Lupin III, creato dal magico pennino di Kazuhiko Kato, in arte Monkey Punch, è uno di quei personaggi che non ha bisogno di presentazioni. Bene o male ha accompagnato tutte le generazioni italiane dal 1971 ad oggi, tra serie che si ripetevano in loop sui nostri canali e nuovi lungometraggi. Oggi, le produzioni su Lupin, sono più di 30… Un numero decisamente fuori dalle righe!
Ma quanto realmente ne sapete su Lupin III? Scopriamolo insieme.
Le novità
Che anno prolifico che si prospetta il 2019! Il ladro gentiluomo ha già debuttato pochi giorni fa sulle reti Mediaset con la sua quinta serie: Lupin III – Ritorno alle origini.
Anziché cambiarsi d’abito, il buon Lupin ha deciso di svecchiarsi parecchio: cambiano gli obiettivi della banda e si modernizzano i gadget. Nelle prime puntate possiamo già notare che il nostro “eroe” utilizza un dispositivo simile al Google Glass, ovviamente più avanzato, e adora farsi i selfie per i social media con il suo smartphone, senza contare che il primo obiettivo della combriccola sembra essere un furto di una ingente somma di moneta digitale – e ho riso di gusto nel notare il disappunto di Jigen, vecchio dentro, con il commento “sarà anche una grande somma, ma se non la tengo tra le mani non mi sembra vera…”.
Insomma un ritorno col botto, che rende omaggio anche al passato, con puntate nostalgiche e vecchie giacche indossate come fossero una bandiera.
Quest’anno arriverà anche un lungometraggio, intitolato Lupin III – Goodbye Partner, in cui a quanto pare l’antagonista sarà niente popò di meno che… Jigen Daisuke, il gangster numero Uno, eterno compagno del protagonista.
Si sa ancora poco sulla trama, ma qualche dettaglio è già trapelato: Jigen è deciso ad assassinare Lupin – che per l’evento indosserà una giacca nera, che sia per il “lutto” del perdere il suo migliore amico? – per motivi ancora sconosciuti, mentre Goemon non si da pace per la scelta del compagno e decide di aiutare il ladro gentiluomo.
Poco ma sicuro, si preannuncia uno degli scontri più belli e rocamboleschi di sempre.
5 serie, +2
Come dicevamo all’inizio, il nostro Lupin ha continuato a riproporsi nel tempo, mutando qua e là quasi sempre con molta efficacia. La prima serie, giacca verde, che all’inizio fece difficoltà ad attecchire nel pubblico, vide l’intervento del maestro Hayao Miyazaki per il character design dei protagonisti per trovarne maggiori sfaccettature, collaborazione che portò, tra le tante cose, la produzione del lungometraggio Lupin III e il castello di Cagliostro.
Seconda serie, giacca rossa, Lupin è diventato più ironico, ma quando c’è da uccidere un nemico si fa meno scrupoli di prima. Una serie lunghissima, sicuramente piacevole, ma che talvolta scadeva nella fantascienza. E poi c’era Margot. Margot che in realtà era Fujiko Mine, solo che ci fu confusione negli studi di doppiaggio ed eccoci qui, con una donna con due nomi senza apparente motivo, pur sempre con due abbondanti validi motivi per farsi amare dal pubblico.
Anni ’90, terza serie, giacca rosa – ho già detto Anni ’90? No perché sennò non si coglie il disagio del colore -, troviamo un Lupin dal volto quasi deformato, con colori pastello dolorosi per gli occhi, molto, ma moooolto ammorbidito nell’atteggiamento. In questa serie, tra una cosa e l’altra, il nostro campione non si tiene mai una refurtiva, sempre pronto a donarla a nipoti, eredi e bambine in qualche modo legate ad un torto subito, che ovviamente finivano con innamorarsi perdutamente del nostro eroe dalla faccia di scimmia. Ma che volete, ha charme… E poi è una serie che lascia molto spazio ai suoi compagni, con molte puntate dedicate alla storia di Goemon, il samurai, e compagnia bella.
2014, il film crossover con Detective Conan fa salire nuovamente l’astinenza da Lupin e allora via con la quarta serie. Giacca Blu, Lupin e l’Avventura italiana – ambientato principalmente nella Repubblica di San Marino – trova la compresenza di una nuova protagonista, Rebecca Rossellini, nobile ma ladra per noia, che porta una sotto-trama costante in tutti gli episodi e ci accompagna fino alla fine della storia, con l’addio ad essa. Che dire su questa serie, a me ha fatto sorridere, ha un disegno molto più dinamico delle precedenti e dei colori “maturi”, per me è sì, ma il pubblico nostrano è stato combattuto sulla cosa, e nonostante la prima mondiale della serie fosse un omaggio tutto squisitamente italiano, gli ascolti furono molto bassi.
2018, ci siamo, resta la giacca e cambia l’approccio. Lupin si aggiorna, ma ne abbiamo già parlato.
I più assidui fan tra i presenti sapranno già che esiste uno spin-off dedicato alla bellissima Fujiko: Lupin III – La donna chiamata Fujiko Mine. L’opera, di appena 13 episodi, ha visto la luce nel 2012. Disegni molto maturi, una trama che ricorda vagamente i complotti della serie Gotham – civette e gufi anche qui… Coincidenze? Io non credo! – accompagnano questa serie che lascia spazio alla femme fatale degli anime per eccellenza, e di come questa donna sia divenuta una delle migliori ladre del mondo. Che sia un bene aggiunto o no, sappiate che ho contato più scene di nudo che non vestita, per Fujiko.
