Outlast – La cripta dello zio Nex

Titolo: Outlast
Anno: 2013
Sviluppatore: Red Barrels
Distributore: Red Barrels, Steam
Piattaforme: PC, PS4
Piattaforma testata: PC

Mount Massive. Immerso nell’atmosfera rilassante che le montagne del Colorado sanno offrire, questo istituto psichiatrico (non so perché, ma credo che ne descriverò parecchi in queste pagine) chiuso da decenni a seguito di qualche trascurabile scandalo, ha recentemente riaperto i battenti grazie all’acquisizione da parte della Murkoff, una megacorporazione ASSOLUTAMENTE NON MALVAGIA e unicamente AI FINI DELLA PIU’ DISINTERESSATA E LIMPIDA BENEFICENZA.
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Uno dei pazienti a cui è stato fatto del bene
Chiaro esempio di come questo schifo di mondo non sappia apprezzare chi fa del bene, il giornalista d’assalto nonché affermato ficcanaso Miles Upshur è per qualche oscura ragione convinto che quel manicomio nasconda tutt’altro che sorrisi e arcobaleni, e guidato da questo sospetto (oltre che da alcune anonime soffiate interne), fa quello che qualunque persona di buonsenso farebbe una volta messo al corrente di un luogo pericoloso, insanamente violento e depositario di segreti valevoli milionate di dollari: infiltrarcisi in piena notte e in completa solitudine ,armato unicamente di una telecamera digitale e un block notes.
Ah Darwin, Darwin… Se fossi ancora tra noi, quante conclusioni interessantissime che potresti trarre dai protagonisti dei survival horror…

La storia di Outlast non è propriamente credibilissima

Comunque, messa opportunamente a cuccia la sospensione dell’incredulità su quest’aspetto, Outlast si rivela in men che non si dica un piacevolissimo esempio di sincerità da parte dell’industria videoludica: quel che i Red Barrel han promesso è un onesto gioco da cacca nei pantaloni garantita, e il risultato finale effettivamente lascia ben poco da recriminare, per il dispiacere dei vostri calzoni da gaming prediletti. Il tutto con una formula che a conti fatti è di una semplicità imbarazzante: visuale in soggettiva, nessuna possibilità di combattimento ma solo stealth e fuga, tanto buio ovviabile solamente attraverso la lente infrarossa della videocamera (batterie di scorta vendute separatamente) e un comparto tecnico curatissimo, giusto per non lesinarvi alcun particolare truculento o effetto sonoro da brividi (e a ogni angolo avrete l’imbarazzo della scelta in entrambi i campi).
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Gli infrarossi fanno il loro lavoro
Fatta magari eccezione per quest’ultimo aspetto (almeno, per quel che riguarda la grafica), è difficile non pensare ad Amnesia: The Dark Descent e a quanto il titolo di Frictional Games sia diventato un nuovo punto di riferimento per i survival horror di nuova generazione che non abbiano alcun interesse a spacciarsi da action/sparatutto.

Outlast è meno cerebrale e più sanguinolento

Tutto vero, ma sono necessarie poche scampagnate tra gli accoglienti corridoi di Mount Massive per intuire una sostanziale differenza di tono: dove Amnesia è più un (grandioso) esercizio di stile nella costruzione della tensione in uno stile più classico e lovecraftiano, tra puzzle ricorrenti,  una gestione luce/buio dai risvolti perennemente ambigui e dove essere sorpresi da uno dei graziosi ospiti del castello Brennenburg equivale solitamente a un trapasso inevitabile; Outlast sceglie un approccio più diretto e sanguigno, senza tanto spazio per enigmi e in cui giocare al gatto e il topo con squilibrati più o meno mostruosi diventa una sgradita necessità in tutti quei casi in cui la via della furtività risulti un lusso impraticabile. Ritrovarsi a correre alla disperata, in completa confusione e senza alcun punto di riferimento con un maniaco omicida alle spalle sa essere parecchio ansiogeno, credetemi. E sapete la cosa più buffa? Fatta eccezione per alcuni pittoreschi personaggi che imparerete presto a conoscere, la maggior parte degli ospiti del manicomio non è nemmeno lontanamente ostile, ma la paranoia che avrete sicuramente nonché saggiamente imparato a coltivare nel corso dello svolgimento del gioco, unita alla notoria imprevedibilità dei soggetti clinicamente classificabili come “pazzi furiosi”, contribuiranno, a torto o ragione, a non sentirvi al sicuro ovunque ci sia anima viva.
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Qualcuno ha giocato al piccolo chirurgo

