Abbiamo discusso molto del riscaldamento globale, di come il clima stia cambiando a causa dell’inquinamento soprattutto in merito allo scioglimento dei ghiacciai in Antartide. Eppure, anche le acque dolci giocano un ruolo molto importante in questo fenomeno e un famoso microbiologo, Peter Pollard, ci spiega come potrebbero aiutarci a comprendere meglio il problema.
Nel 2017 le concentrazioni di gas serra (CO2, CH4 e NO) ha raggiunto nuovi e preoccupanti record; nell’anno scorso, solo la CO2 è arrivata a 405 pmm, il più alto valore negli ultimi 40 anni.
Cosa aspettarci dal Riscaldamento Globale?
- Scioglimento dei ghiacciai. Qui un recente studio degli scienziati dell’Istituto Cileno in Antartide.
- Innalzamento del livello del mare, 7,7 cm rispetto al 1993
- Temperature in aumento
- Più incendi per cause naturali
- Estinzione delle specie animali e vegetali.
Queste sono solo alcune delle conseguenze disastrose dovute all’aumento della CO2 nell’atmosfera. Ma c’è un altro dato (forse insolito) che preoccupa molto: sono a rischio gli alberi di Natale!
La Finlandia è la patria di sterminati vivai dove vengono coltivati gli abeti destinati al Belgio – e più in generale al commercio europeo – per la famosa ricorrenza cattolica.
Ma ciò che sta succedendo è la morte sempre più precoce degli abeti a causa di temperature sempre più inadatte (parliamo di picchi di 30°C) e la prolungata assenza di piogge.
Jonathan Rigaux, un vivaista che dedica la sua vita a prendersi cura di questi alberi, ha assistito alla morte del 30% degli abeti destinati al Belgio.
Il fattore rischio ovviamente non si concentra solo sulla potenziale perdita di questo albero ma è sintomatico di una serie di sgradevoli effetti che il riscaldamento globale potrebbe arrecare all’ecosistema. Non a caso, altri eventi di natura climatica si sono manifestati – e potrebbero ripetersi – a conferma di quanto già detto.
El Nino
El Nino è un fenomeno climatico periodico che provoca un forte riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale nei mesi di dicembre e gennaio con una cadenza che oscilla da 1 a 7 anni e che provoca inondazioni e siccità. L’ultima volta che El Nino si è verificato è stata nella stagione 1997-1998.
E’ una tele-connessione atmosferica seguita da La Nina, ovvero il successivo raffreddamento delle acque. Sono due fenomeni connessi che in un solo anno ha provocato migliaia di morti, per non parlare dei danni all’agricoltura e allevamento.
Ma anche la morte di circa il 16% dei sistemi corallini del mondo e ha temporaneamente riscaldato la temperatura dell’aria di 1,5°C rispetto ai 0,25°C soliti. Ha provocato una grave epidemia di febbre nella Rift Valley dopo le piogge estreme nel Kenya nord-orientale e nella Somalia meridionale.
Sono state inoltre registrati forti temporali in California durante la stagione delle piogge e uno dei peggiori periodi di siccità in Indonesia. A rimetterci ovviamente è stato l’intero ecosistema.
Peter Pollard e “il carbonio mancante”
Peter Pollard, microbiologo australiano della Griffith University, afferma che sono state sottovalutate le emissioni di anidride carbonica delle acque dolci. Lo spiega in una sua ricerca dal titolo “Il carbonio mancante” in cui descrive il lavoro svolto da lui e i suoi studenti.
Hanno monitorato l’interazione dei fagi e batteri nel fiume Bremer, nei pressi dell’Università e fortemente inquinato. Notarono che la CO2 non veniva convertita in carbonio organico dalla fotosintesi ma rilasciato nell’acqua, raggiungendo livelli quali mezza tonnellata per chilometro di fiume.
Cifre considerevoli se consideriamo che si tratta di un solo fiume, ma allarghiamo la veduta in uno spettro più ampio, diciamo… Globale.
La sua conclusione è stata che i batteri, piante e alghe delle acque dolci di tutto il mondo non svolgano correttamente il loro lavoro e che il rilascio di CO2 nell’acqua e di conseguenza nell’atmosfera (con il processo di evaporazione) è 4 volte maggiore rispetto alla quantità emessa dai combustibili fossili.
I dati avevano dell’incredibile, tanto da ricevere pesanti critiche e indurre lo stesso fautore della ricerca a nutrire dei dubbi a proposito. Ma dai successivi studi nel corso degli anni, è emerso un rialzo dell’emissione di CH4 (metano) nelle acque dolci concretizzando di fatto le preoccupazioni.
Ci sono ancora scienziati e ricercatori che non sono d’accordo con la teoria di Pollard, ma una cosa è certa… La situazione non sta migliorando, anzi.
Ciò che forse non risulta chiaro è che a rischio non c’è solo l’intero ecosistema, ma – in termini egoistici – la nostra stessa vita.
Fonti: Ilsole24ore.com, meteoweb.eu, greenreport.it, wikipedia.org
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