E’ un pomeriggio come un altro, le auto scorrono adagio lungo le carreggiate grigie del fiorentino mentre il vento accarezza lievemente le tende del mio balcone. Qualche anno fa, sarebbe stato impensabile affermare qualcosa del genere; eppure, distogliere lo sguardo dallo schermo del proprio pc è diventata la nuova “propria dimensione di quiete”. Come punto di analisi esterno alle vicende che stanno avendo luogo sul (e attraverso) il web, è possibile osservare uno strano fenomeno che prima d’oggi, non era era mai stato così popolare. Quello delle Petizioni Online, infatti, è un ambito abbastanza popolare tra i marinai dell’internet ma non aveva mai colpito così duramente determinate frange dell’entertainment.
Avevamo già parlato di questi movimenti di protesta online, circoscrivendo la cosa a quanto era successo nell’ambito videoludico. Ma come per ogni nuovo meccanismo sociale, è possibile intuire il cambiamento attraverso una serie di segni sintomatici.
In questo momento (maggio 2019), sono in corso ben 4 petizioni online, la cui partecipazione – in termini numerici – è da capogiro.
Petizioni Online e Proteste in corso d’opera: qualche dato sul fenomeno
Riscrivere l’ottava stagione di Game of Thrones.
E’ noto a quasi tutti i fan di serie tv e di fantasy in generale che l’ultima stagione della celebre saga televisiva tratta dai racconti di George R.R. Martin, sia in realtà al centro di forti polemiche da parte dei fan più accaniti. Ciò che si accusa alla produzione, sarebbe l’esito narrativo che gli scrittori dello show avrebbero riservato ad alcuni passaggi del finale tanto atteso. Mentre si aspetta la conclusione (mancano solo pochi giorni al rilascio della puntata in lingua originale), è possibile trovare una petizione online che ha già raccolto circa 1 milione di adesioni per rimuovere l’incarico a David Benioff e D.B. Weiss e affidare la riscrittura della sceneggiatura a nuovi professionisti.
Robert Pattinson sarà il nuovo Batman? Forse.
Robert Pattinson, l’attore britannico diventato popolare per il suo ruolo in Harry Potter (Cedric Diggory) e per aver interpretato il vampiro Edward Cullen nella saga di Twilight, sarebbe il volto ideale – secondo le dichiarazioni ufficiali della Warner Bros – per indossare il mantello del Cavaliere Oscuro nel prossimo film di Matt Reeves. Eppure, nonostante la celebrità sia la prima scelta in dote alla produzione, una petizione online suggerisce fortemente di valutare altri nomi. Una nutrita schiera di fan, ha lanciato diverse proposte affinché l’attore venga rimpiazzato. Talvolta, sottovalutando l’eccellente carriera post-vampiro di Pattinson.
Il design di Sonic: cambio di rotta.
Un film sul celebre eroe dei videogiochi SEGA, Sonic The Hedgehog, è in dirittura d’arrivo… Anzi, lo era; almeno fino a quando i fan non hanno manifestato forte dissenso sull’aspetto del dinamico porcospino blu. Con l’uscita del trailer ufficiale, infatti, gli appassionati della saga videoludica, si sono scagliati con successo contro la Paramount Pictures, la quale di fronte alle minacce di boicottaggio delle proiezioni, ha deciso di fare dietro front, sviluppando un nuovo design e rinviando la data d’uscita.
La sostituzione di Brie Larson.
Chi ha seguito gli accadimenti che hanno preceduto l’uscita di Captain Marvel al cinema, sarà a conoscenza del fatto che l’attrice statunitense è un’accanita sostenitrice del politically correct. A seguito di alcune non chiare dichiarazioni sulle pari opportunità in ambito stampa cinematografica, la Larson ha incendiato l’opinione dei fan che da quel momento in poi hanno espresso il desiderio di boicottare gli spettacoli a cui avrebbe partecipato fino ad arrivare all’attuale petizione online: circa 25 mila individui vorrebbero una donna gay di colore al posto di Brie Larson, nei panni di Capitan Marvel!
Mentre queste “fazioni” dibattono (e combattono) per raggiungere i loro scopi, volgiamo uno sguardo al passato per capire se situazioni analoghe possono insegnarci qualcosa.
