Dal giorno della nascita dei videogiochi a pochi anni fa, gli sviluppatori hanno sempre considerato i giovani di sesso maschile come il loro principale target di massa.
Questo perché, nonostante le gamer donne siano sempre esistite, la loro percentuale in passato era decisamente inferiore alla controparte maschile.
Negli ultimi anni invece, le cose sono molto cambiate, e le statistiche di siti come ESA (Entertainment Software Association) asseriscono che la percentuale di giocatrici donne è salita quasi al 50%: la metà esatta.
Tale incremento fa però da contraltare a quello inerente al sessismo nel mondo videoludico. Spesso infatti sentiamo parlare di come certi titoli siano “da donne” e “da uomini” e come le giocatrici siano derise, sminuite o addirittura molestate e minacciate.
Gli stereotipi dei gamer
Lo stesso termine “gamer”, pur essendo teoricamente neutro, indica generalmente un giocatore di sesso maschile.
La controparte femminile viene da molti indicata come gamer-girl, termine piuttosto dispregiativo, che indica una visione stereotipata della donna sexy in posa, con un controller che non sa neanche usare. Immagine sfruttata anche da molte “influencer” che, considerandola come un’ottima operazione di marketing, hanno però contribuito a legittimarla.
La terminologia è stata infatti ampiamente adoperata proprio dalle ragazze, spesso con l’intenzione di sfruttare un presunto vantaggio sessuale per fare “visualizzazioni facili” su piattaforme come Twitch.
In effetti, da entrambe le parti, anche se estremamente sgradevoli, atteggiamenti simili non ci stupiscono affatto.
Per quanto riguarda l’identificazione di giochi “non adatti a donne” lo stereotipo nasce dal fatto che nonostante la metà dei giocatori siano di sesso femminile, ci sono categorie videoludiche in cui la percentuale scende di parecchio.
Negli Fps ad esempio, troviamo solo un 7% di pubblico femminile, che viene spesso anche preso di mira da altri giocatori-uomini. Sparatutto, Picchiaduro, Sport e tutti quei generi che puntano molto sulla componente online, sono proprio quelli in cui (a fine partita) l’antagonismo tra giocatori abbonda.
La competitività in giochi del genere è molto elevata e come sempre in questi casi, gli insulti si sprecano. Insulti, non solo di natura sessista, ma anche razzista, omofoba… Pletore di mamme, nonne e sorelle inconsapevoli sono state immolate nel nome della sfida. Talvolta si arriva anche ad augurare la morte.
A questo punto, se per caso un troglodita viene sconfitto online e scopre che l’avversario è addirittura una “FEMMINA!!1!1” lo scambio di insulti sessisti è garantito.
Sessismo nel gaming e non
Torna in cucina, fammi un panino, vai a stirare che è meglio… Questi sono solo alcuni dei classici insulti sessisti che si possono trovare in una chat di videogiochi, e sono forse anche i più eleganti. In molti casi si arriva infatti anche ad insulti molto più pesanti, legati generalmente alla sfera sessuale.
Difficile capire dove finisca la battuta e inizi il comportamento scorretto. Comportamenti simili non intaccano la sensibilità di chiunque, ma certamente indicano concezioni stereotipate ancora presenti nella nostra cultura.
Insulti simili non sono però connotati per un contesto videoludico, sono semplicemente dei metodi semplici e immediati per prendere in giro una donna in qualsiasi situazione.
Il maschilismo dei gamer rispecchia quello del mondo reale: contesti che per decenni sono stati dominati da uomini, cambiano a causa di una nuova presenza femminile, e alcuni conservatori non riescono ad accettarlo.
Per risolvere la questione non basta certo rispondere alla volgarità con la stessa moneta. Il sessismo in molti casi non indica cattiveria quanto ignoranza, e come per ogni tipo di ignoranza, la migliore medicina è sempre l’educazione.
La promozione di un’immagine positiva delle gamer che vada oltre la posa sexy, potrebbe far ricordare a molti che per vincere ai videogiochi non serve avere un determinato aspetto fisico, quanto abilità, intelligenza e passione.
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