Ha da poco fatto la sua comparsa sugli scaffali di edicole e fumetterie, il secondo numero di Miracleman di Neil Gaiman.
Riprendendo quella che è stata la linea editoriale che ha contraddistinto la scorsa serie, la Marvel continua il ciclo del supereroe inglese con le storie scritte dal padre di Sandman.
Nonostante questo sia solo il secondo numero, possiamo già da subito dare qualche impressione, per quanto riguarda la scrittura e l’approccio ad un personaggio così complesso.
Come al solito è giusto avvertire tutti: nonostante si parli anche di una serie già uscita, lo SPOILER è sempre dietro l’angolo.
Per chi si fosse perso qualcosa nel percorso, Miracleman nasce come Marvelman nel 1954, versione inglese del personaggio di Capitan Marvel della Fawcett Comics (prima che il questi passasse di proprietà alla DC Comics).
Scritto da Mick Anglo nel periodo 1954 – 1963, cade in un vuoto editoriale prima di essere ripreso nel 1982 da Alan Moore, che scrive un nuovo arco narrativo per il personaggio (all’epoca chiamato ancora con il nome originale, cambiato dopo le minacce legali della Marvel Comics, anche se il nome originale non ha nessun riferimento), operando una decostruzione totale, passando da una scrittura propria di storie della Golden Age del fumetto supereroistico a temi più maturi e storie più complesse.
Iniziando da una sorta di “punto zero” per il personaggio – in cui, a seguito di un particolare avvenimento, egli perde completamente la memoria di tutte le sue potenzialità – la saga di Moore si concentra contemporaneamente sulla figura di Miracleman come supereroe e come uomo, diviso tra la consapevolezza del suo potere immenso ed i sentimenti che ancora lo legano al mondo degli uomini. Terribili segreti e cruente battaglie verranno rappresentate sulle pagine, fino all’epilogo: un finale ambivalente, come spesso Moore ci ha abituati, che non ci permette di dare un giudizio totale o, per dirla da lettori, se la storia sia finita “bene o male”.
Nel 1993 la serializzazione viene bruscamente interrotta, proprio quando un giovane Neil Gaiman era alle prese con il personaggio, bloccando di colpo il suo ciclo narrativo. Oggi, dopo aver riproposto al pubblico le storie di Moore, la Marvel – ora proprietaria dei diritti – ripropone anche il ciclo di Gaiman, pubblicato in Italia dalla Panini e non solo: arrivati al punto dell’interruzione del 1993, Gaiman continuerà la storia come l’aveva immaginata, chiudendo così finalmente il ciclo.
La cosa pù importante è però la grande differenza tra i due autori.
Il nome di Moore è legato ad opere del fumetto ormai considerate veri capolavori, come Watchmen e V For Vendetta ma anche a storie più brevi come The Killing Joke o Che Cosa è Successo All’Uomo Del Domani?; Gaiman è universalmente ricordato come il creatore di Sandman (The Sandman, in originale), oltre ad aver scritto altre opere come 1602, insieme a sceneggiature e romanzi. Anche lui inoltre si è cimentato con un esempio di “ultima storia di…”, seguendo quanto fatto da Moore con Superman, scrivendo Cos’è Successo Al Cavaliere Oscuro?
Il modo di affrontare la narrazione è certamente diverso ed ancor di più si può notare mettendoli a confronto sullo stesso personaggio.
Come già detto, la serializzazione di Gaiman è arrivata ad oggi solo al numero 2, lasciando quindi ben aperta la possibilità di un cambiamento dei toni. Ma quello che traspare fino ad ora non può che soddisfare un lettore dalle ampie vedute.
Se con Moore, infatti, la storia riguardava in primo piano il personaggio di Miracleman, alle prese con vecchi/nuovi nemici e con la scoperta delle sue vere origini, ora l’attenzione si pone sul mondo circostante: un mondo in cui gli uomini, dopo aver appreso dell’esistenza di questi supereroi – ma sarebbe forse il caso di definirli dei veri superuomini – hanno avuto la possibilità, tramite le conoscenze di questi, di elevarsi dalla semplice condizione umana, facendo loro proprie le potenzialità degli esseri superiori con cui ora convivono, conoscendo una nuova epoca di meraviglie – nell’ultimo numero della serie di Moore, ci viene infatti mostrato come il mondo viene “rivoluzionato” portando, ad esempio, alla distruzione di tutte le armi atomiche ed alla scomparsa totale dell’economia basata sul denaro, a favore di un mondo in cui tutto è disponibile per tutti. Questo mondo viene ora analizzato tramite gli occhi delle persone che lo vivono, consapevoli di essere protagonisti di una nuova “Età dell’Oro” – questo infatti il titolo del “Quarto libro” della serie.
Persone che, come normali esseri umani, vivono e metabolizzano quanto avviene intorno a loro in maniera differente: ecco che troveremo allora un gruppo di persone che si reca in pellegrinaggio sulla torre in cui risiede Miracleman, alta chilomentri e chilometri, costruita sulle rovine della distrutta Londra, per chiedere ognuno la realizzazione di un desiderio; oppure la storia di chi si è rinchiuso nella sua solitudine e nel rifiuto dell’esterno… almeno prima di conoscere Miraclewoman; ancora, le idee di un gruppo di ragazzini che idolatrano l’ormai defunto Kid Miracleman – prima membro della Marvel Family (altro riferimento alle origini collegate a quelle del Capitan Marvel DC Comics) e poi nemico del supereroe – portando con loro dei monili, rappresentandolo come sacrificatosi mentre cercava di liberare gli uomini “dalla malattia della vita”.
Uno di quei casi in cui si potrebbe parlare di un fumetto che va oltre il fumetto stesso. In Miracleman si ritrovano momenti non di facile lettura che, più che sugli avvenimenti dei personaggi, vogliono farci riflettere sul significato di quanto accade, su cosa voglia dire avere poteri illimitati e su come usarli. E, forse, vogliono anche farci chiedere: “Ed io, cosa avrei pensato in quel momento?”
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