciupafemmine che sbarcava il lunario facendo oroscopi (!), che Keplero era un bambino prodigio che intratteneva gli ospiti della locanda di famiglia facendo calcoli alla RainMan a soli 8 anni, che Darwin era così appassionato di insetti da “dimenticarsi” la propria ragazza, e che Einstein fino a due anni non aveva quasi mai parlato…

adrian fartade kepler
Stavolta invece si apprezzano i baffi di Keplero. Di nuovo, con piena ragione.

Queste infatti sono le quattro figure che Adrian Fartade ha rivestito di umanità: Galileo Galilei, Johannes Kepler, Charles Darwin e Albert Einstein. Ma non solo: si è parlato anche dell’infanzia della scienza, di come sin dai primordi dell’umanità gli uomini hanno cercato di capire l’universo intorno a loro, di arrivare a vedere come funzionava per poter creare previsioni attendibili.

Poi, quando si ha a che fare con Adrian Fartade, una capatina al discorso “spazio” ce la si fa sempre: l’esplorazione di Marte è l’argomento più succulento, si sta già ragionando per realizzare missioni con equipaggio umano. Adrian è ottimista: “Il primo uomo su Marte non solo è già nato, sta già studiando”, intendendo quindi che chi metterà il primo piede umano sul pianeta rosso è già quantomeno un bambino in età scolare.

La sala eventi piena del Talent Garden. Foto del Cosenza Comics

Un bambino, proprio come i grandi scienziati raccontati da Adrian. Ma la sua chiusura non è divertimento fine a se stesso o simpatica aneddotica: chiude con una considerazione che tutti dovremmo fare nostra. Quei bambini di cui si è parlato sono diventati grandi scienziati solo dopo, e solo dopo anni il mondo ne ha riconosciuto il genio in maniera unanime. È stato un risultato che hanno conseguito perché quegli uomini non hanno mai dimenticato il bambino che era in loro e non hanno mai smesso di rincorrere la loro passione. Non l’hanno mai fatto, anche se nel frattempo hanno tirato a campare facendo oroscopi o lavorando all’ufficio brevetti. Se Einstein si fosse dato per vinto al primo rifiuto dell’università di Zurigo, un talento come il suo sarebbe rimasto a fare da passacarte. Pertanto, la passione e il senso di meraviglia che animano gli occhi e la mente di un bambino non devono e non possono morire in nessuno di noi, perché solo così si può cambiare il mondo.

Come hanno fatto, da grandi, i piccoli Galileo, Johannes, Carles (detto Bobby) e Albert.

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Mario Iaquinta

Nato da sua madre “dritto pe’ dritto” circa un quarto di secolo fa, passa i suoi anni a maledire il comunissimo nome che ha ricevuto in dote. Tuttavia, ringrazia il cielo di non avere Rossi come cognome, altrimenti la sua firma apparirebbe in ogni pubblicità dell’8×1000. Dopo questa epifania impara a leggere e scrivere e con queste attività riempie i suoi giorni, legge cose serie ma scrive fesserie: le sue storie e i suoi articoli sono la migliore dimostrazione di ciò. In tutto questo trova anche il tempo di parlare al microfono di una web-radio per potersi spacciare per persona intelligente senza però far vedere la sua faccia. Il soprannome “Gomez” è il regalo di un amico, nomignolo nato il giorno in cui decise di farsi crescere dei ridicoli baffetti. Ridicoli, certo, ma anche tremendamente sexy, if you know what I mean…
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