Potrebbe essere molto più vicino di quanto mai immaginato il primo mondo abitabile nella galassia, oltre alla terra, ovviamente.
Sembrerebbe di fatti che uno studio condotto da un team internazionale di scienziati abbia portato alla scoperta di un sistema che ospita ben tre pianeti con dimensioni simili a quelle della Terra, di cui due sicuramente rocciosi. La ricerca, pubblicata sull’ultimo numero di Nature, è stata condotta grazie al telescopio terrestre TRAPPIST e ai telescopi spaziali Hubble e Spitzer.
Ma addentriamoci un po’ di più nella notizia per comprendere meglio com’è la situazione.
Una stella vicina
Stando a quanto riportato sulla pagina di MediaINAF, Il team di studiosi ha annunciato solo pochi mesi fa la scoperta di TRAPPIST-1, nota agli esperti anche col nome di 2MASS J23062928-0502285, una stella nana rossa ultrafredda di classe spettrale M8 con un sistema planetario a soli 39,13 anni luce dalla Terra, in direzione dell’Acquario. La caratteristica più interessante di questo sistema è che ospita tre pianeti potenzialmente abitabili, mondi di dimensioni terrestri e con temperature tali da far pensare che esista la possibilità che possano ospitare la vita. Ma come sono arrivati a fare questa scoperta e come si è giunti a tale conclusione?
Scopriamolo!
“Lo strumento giusto per il lavoro giusto”
Tutto è iniziato quando l’equipe di ricercatori summenzionata ha pensato bene di sfruttare TRAPPIST (acronimo inglese per TRAnsiting Planets and PlanetesImals Small Telescope), un telescopio da Terra di ultima generazione, realizzato dall’Università di Liegi, Belgio, e progettato per studiare il cielo nella banda degli infrarossi. TRAPPIST è un prototipo per lo studio di circa un centinaio di stelle nane brillanti del cielo australe, inoltre è impegnato nell’osservazione di comete e altri corpi minori del Sistema solare. Ora i ricercatori hanno costituito un consorzio, chiamato SPECULOOS (che sta per Search for habitable Planets Eclipsing ULtra-cOOl Stars), e hanno avviato la costruzione di quattro telescopi simili, ma di taglia più grande. Questo nuovo progetto permetterebbe agli scienziati di concentrarsi sulle stelle nane ultra fredde nel cielo australe. Inoltre è in fase di valutazione e raccolta fondi un’estensione del progetto anche all’emisfero boreale. Questo perché telescopi simili a TRAPPIST funzionano come un primo strumento di selezione. Avendone a disposizione un numero maggiore, gli scienziati potranno usarli per identificare sistemi simili a TRAPPIST-1, che ospitano pianeti potenzialmente abitabili, per poi eseguire osservazioni più dettagliate con strumenti come il telescopio spaziale Hubble o il James Webb Telescope, il cui lancio è previsto nell’ottobre 2018.
Ergo se ci sono più strumenti, più scoperte saranno possibili, e più a fondo conosceremo questa nostra galassia e l’universo circostante; ma tornando alla scoperta, come sappiamo che questi pianeti possiedono queste potenzialità?
Dati carichi di sogni
Ebbene, in un articolo appena pubblicato sull’ultimo numero della rivista Nature, lo stesso gruppo di ricercatori riferisce che i due pianeti più interni del sistema mostrano caratteristiche compatibili con quelle di un oggetto roccioso, con atmosfere compatte, simili a quelle presenti nel Sistema solare interno. Tale studio è basato su un’analisi preliminare delle atmosfere planetarie, effettuata pochi giorni dopo l’annuncio della scoperta. Il 4 maggio scorso, il team ha fatto richiesta affinché il telescopio spaziale Hubble fosse puntato su TRAPPIST.1, poiché a distanza di pochi giorni sarebbe avvenuto un evento estremamente raro: un doppio transito, ovvero il passaggio in contemporanea di due pianeti davanti al disco stellare. Grazie ai dati forniti da Hubble (la previsione è stata possibile grazie alle stime orbitali ottenute con i dati del telescopio spaziale Spitzer, con cui gli scienziati avevano già osservato il sistema), il team ha registrato infatti le variazioni di luce provenienti dalla stella dovute ai passaggi distinti di TRAPPIST-1b e c, due dei tre pianeti che la circondano. Le diminuzioni di intensità della luce della stella sono state osservate su una stretta gamma di lunghezze d’onda, mostrando di non variare molto nell’arco dell’intervallo investigato. Cosa vuol dire questo? Che se ci fossero state variazioni significative, allora l’indicazione avrebbe condotto ad una interpretazione a favore di atmosfere estese, come quelle di un gigante gassoso. I dati, invece, suggeriscono che entrambi i pianeti in transito possiedano atmosfere compatte e sottili, più simili a quelle che circondano i pianeti rocciosi.
Mondi abitabili: tra fantascienza e realtà
Di conseguenza, pur necessitando di ulteriori osservazioni e studi che diano maggiori conferme in merito alle reali conformazioni di questi pianeti, possiamo già immaginare che un giorno, un gruppo di pionieri potrà varcare la soglia del Sistema Solare in direzione di uno di questi, o magari verso qualcuno più vicino, con lo scopo di terraformarlo e colonizzarlo, rendendo così la razza umana, la prima specie “galattica”! Certo questa considerazione sa alquanto di fantascientifico, però scoperte come queste inducono a fare pensieri del genere; e poi chissà che davvero non si giunga ad acquisire conoscenze e conseguire tecniche tali da permettere agli uomini di solcare davvero i cieli verso altre stelle, magari nel corso di una sola generazione.
Per ora non possiamo fare altro che aspettare, cercare notizie del genere e magari lasciarci anche andare a sogni del genere, in attesa che forse in un futuro, magari non troppo lontano, si realizzino.
FONTI:
- MediaINAF, il notiziario online dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, per la notizia;
- Wikipedia, l’enciclopedia libera, per i dati tecnici.
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