Pompei riserva sempre grandi sorprese: è uno dei siti più ricchi di storia, di documentazione a riguardo e ogni volta che viene pubblicata una notizia riguardo agli scavi che tuttora continuano, non è mai banale!
Grazie all’eruzione vulcanica che ne ha decretato la fine, Pompei è un particolare contesto dove tutto si è fermato e – a volte – eccezionalmente conservato.
L’ultima, in ordine di tempo, scoperta è di questi giorni: nella casa del Giardino è stato trovato un piccolo tesoretto familiare, fatto da monili e piccoli gioielli.
Quello che salta all’occhio è la grande varietà di oggetti conservati in quella che era una piccola cassa di legno, di cui sono rimaste solo le cerniere metalliche: come se aprissimo il portagioie della nonna, abbiamo insieme piccoli gioielli preziosi, anelli, pietre dure, perle di vetro e figurine di vario tipo. Sono proprio queste a incuriosire: amuleti fallici, frammenti di spiga e una figura umana, che valore avevano nella vita quotidiana di questa famiglia? Perché conservarli insieme ad anelli e collane?
Un tesoretto di solito è fatto proprio così: tutte le cose che la famiglia giudica preziose sono conservate insieme, in un posto sicuro da cui possano poi essere prese in caso di necessità; gran parte dei tesoretti che vengono ritrovati o erano stati nascosti troppo bene o i proprietari non hanno letteralmente fatto in tempo a portarli via!
Ritrovamenti simili ci raccontano molto di quelli che ne furono proprietari: dei viaggi che hanno fatto, degli dei in cui credevano e di quali preziosi passavano di generazione in generazione.
La presenza di amuleti fallici, spighe e figure umane fa subito pensare a una strega; è complice anche il fatto che nella stessa casa siano stati trovati i corpi di donne e bambini. Ma è davvero così? Difficile: la stregoneria per i romani era una scienza temibile e perversa (Plinio), condannata dalla legge.
In casa era facile trovare amuleti che augurassero buona fortuna e una grande famiglia, come quelli trovati nella casa del Giardino, appunto.
Al contrario la superstizione era molto diffusa: neanche Giulio Cesare ne era immune! Tra le tante cose, nell’antica Roma portava sfortuna: rovesciare vino, olio o acqua; incontrare un mulo carico di ipposelino (una specie di sedano che cresceva vicino ai sepolcri); un cane nero che entrava in casa; un topo che bucava un sacco di farina; una trave che si rompesse senza motivo.
Quelle che, infine, erano molto usate dai Romani (e dagli abitanti di Pompei) contro i loro nemici, erano le defixiones: strisce di piombo su cui veniva incisa una maledizione e poi affidate alle tombe in modo che andassero al dio degli Inferi!
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