Predire il futuro era cosa seria: ecco come facevano in Cina con le ossa oracolari

Nell’antica Cina, predire il futuro non era un semplice passatempo, ma una pratica sacra e rispettata. Le ossa oracolari, risalenti a oltre 3.000 anni fa, testimoniano l’importanza della divinazione durante la dinastia Shang (1600-1050 a.C. circa). Questi reperti, costituiti da gusci di tartaruga e scapole di buoi incisi con domande rivolte agli spiriti, offrono uno sguardo affascinante sulla vita religiosa e politica dell’epoca, oltre a rappresentare le prime tracce di scrittura cinese.

Ossa di tartaruga e scapole d’animale che svelano il futuro

Il rituale divinatorio prevedeva che l’indovino incidesse una domanda sull’osso, per poi esporlo al calore fino a provocarne la screpolatura. Le crepe venivano interpretate come risposte divine, guidando le decisioni dei regnanti Shang su questioni cruciali come i raccolti, le guerre e la successione al trono. I migliaia di caratteri identificati sulle ossa hanno permesso agli studiosi di ricostruire la genealogia della dinastia e di comprendere meglio la struttura sociale dell’epoca.

Sebbene la maggior parte delle ossa oracolari note risalga al periodo Shang, alcune scoperte suggeriscono l’esistenza di pratiche divinatorie ancora più antiche. Tuttavia, l’ipotesi di ossa risalenti a 8.600 anni fa con segni simili a quelli Shang rimane controversa, poiché molti esperti ritengono improbabile una tale continuità nella scrittura per un periodo così lungo.

un caso di ossa oracolari cinesi

Ma le ossa oracolari non sono solo una testimonianza delle credenze religiose degli antichi Cinesi. Esse rappresentano anche la genesi della scrittura cinese, con circa 5.000 caratteri identificati, molti dei quali ancora in uso nella lingua moderna. Grazie a queste incisioni, gli studiosi sono stati in grado di ricostruire la genealogia della dinastia Shang e di far luce sulla struttura della loro società, gettando un ponte tra passato e presente.

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Le ossa oracolari ci invitano a riflettere sul legame profondo tra scrittura, religione e potere nell’antica Cina. Esse ci ricordano che la scrittura non è solo un mezzo di comunicazione, ma anche uno strumento per interpretare il mondo e dare forma al destino.

Come ha scritto il celebre calligrafo Wang Xizhi nel suo trattato “Xingrangtie” o “Dissertazione sulla calligrafia“, la scrittura è il ritratto della mente, il riflesso dell’anima. E forse, in quelle incisioni millenarie, possiamo scorgere non solo il riflesso dell’anima degli antichi Shang, ma anche un pezzo della nostra stessa umanità, con le sue speranze, le sue paure e il suo eterno desiderio di conoscere il futuro.

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Gianluca Cobucci

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