Recensione: LIMBO – Oscura solitudine

LIMBO è un platform horror sviluppato da PlayDead nel 2010, rilasciato per PC, Xbox 360, PlayStation 3 e in seguito anche per PlayStation Vita, iOS, Xbox One, PlayStation 4 e Android.

LIMBO Screenshot

Intenso e kafkiano

Curiosamente, il gioco non ricorre ad alcun intreccio narrativo, ma è il titolo stesso a racchiudere ogni informazione di cui necessitiamo. Siamo nel limbo (appunto), inteso nella chiave dantesca del termine, al comando di un bambino; un bambino a cui il suo tragico destino ci appare chiaro fin da subito, dato il contesto.

Chi siamo? Chi o cosa ha causato la nostra morte? Gli sviluppatori non si sono sprecati nel costruire un background al nostro personaggio, perché non è necessario. Non è questo lo scopo del titolo, non è la trama il fine ultimo di questo prodotto, che comunque è presente ma semplicemente abbozzata per pura necessità. L’intento di PlayDead è di trasmettere un’esperienza, di far provare sensazioni, nient’altro; per far sì che ciò accada, il giocatore deve immergersi in un mondo silenzioso, solitario, crudele, tinto unicamente da una dicromia bianco-nera. Totale assenza di dialoghi, nessuno a tenerci compagnia, neppure i più comuni “muri” di testo a fornirci indicazioni e a prenderci per mano nel nostro pericoloso cammino. Ma come apprenderemo presto, la solitudine diverrà la nostra migliore amica, perché se sulla strada incontreremo qualcuno, forse sarebbe meglio scappare.

LIMBO Screenshot 2

Nero su bianco

Seppur di base le caratteristiche di questa dimensione siano le stesse della Divina Commedia, ci troveremo in un mondo di gioco totalmente rivisitato: il grosso lavoro compiuto nel level design è tangibile, le ambientazioni, fortemente in contrasto con quello che ci si aspetterebbe da un regno dell’aldilà, ci mostrano i segni di una passata civiltà terreste in seguito decaduta; a causa di ciò, provare un costante senso di alienazione durante gli eventi di gioco non sarà assolutamente fuori dalla norma.

Quale modo migliore di infondere emozioni al giocatore, se non quello di far leva sulla paura? Illuminazione, grana della pellicola, suoni ambientali ovattati e la colonna sonora dark ambient risaltano le immagini macabre a schermo, il cui scopo è quello di riprendere le più comuni fobie dell’uomo per eccederle smisuratamente e nauseare lo spettatore, indotto ad eseguire azioni impietose ed in screzio se a compierle dopotutto è un infante, simbolo universale di purezza e innocenza.

LIMBO ragno

Semplice, ma non banale

Come è constatabile, il concept è minimale ma d’impatto. Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo il gameplay, saldamente purista nel suo animo da platform, condito da pochi input (frecce direzionali per muoversi e saltare, CTRL per interagire) e accompagnato dal motore fisico BOX2D, che fa il suo dovere senza sbavature durante il proseguimento dell’avventura. Una nota di merito va indubbiamente alle animazioni, ben realizzate e rette da un’ottima automatizzazione del personaggio con l’ambiente circostante.

Il ritmo del titolo è serrato, scandito da un quantitativo non indifferente di enigmi da risolvere, tanti da coronare il titolo come “trial and error”; frustazione e rabbia saranno dunque onnipresenti, ma fortunatamente l’utilizzo intelligente dei checkpoint correrà in nostro aiuto. Le pause per prendere fiato tra una fuga e un enigma sono davvero brevi, scelta comprensibile e apprezzata una volta consci di quanto sia fugace l’intera storia.

LIMBO Screenshot 3

Commento finale

Al termine quindi, ci ritroveremo inevitabilmente con una mescolanza di sentimenti confusi, nell’ingenuo e istintivo tentativo di riepilogare mentalmente ciò che è accaduto nelle poche ore di questo viaggio onirico, fuori dagli schemi ma godibile. Forse, nella speranza di appianare la coltre di nubi che LIMBO lascia arrogantemente dietro di sé. Un’ottima parentesi da provare, per chi ha voglia di spezzare con originalità tra un colossal e l’altro.

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