QLASH, parla Luca Pagano: videogiochi strumento per educazione, salute e lavoro

Parliamo seriamente di videogiochi. Nell’anno della pandemia (fattore solo accelerante di un processo già in atto nel 2019) l’industria videoludica ha raggiunto la vetta di 175 miliardi di dollari di ricavi con più di 2,7 miliardi di fruitori in tutto il globo. Questi sono i dati riportati da Corriere.it in merito all’analisi effettuata da Cross Border Growth Capital nell’aprile di quest’anno. Numeri da capogiro se si pensa che supera di gran lunga i 42 miliardi raggiunti dai box office di tutto il Pianeta nel 2019, momento che ha segnato la vetta più alta di sempre per il mercato cinematografico.

Ma non è solo per i profitti che l’argomento merita di essere trattato. Il settore, infatti, si estende attraverso strati molto diversificati tra loro, comprendendo tipologie di “fruitori” che vivono il videogioco in modi e con scopi diversi. Il “prodotto” viene talvolta definito un frutto di combinazioni artistiche e narrative, dunque, non è solo tra i più efficienti esempi di intrattenimento delle ultime decadi ma viene utilizzato anche come strumento per intrattenere. E se si parla della sua incarnazione forse più spettacolare, ovvero quella sportiva, il risultato non può che essere travolgente.

E’ da un po’, ormai, che si parla di eSports, una parola molto comune tra i gamer e non solo. In Asia, come di facile intuizione, esiste il maggior numero di giocatori che sono circa 1,5 miliardi. Fatto non solo accreditato dalla schiacciante presenza di abitanti quanto piuttosto da come viene percepito il fenomeno. In Corea del Sud, Starcraft stacca di gran lunga il coinvolgimento verso il calcio o altre discipline di carattere nazionale, configurandosi appunto come manifestazione competitiva al vertice nell’intero paese. Non a caso, dato la spettacolarità a cui si presta lo storico titolo di Blizzard.

E mentre nell’est si spinge verso nuove evoluzioni, l’eSport si assesta anche in Europa e in Italia, dove i protagonisti di questa scena sono sempre più numerosi e popolari. Questi sono solo alcuni dei motivi che ci porta a presentarvi una delle più interessanti realtà del settore nella nostra penisola dove i videogiochi, proprio a conferma della loro particolare capacità di inclusione, sono persino un mezzo per crescere insieme.

Un tema molto attuale, infatti, è proprio quello che vede il videogioco come forma di alienazione, se non di dipendenza e talvolta violenza. In casa QLASH, però, le cose non stanno esattamente così.
QLASH è un’organizzazione internazionale nel settore degli eSports, leader nei maggiori titoli videoludici e con la community più grande in Italia, fondata nel 2017 da Luca Pagano

Ci consideriamo un nuovo tipo di media company che si occupa di creare e supportare i giovani appassionati di gaming + eSports a livello globale e locale grazie ai nostri giocatori e con l’organizzazione di eventi.  L’aspetto più importante della realtà Qlash non è solo la competizione ma soprattutto la condivisione di valori e aspirazioni per “vincere” nella vita!

afferma il fondatore.
qlash logo

Fiore all’occhiello di questa organizzazione è la QLASH House, con sede a Treviso, una delle gaming house più estese al mondo. Con i suoi 2.500 mq, è una struttura allestita con le migliori tecnologie: connessione ultra veloce, tecnologia broadcast e studio televisivo per trasmettere le dirette, lavagne digitali, schermi, led e proiettori per registrare le partite e riguardarle attentamente per osservare le tecniche degli avversari e imparare da essi.

La QLASH House offre ai campioni stage rooms, meeting rooms, palestre, zone relax e ospitalità perchè nella filosofia dell’iniziativa è fondamentale offrire le migliori soluzioni sia per le attività dedicate al lavoro sia per quelle destinate alla socializzazione e al tempo libero.

qlash house

L’Italia non è l’unica a disporre di una QLASH House: alla fine del 2019 ne è stata creata una seconda in Spagna che opera in stretta sinergia con la sede italiana.
Le QLASH Houses fungono da media farms per la creazione di contenuti e consentono ai fans di entrare in contatto più facilmente con i players locali.

Insomma, c’è un serio impegno da parte di un progetto del genere nel massimizzare le potenzialità del videogioco che in questa famiglia, è di sicuro considerato uno strumento efficace per settori importanti e formativi quali l’educazione, la salute e il lavoro. E non a caso, dato il coinvolgimento globale del fenomeno che a ritmi elevatissimi, sembra destinato a configurarsi, in futuro, come una normalità del nostro panorama sportivo.

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Dave

Atipico consumatore di cinema commerciale, adora tutto quello che odora di pop-corn appena saltati e provoca ardore emotivo. Ha pianto durante il finale di Endgame e riso per quello di Titanic. Sostiene di non aver bisogno di uno psichiatra, sua madre lo ha fatto controllare.
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