La serie de Le Terrificanti avventure di Sabrina su Netflix, come è noto, abbraccia regolarmente la mitologia che ruota attorno a Satana e compagnia e forse, anche in virtù di questo, è spesso soggetta a critiche e accuse di blasfemia.
Un tweet dello scorso weekend sembra aver superato, questa volta con ragione, il limite di tolleranza degli utenti, al punto da costringere la pagina “cinguettosa” dello show a cancellare il post.
Il tweet conteneva foto del dietro le quinte con i membri del cast che ridenti si mostravano con il trucco di scena: sangue e diavolerie varie. La didascalia delle immagini, però, presentava una dicitura: “Sunday bloody Sunday”. Forse non digitate intenzionalmente, queste parole facevano riferimento a una canzone degli U2 che in modo analogo, parlavano di un accaduto del passato. Infatti, il 30 gennaio del 1972 a Derry, nell’Irlanda del Nord, 13 persone vennero uccise e 15 ferite dalla polizia locale, durante una manifestazione. Questa data viene ricordata dal popolo irlandese, appunto, come Domenica di sangue. Così, il tweet è stato cancellato e Netflix ha rilasciato delle scuse ufficiali.
Sabrina tra polemiche
Ripartiamo dalla dichiarazione ufficiale di Netflix:
Il nostro tweet era inaccettabile e dunque, è stato rimosso. Siamo molto dispiaciuti per il dolore e l’angoscia che ha causato.
Non è la prima volta che Le Terrificanti avventure di Sabrina si espone alle critiche degli spettatori. Sulla serie Netflix è piovuta un’incredibile quantità di polemiche, concentrate specificamente su alcune sequenze valutate come troppo forti per uno spettacolo il cui target mira agli adolescenti.
La cassa di risonanza dei primi feedback è stata amplificata ulteriormente dalle aspettative disattese che la produzione ha provocato prima della sua uscita. Infatti, nonostante fosse stato chiaramente detto che la serie si sarebbe presentata come uno pseudo-horror, la quantità di individui che si auspicava scene in cui orge e cannibalismo la fanno da padrone, era davvero esigua.
Primi tra questi, i genitori preoccupati e le associazioni familiari che hanno sfogato il proprio dissenso sui social, giudicando la produzione senza mezzi termini. Persino Melissa Joan Hart, la Sabrina “originale”, si è dimostrata d’accordo, affermando che non avrebbe permesso che i suoi figli guardassero la nuova serie.
Segue poi la causa legale dal The Satanic Temple, i veri seguaci di satana, che hanno intentato denuncia a Netflix e Warner Bros. per 50 milioni di dollari. Il motivo? Aver utilizzato nella serie una statua raffigurante Baphomet protetta da copyright, mostrata secondo il parere dei satanisti, con lo scopo di denigrare e ridimensionare il “soggetto” del loro culto. Per approfondire questa vicenda, leggete il nostro articolo dedicato.
Il punto è che tutte queste polemiche potrebbero sembrare insulse, un po’ come quelle che si muovono da anni ai videogiochi e ai loro relativi utilizzatori. Tuttavia, nell’elaborazione di un feedback, è necessario prendere le distanze e non farsi influenzare dal rumore di sottofondo.
Per quanto infatti Sabrina sia risultato effettivamente un esperimento sfortunato, il caso in oggetto palesa la volontà di Netflix di prendere la distanza da quel post. E non a caso.
Basta un pizzico di empatia per capire che effettivamente, ricorrere a quelle esatte parole potrebbe destare l’attenzione di chi in Irlanda, nel 1972, possa aver vissuto quei spiacevoli momenti.
Un po’ come se qualcuno pubblicasse una foto sorridente durante la giornata della memoria dedicata alle vittime del terrorismo italiano. Se Netflix avesse fatto una cosa del genere, avremmo sicuramente fatto notare il nostro dissenso.
Quindi, se da un lato ciò che avvenuto è stata una leggerezza, dall’altro è apprezzabile l’immediata presa di posizione di Netflix, nell’allontanarsi dall’errore commesso e dimostrando una certa empatia per quanti abbiano ritenuto inopportuno menzionare, anche involontariamente, la domenica di sangue irlandese. Perché se è vero che a volte le critiche sono enunciate solo per gonfiare d’ossigeno i polmoni, è altrettanto vero che nessun uomo può condannare un altro uomo, perché nessun uomo ne conosce veramente un altro (Thomas Browne).
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