Dulcis in fundo c’è l’unico vero flop della saga di Lupin: Lupin VIII. La storia, successiva alla seconda serie, narra – o avrebbe dovuto narrare – le vicende di un discendente del Lupin III noto a più, ambientato ovviamente nel futuro. L’episodio pilota fu un fallimento su tutta la linea e la storia si chiuse lì. Nulla si salvò di quella serie. Suggerisco la sua visione solo a chi ha stomaco forte ed una irreprensibile smania di completezza. Si salvi chi può.
Sigle storiche, plagi e inediti
Un capitolo a sé è richiesto per le sigle italiane – e non – delle serie di Lupin.
Planet 0, sigla della prima stagione, racconta una storia BDSM che non riguarda minimamente la trama di Lupin. È piaciuta talmente tanto da tenerla anche in Italia, che tanto nessuno pensava a sentirsi il testo in inglese della sigla di un cartone.
Quando fu scelta la bellissima Lupin – Fisarmonica per la seconda serie, un altro capolavoro fu scartato. I Cavalieri del Re concorsero per quella sigla ma non ottenendone la promozione. Se non vi è mai capitato di sentirla, date un’occhiata al video qua sotto.
Per l’intero decennio degli anni ’90 sulle reti Mediaset passavano solo tre autori per le sigle dei cartoni animati: Cristina D’avena, Marco Destro e Enzo Draghi. La terza serie di Lupin spettò al terzo, che ci regalò L’incorreggibile Lupin, un gran bel pezzo.
Non riesco a spiegare a parole il dolore che mi rievoca la sigla de L’avventura Italiana. Affidata a Giorgio Vanni, il cantautore ha ben pensato di farsi accompagnare da un rapper, Moreno. Ora, va tutto bene, la parte rap può piacere o meno e la base è carina, ma il testo fa sanguinare i neuroni. “Jigen e le sue siga-storte”. No, dai, no.
Il buon Vanni si è ampiamente fatto perdonare con la sigla della quinta serie di apertura e chiusura, rispettivamente Lupin, Ladro full-time e Rubami ancora il cuore. Io gli ho perdonato la quarta sigla, spero lo facciate anche voi, il ragazzo si è applicato stavolta.
Sapevate che la sigla di Enzo Draghi è stata riutilizzata in Francia per il cartone di Holly & Benji (al secolo e su YouTube Olive et Tom)? Non vi siete persi nulla, in caso, ma è pur sempre un plagio divertente.
Dai film alle serie la chiave di violino che unisce il tutto è una colonna sonora degna di nota, un ibrido tra jazz e funky sempre frizzante, che trasmette molta energia. Su tutte, fate un tuffo nel passato e cercatevi Lupin Super Hero, affioreranno in voi centinaia di ricordi diversi, tutti ovviamente splendidi.
Cos’è Lupin III
Da sempre la vera identità di Lupin, come dati anagrafici e nome, è rimasta avvolta da un alone di mistero. I più attenti tra voi si saranno accorti che ho scelto di non usare chi, bensì, cosa.
Ci viene incontro il lungometraggio Verde Contro Rosso, che spiega molte cose sulla storia del nostro – o dei nostri, a questo punto – eroe. Della trama vi dico solo che ci sono due Lupin, il resto scopritelo da voi.
Cos’è quindi, Lupin III? Lupin è un simbolo di libertà e di volontà. Se desideri qualcosa alzati e prendila. Certo, magari evitare di lasciare una scia di cadaveri e commettere crimini internazionali come niente fosse sarebbe più saggio – e dignitoso – nel mondo reale, ma i simboli sono belli per questo: possono essere estrapolati dalla nostra realtà.
Zenigata, odi et amo
Ci vorrebbe un intero articolo per descrivere adeguatamente Koichi Zenigata, l’ispettore più testardo di tutta l’Interpol. Vi lascio con un pensiero che da sempre mi corrode la mente:
Zenigata vuole a tutti i costi arrestare Lupin e difendere la legge, trovandosi molte volte alleato o addirittura salvatore del ladro gentiluomo quando qualcosa di più grosso e cattivo si trova davanti a loro; Spesso dichiara che senza Lupin la sua vita non avrebbe più scopo. Peccato che per Lupin sia prevista la pena di morte, e ci è andato vicino almeno un paio di volte.
Come la mettiamo, Zazzà?
Basette, il live action che non sei pronto a vedere
Molti live action, compreso uno in uscita in questo periodo di produzione francese, hanno accompagnato il marchio di Lupin III. Uno però, ti resta nel cuore.
Basette, di Gabriele Mainetti, un cortometraggio di appena 16 minuti, è una produzione tutta italiana, ambientata nella borgata romana, con nomi di spicco nonché ottimi attori. Sappiate però che resterete col cuore pesante, una volta finito.
Voi però guardatelo.
Di Lupin al mondo uno ce n’è
Lupin III è uno di quei protagonisti dei cartoni che conoscono tutti, ma proprio tutti, grandi e piccini.
Ognuno di noi ha ricordi diversi, magari giacche diverse, ma tutti lo ricordano col sorriso e portano almeno uno dei protagonisti nel cuore.
Vorrà pure dir qualcosa, a quasi cinquant’anni dalla sua uscita.
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