Uno sguardo al passato delle petizioni online
La prima su tutte è il caso James Gunn, il regista dei primi due volumi sui Guardiani della Galassia che è stato licenziato dopo che un gruppo di attivisti americani (di estrema destra) avevano messo alla luce alcuni controversi Tweet da lui pubblicati ben 10 anni fa.
Nonostante il contenuto dei post fosse volutamente provocatorio, l’immagine – così esposta – dell’artista ha costretto Disney a un suo esonero immediato solo per poi comprendere che la scelta fosse dovuta soprattutto a una situazione di favoritismo politico per l’acquisto della Fox – operazione per cui la compagnia di Topolino doveva ricorrere all’approvazione del governo Trump.
La vicenda aveva chiaramente espresso un problema di destabilizzazione socio-politica per cui non era chiaro se il consenso alla protesta di Disney fosse dovuto per costrizione o per scelta diretta. In entrambi i casi, è possibile percepire questo disturbo nella forza.
Ciò che emerge da questo racconto è il ruolo giocato dai social media: senza la loro presenza, nulla di tutto ciò, sarebbe accaduto.
Anche il semplice approccio all’entertainment sta cambiando proprio in virtù di questi strumenti e della sempre più dominante presenza della tecnologia. Proprio come una gigantesca ruota della fortuna, anche Hollywood inizia a sperimentare il lato oscuro del giro panoramico.
Se da un lato, internet ha facilitato i meccanismi dell’industria audiovisiva, dall’altro li ha imbrigliati all’interno di un pericoloso circolo vizioso.
Come un cane che cerca di mordere la sua stessa coda, il cinema ha dato in pasto – durante il corso delle ultime decadi – produzioni non originali e tratte sempre da brand di affermato successo. Non è un caso che la crisi di idee del cinema sia strettamente collegata a questo nuovo modello di business fatto di adattamenti, live action, remake e reboot.
Ci sarà sempre qualcuno che farà il bilancio delle differenze tra un fumetto originale Marvel e il suo corrispondente Cinecomic. Motivo per cui, forse, sono proprio le case di produzione a creare le condizioni per cui un prodotto sia soggetto a valutazioni, ovvero quando ogni progetto è creato sulla base della potenziale aspettativa degli appassionati e futuri spettatori paganti.
Sarebbe bello se proprio l’influenza dei fan, riesca in qualche modo a spingere l’industria audiovisiva fuori dall’oblio delle idee, azzardando nuovo coraggio per franchise davvero nuovi e piacevoli. Ma potrebbe davvero accadere?
La riflessione: perché le Petizioni Online e le proteste dei fan?
Il problema è che anche lo spettatore medio sembra essere intrappolato in questo vortice di promesse irrealizzabili*.
L’ultima stagione di Got è fortemente criticata e un alone di disprezzo sembra avvolgersi attorno al suo nome ogni qual volta se ne discute; eppure milioni di persone in tutto il mondo aspettano con trepidante speranza ogni puntata, consentendo record di ascolti e budget a dir poco mozzafiato.
Brie Larson è duramente attaccata ma i suoi film sono tra quelli di maggior successo in assoluto al botteghino (Captain Marvel e Avengers: Endgame).
Robert Pattinson potrebbe essere Batman e il prossimo titolo sul Cavaliere Oscuro è già sulla bocca di tutti.
Insomma, non è importante di cosa si parli o come se parli, perché comunque se ne parlerà lo stesso (è l’applicazione dell’effetto Barbara Streisand al suo meglio). Da un certo punto di vista, è romanticamente piacevole vedere come le petizioni online possano in qualche modo influire sulla realizzazione di opere come queste.
Eppure, a mio modo di vedere, esiste un curioso parallelismo tra fan e produzioni: entrambi non vogliono mettere il punto alle storie di cui tanto discutiamo.
Ogni racconto che si rispetti, infatti, risponde a degli archetipi generalmente riconosciuti come perno di una buona narrazione. Le fondamenta di questa composizione, però, vengono rappresentata da 3 elementi imprescindibili: introduzione, sviluppo e finale. Specialmente il finale.
