Forse scopriremo mondi alieni osservando meglio la Terra dallo spazio

Se gli astronomi osservassero la Terra da un altro sistema solare potrebbero dire che il nostro pianeta brulica di vita? Esaminando la Terra nello stesso modo in cui guardiamo gli esopianeti, i pianeti orbitanti attorno ad altre stelle, potremmo migliorare le nostre possibilità di rilevare segni di vita su mondi lontani.

Dal 1999 il processo usato per individuare gli esopianeti, noto come metodo di transito, ha rivelato migliaia di mondi misurando cali fugaci nella luminosità delle stelle che orbitano attorno ai pianeti. E’ stato possibile anche spingersi a determinare dimensioni e percorso orbitale del pianeta grazie a telescopi come il Kepler Space Telescope and the Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS).

Ma il problema è che nessuno può dire se questi mondi ospitino o meno la vita. L’idea che hanno avuto gli scienziati è di scrutare la Terra usando il metodo del transito e scoprire quali sono le peculiari caratteristiche del nostro pianeta. Quelle che lo rendono capace di ospitare la vita. Gli esperti potrebbero quindi cercare questi stessi indizi negli esopianeti e per analogia supporre che esista vita (almeno quella che sulla Terra è definita come tale) anche su mondi lontani.

Il progetto è l’Earth Transit Observer (ETO) ed è stato presentato il 17 marzo alla 52esima Lunar and Planetary Science Conference 2021.

Per la missione ETO un piccolo satellite con apparecchiature in grado di visualizzare lo spettro della luce dal quasi violetto al vicino infrarosso dovrà osservare la Terra mentre transita davanti al sole. Lo spettrografo controllerà la presenza di segni di acqua e anidride carbonica, nonché di coppie di firme biologiche (ossigeno e metano e ozono e metano) che insieme indicano condizioni favorevoli per ospitare la vita. Il satellite ETO scruterà la Terra da una distanza di 1,5 milioni di chilometri.

“Il sistema solare è l’unico posto del quale conosciamo tutte le risposte giuste. Possiamo testare le nostre tecniche, capire i loro limiti e creare collegamenti tra i risultati”, ha detto Laura Mayorga, astronoma specializzata in esopianeti presso il laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University.

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