Prendete una chitarra elettrica.
Aggiungete bacchette da batterista, una forte passione per la musica e tanta originalità. Adesso, prendete ingranaggi e valvole a go-go. Buttateli dentro, insieme a un pizzico di fumi pre-industriali e un raffinato amore per l’epoca dell’800.
Ok, è probabile che il risultato ottenuto non sia esattamente quello sperato ma, pur non seguendo queste istruzioni, in occasione dello Steamfest di Roma, abbiamo conosciuto dei ragazzi che con questa combinazione sono riusciti a mettere su un vero e proprio gruppo musicale, nonchè un genere del tutto nuovo nel nostro paese.
Stiamo parlando dei “Poison Garden”, una tra le più rinomate band Steampunk d’Italia e non solo.
I ragazzi, infatti, non sono nuovi a escursioni fuori dal nostro paese e come suggerisce il nome, le loro canzoni, per ora, sono performate completamente in lingua inglese.
Prima di cimentarvi in esperimenti catastrofici, dunque, ascoltiamo le sagge parole del chitarrista e fondatore del gruppo, Damian, che ci ha raccontato di come è nata l’idea dei PG e molto altro!
- Come nascono i Poison Garden?
Possiamo dire che li ha portati una strana cicogna con ingranaggi e sbuffi di vapore J.
Io e mia moglie Anais abbiamo sempre voluto un pargolo da accudire, ma nel nostro caso non si trattava del desiderio di avere figli, bensì del desiderio di creare un progetto musicale dove poter far confluire le nostre esperienze e le nostre capacità. I Poison Garden sono prima di tutto il frutto del sodalizio artistico tra me e Anais. Tornando a quei giorni posso dire che, sebbene avessimo già scritto molto materiale, l’identità della band nacque in maniera più o meno casuale. Fu un’intuizione più che altro: eravamo a casa, durante un freddo dopocena, e stavamo guardando il DVD di Hellboy. Quasi sovrappensiero dissi “figo… Steampunk… ” ed in quel momento realizzai quale fosse la strada da seguire per dare seguito al nostro progetto.
- Da dove viene la vostra passione per lo Steampunk?
Siamo sempre stati appassionati di cinema e letteratura, e lo steampunk è uno di quei “mondi” che ti cattura sin dall’inizio. Molti dei nostri fan vengono dai gioco di ruolo e conoscono lo steampunk grazie alle loro attività ludiche, noi invece siamo legati alla grammatica “artistica” di questo genere.
Se dovessi rintracciare l’inizio del mio legame con lo steampunk probabilmente dovrei citare “Il mistero della Pietra Azzurra” un anime che guardavo da ragazzino, mi pare fosse il ’90 o il ’91, e che più di altri catturò la mia immaginazione per il suo saper mescolare le ambientazioni dell’europa di fine ‘800 inizio ‘900 e una serie di invenzioni futuribili come strani sottomarini o macchine volanti. Tutto questo unito con le basi dei romanzi di avventura come l’esplorazione di terre esotiche e strane leggende legate a civiltà perdute (in quel caso Atlantide).
- Come definireste il vostro genere musicale?
Semplicemente, Steampunk J.
- Come si distingue la vostra musica, come fate a renderla “Steampunk”?
Vediamo, se dovessi dare una definizione astratta di Steampunk direi che è il risultato della presenza simultanea di 2 diversi piani temporali: la seconda metà dell’800 e una ipotetica modernità, diciamo un ipotetico 2015. In che modo questo concetto astratto può esser tradotto in musica… cercando di far coesitere, all’interno dei brani, arrangiamenti e strumenti musicali propri della seconda metà dell’800 e strumenti tecnologicamente avanzati e moderni. Quindi troverete tra i nostri brani, mescolata con le chitarre elettriche, una forte presenza di archi, parti di pianoforte e clavicembalo, e molti suoni di “ambiente” come sbuffi di vapore rumori meccanici di treni in partenza o clangore di fabbrica, arrangiati secondo il gusto europeo tardo ottocentesco, simili quindi alla musica che si poteva ascoltare nelle music hall di Londra o nei Cafè Chantant di Parigi, degustando magari un assenzio.
