Shada, l’avventura perduta di Doctor Who

Ormai tutti sul globo terracqueo conoscono Doctor Who. In Italia un po’ meno persone sono a conoscenza però che prima della serie attuale c’è stata una serie “classica” andata in onda dal 1963 al 1989 con le avventura di ben 7 Dottori. Fra questi il più iconico è “lo sciarpone”, il Quarto Dottore interpretato per 7 anni (record) da Tom Baker (che non è quello di Holly & Benji). Alcuni suoi episodi sono stati anche trasmessi in Italia dalla RAI a metà degli anni ’80, ma la cosa non ha avuto seguito.
Il Quarto Dottore e il suo caratteristico sciarpone

Tutta questa intro per arrivare a dire cosa? Che per la serie classica di Doctor Who, in special modo per le stagioni in cui il protagonista è il Quarto Dottore, ha scritto qualcosa anche Douglas Adams, l’autore che poi avrebbe spaccato il mondo dei nerd col ciclo della Guida Galattica per Autostoppisti. Sue sono le storie The Pirate Planet e City of Death, ma soprattutto Shada. Ecco, su quest’ultima avventura, che doveva essere quella conclusiva della diciassettesima stagione classica, sono nate leggende. Questo perché questa serie di episodi non è mai stata realizzata: erano state girate alcune scene ma uno sciopero degli operatori della BBC stoppò tutto sul più bello. Risultato: Shada è un’avventura “perduta”, che ha danzato in un limbo spaziotemporale per oltre trent’anni.

Non che la BBC non c’abbia provato: nel 2003 Shada uscì come audiodramma con protagonista l’Ottavo Dottore, l’anno successivo una versione in animazione flash. Alla fine uscì nel 2012 (2013 in Italia per Mondadori) quella che, con Douglas Adams ricongiunto alla Forza, credo sia la forma più adeguata: il romanzo, sempre pubblicato dalla BBC, scritto da Gareth Roberts, sceneggiatore di alcuni episodi della nuova serie (quelli con Shakespeare e Agatha Christie, ad esempio).

Roberts ha ripreso in mano varie versioni della sceneggiatura di Adams e lavorando su quelle più recenti ha uniformato il tutto per avere una storia coerente e lineare con l’aggiunta di qualche chicca e citazione. Insomma, un’opera divertente che adesso andiamo ad analizzare brevemente.

Skagra è un cervellone che non mostra alcuna emozione, freddo e impassibile, a cui il disordine dell’universo da molto fastidio – una specie di Sheldon Cooper cattivo, insomma. Per sistemare questo piccolo problema di entropia ha bisogno di un libro particolare, un libro scritto dai Signori del Tempo molti millenni addietro. Questo libro però non è su Gallifrey ma sulla Terra. Infatti, nel campus di Cambridge c’è un vecchio amico del Dottore, il professor Chronotis, che da bravo ex archivista in pensione ha deciso di portare con sé nel suo “ritiro” sulla Terra un particolare libro: L’Antico e venerabile codice di Gallifrey, un libro che porta con sé il temibile segreto di Shada, qualunque cosa esso sia.

L’Antico e Venerabile Codice di Gallifrey è scritto così

Il Dottore si reca in visita a Cambrige accompagnato da Romana e da K-9, ma il libro è finito per sbaglio, in mezzo a una pila di testi che il professore ha dato in prestito, nelle mani di un giovane ricercatore, Chris Parsons. Ma a Cambrige è appena arrivato anche Skagra… Inizia così una corsa alla ricerca del manoscritto, che cambierà spesso proprietario con risvolti a volte esilaranti.

L’avventura ha i connotati classici di quelle scritte da Adams: apparecchi dal funzionamento strano e non convenzionale, personaggi al limite della macchietta ma che poi si evolvono inaspettatamente e momenti di divertimento leggero. In questo c’è da fare un grande plauso a Roberts – che, ricordiamolo, è l’Autore Empirico (direbbe Eco) dell’opera – che è riuscito a riscostruire stile e meccanismi del compianto Adams. Inoltre, si possono vedere alcuni elementi che, vista la mancata trasmissione in TV di Shada, Douglas Adams deciderà di riportare in altre opere: la nave di Skagra ha una personalità assai simile a quella della Cuore D’Oro della Guida Galattica; il professor Chronotis apparirà in Dirk Gently – Agenzia di Investigazione Olistica; Shada (che non vi sveliamo cosa sia…) richiama in parte la sorte dei Krikkit in La vita, l’universo e tutto quanto (la cui storia era nata, per altro, come soggetto per Doctor Who, non è difficile notarlo).

Il lettore affezionato di Adams sarà quindi molto preso dalla lettura, così come il fan di Doctor Who che rivedrà il suo eroe preferito in una grande avventura piena di richiami conosciuti: ad esempio, la prima apparizione del TARDIS, introdotta lentamente ma che poi diventa in alcuni punti anche carica di tecnicismi è una di quelle cose che ti rapisce il cuore. Il libro comunque può essere goduto anche dal neofita appassionato di fantascienza grazie all’umorismo leggero che scorre nelle pagine.

In definitiva: Shada, l’avventura perduta di Doctor Who, è un must fra gli affezionati di ambo le parti, quella di Adams e quella della serie britannica. Per i fan è un libro assolutamente da avere. Coloro poi che conoscono anche la serie classica di Doctor Who apprezzeranno un altro fattore: l’avventura è divisa in più parti, sei per la precisione, proprio come erano strutturate le narrazioni della prima “edizione” della serie BBC. Infatti, ogni parte del libro corrisponderebbe a un episodio del serial pensato da Adams. E se volete fare proprio i nerdazzi malati, potete vedere alcune delle scene girate per la serie tv: infatti, quando arrivò lo speciale dei 20 anni e si pensò di celebrarlo con un episodio con più Dottori, Tom Baker declinò l’invito, avendo appeso da poco lo sciarpone al chiodo. Quindi, per coprire l’assenza del Quarto Dottore dalla storia, furono riutilizzate alcune scene girate e mai utilizzate proprio per Shada. Andate perciò a vedervi The Five Doctors, episodio tra l’altro assai importante nella mitologia di Doctor Who.

Il professor Chronotis, il Dottore e Romana nello studio del professore a Cambridge.

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Mario Iaquinta

Nato da sua madre “dritto pe’ dritto” circa un quarto di secolo fa, passa i suoi anni a maledire il comunissimo nome che ha ricevuto in dote. Tuttavia, ringrazia il cielo di non avere Rossi come cognome, altrimenti la sua firma apparirebbe in ogni pubblicità dell’8×1000. Dopo questa epifania impara a leggere e scrivere e con queste attività riempie i suoi giorni, legge cose serie ma scrive fesserie: le sue storie e i suoi articoli sono la migliore dimostrazione di ciò. In tutto questo trova anche il tempo di parlare al microfono di una web-radio per potersi spacciare per persona intelligente senza però far vedere la sua faccia. Il soprannome “Gomez” è il regalo di un amico, nomignolo nato il giorno in cui decise di farsi crescere dei ridicoli baffetti. Ridicoli, certo, ma anche tremendamente sexy, if you know what I mean…
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