Lo utilizziamo tutti i giorni, in situazioni di ogni tipo. E’ utilizzato nella segnaletica stradale, nei nostri computer, nella musica, nei blog e nelle fanfiction, nei fumetti, nei videogiochi (come l’iconico punto esclamativo di Metal Gear), nella letteratura e nei tweet di celebrità e politici. Normalmente lo poniamo alla fine di frasi o dopo parole esprimenti incredulità o sorpresa, gioia o entusiasmo, dolore o minaccia, ma anche volume, azione, comandi, allarmi, sorprese e ironia. Ovviamente parliamo del Punto Esclamativo.
Uno dei simboli di Metal Gear è proprio il punto esclamativo, che compare per indicare al giocatore che si è stati visti da un nemico.Anche se gli ambienti di scrittura moderni tendono ormai a evitare il punto esclamativo, considerato eccessivamente enfatico e ridondante, tanto in letteratura quanto negli articoli di giornale e nella cronaca, questo simbolo fa certamente parte della nostra cultura.
Ma parliamo un po’ di storia
Il punctus admirativus o exclamativus nasce nell’Italia del Quattrocento per opera del retore Iacopo Alpoleio da Urbisaglia. Il periodo rinascimentale, pieno di tanta innovazione rispetto all’epoca precedente, vede una grande fioritura delle arti e della cultura, e questo si rivede anche nell’innovazione retorica e linguistica. Il tutto supportato dai grandi esempi dell’antichità di Roma e di Atene.
Nel corso dei secoli venne introdotto in tutte le lingue europee e dal Settecento, gli spagnoli lo utilizzarono capovolto anche davanti alle parole. Grazie alla loro espansione coloniale, venne esportato nella maggior parte delle lingue del mondo.
Punto esclamativo e letteratura
Nell’Ottocento, con la riscoperta di grandi testi antichi, come ad esempio Beowulf, primo testo della letteratura inglese, molti redattori si chiesero se aggiungere o meno i punti esclamativi. Inevitabilmente con l’utilizzo di questo segno la storia cambia e diversi parti della lettura sono più dinamiche, più coinvolgenti, più emozionanti.
Nel Diciottesimo secolo gli scrittori iniziarono dunque ad utilizzare il punto esclamativo per i toni che dona al testo. Un esempio nella letteratura americana è Herman Melville, il quale fece un largo uso del punto esclamativo nei suoi capolavori; infatti Moby Dick ne ha ben 1683.
Successivamente però il punto esclamativo venne messo in secondo piano in letteratura poiché associato alle prime pagine sensazionalistiche della stampa oppure alle novelle sentimentali scritte dalle donne. Uno degli autori più influenti del primo Novecento, Ernest Hemingway, ne Il vecchio e il mare ne utilizza soltanto uno.
Un suo contemporaneo, Francis Scott Fitzgerald, sembrava disprezzarlo completamente. In un memoire di una delle sue relazioni, Sheila Graham sosteneva che una volta avesse detto:
“Elimina tutti questi punti esclamativi. Un punto esclamativo è come ridere della propria battuta.”
- Francis Scott Fitzgerald
Una lunga storia d’amore: punto esclamativo e pubblicità
Questa attitudine venne condivisa da molti scrittori, ma non dalla pubblicità, che ne faceva un uso smodato per attirare l’attenzione di potenziali compratori. Dagli anni ’30, ai ’40, ai ’50, il numero dei manifesti pubblicitari in cui erano presenti dei punti esclamativi raddoppiò. Inoltre nello stesso periodo iniziarono a nascere alcuni simboli innovativi e che volevano evolvere la punteggiatura, come ad esempio l’interrobang. Il simbolo univa il punto esclamativo e quello interrogativo, e prende nome dall’inglese bang, termine utilizzato spesso nei fumetti.
Non prese però piede per via di una nuova linea di marketing che si stava sviluppando, più sobria e minimale. Ad esempio i famosi manifesti pubblicitari di Doyle Dane per la Volkswagen che pubblicizzavano il Maggiolino all’inizio degli anni ’60 utilizzavano la semplicità del punto. Così diminuì il suo utilizzo nella pubblicità.
I punti esclamativi apparvero dunque nella pop art di Roy Lichtenstein, in famosi titoli musicali e cinematografici, negli slogan elettorali e nella satira.
La comunicazione ai tempi di Internet
Anche se il segno di interpunzione non si è evoluto nel tempo, sono mutate le sue finalità e il suo utilizzo.
E attraverso queste anche il nostro modo di comunicare, sempre più basato sull’immediatezza e la velocità di internet.
Proprio sul Web infatti il punto esclamativo trova la sua età dell’oro. Lo si legge sempre di più nei titoli, pensati sempre di più per attirare l’attenzione e i click, ma anche nei tweet e nei post di personaggi pubblici. Inoltre il senso di enfasi che poteva dare il punto esclamativo oggi ci viene trasmesso, oltre che da espressioni tipiche del gergo di internet, anche da emoticon, emoji, gif e meme. Un vero e proprio nuovo modo di esprimersi che offre tanta libertà ed immediatezza.
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