Il motivo è da attribuire al fatto che è il momento in cui un’opera acquista senso, altrimenti la sospensione che immerge il lettore in questi mondi immaginari non avrebbe compiutezza e anziché collidere in un punto preciso, svanirebbe nel nulla – minandone anche l’efficacia commerciale (le sceneggiature vengono presentate prima e nella loro totalità, quindi la scelta di realizzare un film o meno è dovuta anche alla funzionalità che avrebbe dal punto di vista dei costi e del termine del progetto).
Il punto è che quando l’opera non è soltanto buona ma addirittura, epica, l’istinto di sopravvivenza prevale; tutti noi vorremmo che Game of Thrones continuasse ancora a lungo e non c’è nulla di male. Forse, perché senza questo appuntamento fisso, ci sentiremmo privi di qualcosa, di un abitudine. Cosa succederà ai legami che abbiamo stabilito con chi, come noi, ha discusso a proposito della serie e delle vicende dei personaggi a cui ci siamo affezionati?
Si tratta di un desiderio irrealizzabile*, anzi, una promessa utopistica – come affermavamo poc’anzi – dei produttori. Ma queste storie non possono continuare in eterno e forse dovremmo accettarne la conclusione proprio per essere in grado di apprezzare l’esperienza vissuta. Un po’ come quando prendiamo le distanze da qualcosa che abbiamo fatto, tipo un viaggio, e ne parliamo con un amico, in ricordo dei bei tempi andati.
Lo dicevano anche i grandi maestri Jedi di una non così remota trilogia, l’attaccamento è proibito perché conduce alla possessività di qualcosa che non può essere trattenuto nel palmo di una mano perché semplicemente non è un oggetto – come una storia.
Conclusioni
Quando si parla di Petizioni Online e proteste dei fan, non posso fare a meno di pensare a un romanzo di Stephen King. Si chiama Misery e tra l’altro, è stato anche soggetto per l’adattamento dell’omonimo film “Misery non deve morire” di Rob Reiner (1990).
La trama, in parole povere: uno scrittore si sveglia dopo aver fatto un grave incidente. Si trova a casa della presunta infermiera, Annie Wilkes. La donna si prende cura di lui e subito confida di essere una grande ammiratrice delle sue pubblicazioni; potremmo affermare che adora i libri del protagonista alla follia.
Paul Sheldon, così il nome dell’uomo, capisce che non dovrebbe trovarsi lì e che l’infermiera lo sta trattenendo in modo forzato! Annie nutre un morboso attaccamento nei confronti di Paul e delle sue opere, al punto da manifestare una furia cieca quando scopre che la protagonista della sua serie preferita, alla fine della storia, muore.
Misery, appunto, non deve morire! Così Annie si rivolge al suo ostaggio, costringendolo a realizzare un nuovo romanzo con l’intento di smentire l’esito della conclusione. Per arrivare a tale scopo, la donna tortura – psicologicamente e fisicamente – lo scrittore.
E’ un amore ossessivo che ricorda – simpaticamente – il rapporto con le nostre storie preferite… Ammettetelo dai, quante volte siete rimasti svegli alle 3 del mattino per vedere una serie tv considerata spazzatura (secondo alcuni presumibilmente autorevoli siti)?.
Quante altre volte avete prenotato il biglietto giorni prima e quante altre avete fatto la fila di ore per assistere allo spettacolo principale? Quante volte avete contato i giorni prima del rilascio di un trailer?
Queste opere non sono all’altezza, direbbero alcuni; andrebbero fatte in maniera diverse, essere ri-scritte magari, e gli attori dovrebbero essere sostituiti con un cast più idoneo.
Eppure, mai nella storia dell’entertainment, lo spettatore ha coperto un livello di coinvolgimento così elevato. Come mai questo succeda, non è neanche un mistero: quando sentiamo che c’è un contrasto tra quello che sentiamo e quello che vediamo sul grande o piccolo schermo che sia, vuol dire che qualcosa è successo nel nostro cuore: si chiamano emozioni, e si instaurano con i volti a cui ci affezioniamo storia dopo storia.
Sta a noi decidere quando è il momento di lasciare che Misery vada via.
Articolo a cura di Unstable (Emanuele Stavolo) e Dave (Davide Russo)
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