- Quanto è importante l’aspetto estetico della band? Vi sentite un pò legati al mondo del cosplay?
Tranne Anais, che vinse l’ultimo Expocartoon ed il primo Romics, come miglior personaggio femminile, nessun’altro di noi è stato un cosplayer, e benchè ci sia una forte presenza di cosplay ai nostri concerti e nei festival ai quali partecipiamo, ora come ora siamo molto più legati alla sottocultura steampunk, dove il vestito assume il carattere di “outfit” non di “costume”.
Siamo per una cultura dello steampunk di strada. Certamente sul palco i nostri abiti sono eccessivi, proprio perchè sono chiaramente abiti di scena, ma di fatto noi abbiamo un abbigliamento con particolari steampunk tutti i giorni. Così come un dark si veste di nero anche per andare al lavoro e non soltanto se va a vedere un concerto, noi conserviamo il nostro essere steampunk anche nella quotidianità di una birra tra amici e non soltanto quando siamo sul palco. Ciò non di meno il mondo del cosplay ci è molto di “ispirazione” nella creazione dei nostri outfit e personalmente, visto che sono io a progettare e realizzare i nostri abiti, mi sento molto vicino a tutti i cosplayer che realizzano da soli i propri costumi prima di partecipare alle fiere.
- Quali sono le vostre opere letterarie di ispirazione per i testi? O eventualmente, le vostre fonti di ispirazione generale.
Quando scriviamo cerchiamo sempre di raccontare noi stessi, le nostre esperienze, le nostre paure, e i nostri desideri e cerchiamo di farlo raccontando delle storie ambientate nel nostro mondo “steampunk”. Principalmente il tenore dei testi che scrive Anais è molto intimo, quindi non troverete facilmente delle citazioni o dei rimandi ad opere o scrittori in particolare.
- Che progetti avete in cantiere?
Terminare l’album è la nostra priorità e finalmente siamo in dirittura di arrivo dopo quasi un anno di lavoro. Poi chiaramente continuare l’attività live che nell’ultimo anno ci ha portati in tutta Europa e negli Stati Uniti e magari, per quanto possibile, incrementare la nostra presenza sul palco.
- Considerando l’assonanza con la famosa band grunge americana “SoundGarden”, mi viene da chiedere se per caso non vi foste, in qualche modo, ispirati a loro…
Eheheh, no. Noto l’assonanza del nome solo ora che me la fai notare J in effetti. Nessuno di noi è particolamente legato al periodo grunge, tranne Anais che anni fa aveva una tribute band Hole. Dal canto mio, nonostante riconosca la qualità della produzione dei Sound Garden non ho nemmeno un loro album nella mia collezione.
Il nostro nome, Poison Garden, deriva dalla tradizione vittoriana di adibire una parte del giardino della propria villa ad ospitare piante velenose. Era una strana pratica, ma abbastanza comune tra le dame del ceto più abbiente, e queste “sezioni” dei giardini venivano chiamate Poison Garden. Uno dei più belli è quello del castello di Alnwick ad un centinaio di km a sud di Edimburgo
- Che differenze trovate nel suonare dal vivo, davanti a migliaia di persone, o nel chiuso di uno studio, con la necessità però di essere praticamente perfetti?
Suonare dal vivo e suonare in studio sono due attività per certi versi diametralmente opposte ma in entrambe un musicista ha l’obbligo di dare sempre il meglio.
Quello che posso dire è che personalmente ho la fortuna di poter suonare insieme a musicisti tecnicamente molto preparati. Mr Tambourine ed il prof. Ψ sono stati fondamentali in studio e sono fondamentali anche nei live, per me è un sollievo sapere che dietro alle spalle c’è Tambourine e alla mia sinistra “il professore”. Non ultimo è con grande orgoglio che dico di avere la fortuna di poter suonare con Anais, attualmente una delle bassiste rock migliori sulla scena, non è un caso se addirittura la Warwick l’ha inserita nel suo rooster di endorsers.
Non vi resta che catapultarvi sulla loro pagina di facebook per scoprine di più!
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