Come detto, una cosa su cui Red Barrels punta moltissimo è l’aspetto visivo, e su quest’ennesima reincarnazione e tirata a lucido dell’Unreal Engine (ormai un autentico campione di longevità) c’è effettivamente poco di cui rimanere delusi: l’elevato livello di dettaglio degli ambienti è una costante tutt’altro che gradevole, nel senso che i grafici del team di sviluppo hanno avuto modo di sbizzarrirsi in ambientazioni ricchissime di dettagli inquietanti e splatter a piede libero; dove una semplice scia di sangue corredata di qualche frattaglia sparsa è esattamente il minimo che possiate aspettarvi.

Estrema cura visiva e sonora

Non manca all’appello nemmeno un sonoro parimenti da brivido, giusto per completare un comparto tecnico curato quanto funzionale.

Insomma, tutto bene? Naturalmente no, e sebbene Outlast abbia tutto per placare con soddisfazione la brama di un buon survival horror anche a un nerd puntiglioso come il sottoscritto, da nerd puntiglioso quale appunto sono, non posso non citare qualche sbavatura in un quadro pur complessivamente soddisfacente: l’assoluta semplicità del gameplay di cui parlavo poc’anzi è per forza di cose limitativa, e l’unica soluzione perché queste meccaniche non finiscano per venire a noia prima dello scorrere dei titoli di coda, è tenere bassa la longevità: 4-5 ore massime sono sufficienti per arrivare alla conclusione, non che sia una tragedia per un gioco sotto i 20 euri e che quelle ore te le fa godere tutte, ma tant’è, siete avvisati.

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Qualcuno non è uscito vivo da queste celle, ci riuscirete voi?

E nemmeno dovreste aspettarvi troppi sussulti dalla trama, che a fin dei conti risulta funzionale e nulla più, se non altro non perdendo l’opportunità di mettere in scena qualche personaggio interessante. Ma come vi ho detto, è puramente questione di essere nerd puntigliosi. Per chiunque di voi non abbia bisogno di difendere un’immagine da critico snob di fronte ai propri 5-6 lettori, vada pure sul sicuro. Outlast è esattamente quello che promette, e non vi deluderà. Scorte di biancheria permettendo.

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Andrea Bruni

Vive praticamente di notte, ha un senso dell’umorismo estremamente malato, un cattivo gusto da annali, coltiva attivamente un senso critico/estetico che pure Ed Wood commenterebbe con un “Ma no, dai”, rifiuta con sdegno qualunque attività intellettuale che non sia coadiuvata da una bottiglia di birra dozzinale e ama scrivere di sé in terza persona senza una vera ragione. La cosa peggiore? Ne è perfettamente consapevole. Semplicemente, invece che affrontare e porre rimedio alle proprie cattive abitudini, questo individuo ha scelto di renderle socialmente accettabili, spacciandosi per sedicente esperto di horror.Pantomima riuscita al punto di convincere lo staff del Bosone di reclutarlo e affidargli una colonna ad hoc. Fino all’inevitabile momento in cui si accorgeranno dell’atroce errore commesso, il buon Nex sarà il vostro riferimento sulla roba spaventosa e/o truculenta in ogni sua forma.
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